venerdì 23 novembre 2012

Marvel Heroic Roleplaying


Vi giuro che non lo faccio apposta! Dopo due post sugli eventi dell’universo Marvel (con un terzo in arrivo), dovevo proprio venirvi a parlare del Marvel Heroic Roleplaying, il nuovo gioco di ruolo dei supereroi della Casa delle Idee? Fatto sta che si tratta dell’ultimo gioco che mi è capitato di leggere (ma non ancora di giocare), quindi è il caso di farne una recensione al volo, prima che mi scordi tutto quello che letto.


Fare un gioco di ruolo sui supereroi è una cosa dannatamente complicata: devi inserire decine di poteri (e tutte le loro interazioni) in un sistema di gioco coerente, quindi ideare regole e strumenti narrativi idonei a rispettare i canoni del genere supereroistico. La DC Comics, ad esempio, per il proprio gioco, si è affidata ad un sistema già esistente, quello di Mutants & Masterminds, che concretamente è un d20 system pesantemente modificato. Il risultato è un gioco di impianto abbastanza tradizionale, che mostra qualche pecca proprio nel fatto di essere un sistema già esistente, piegato alle esigenze dei supereroi della DC. La Marvel si è affidata invece ad un sistema abbastanza innovativo, molto adatto a simulare le storie che si vedono nei comics, ma con qualche difetto sul lato regolistico più tradizionale. Che significa? Significa che i super poteri sono trattati in maniera molto generica, affidandosi più alla narrazione che non alle regole. E significa anche che creare personaggi ex novo è un po’ complicato, ed è molto, ma molto più facile affidarsi alle schede dei super eroi Marvel che trovate nel manuale base e nelle espansioni.

Vediamo un po’ come funziona il gioco. La scheda del vostro eroe è una lunga descrizione di tratti, e ogni tratto è associato ad un tipo di dado (si va dal d4, il minimo, al d12, il massimo). Quando volete tentare un’azione, per prima cosa dovete controllare quali dei vostri tratti sono coinvolti, quindi raccogliere e tirare i corrispondenti dadi. La differenza rispetto ad altri giochi di ruolo è che molti tratti hanno una forte valenza narrativa: spetta al giocatore e alla sua bravura riuscire a coinvolgere tali tratti nell’azione in questione, allo scopo di poter lanciare più dadi possibili. Ma facciamo un esempio. L’eroe in questione è Wolverine ed è impegnato insieme agli X-Men in uno scontro con gli sgherri del Club Infernale. La prima cosa da controllare è l’Affiliazione: a seconda che Wolverine combatta da solo, in coppia con un eroe o insieme ad un gruppo, si userà un dado differente. Se Wolverine combattesse da solo avrebbe diritto ad usare il d10, il massimo possibile in questo caso, poiché è noto che si tratta di un eroe che preferisce agire da solo. Wolverine però sta lottando in team con gli X-Men, quindi potrà usare il d8 (non il massimo, ma sempre meglio del d6 che gli sarebbe toccato se avesse avuto un solo compagno in questo scontro, per esempio quel chiacchierone di Deadpool).

Dopo l’Affiliazione tocca alle Distinzioni, forse il tratto più narrativo che esista: si tratta di alcune frasi che descrivono l’essenza del vostro eroe. Se questo compie un’azione che può essere collegata anche ad una sola di queste Distinzioni, avrà diritto a tirare un dado extra. Wolverine ha le seguenti Distinzioni: “Sono il migliore in quello che faccio”, “Samurai senza padrone” e “Passato misterioso”: si tratta di tre frasi estremamente azzeccate che descrivono lo spirito del personaggio. Torniamo al nostro esempio: poiché Wolverine sta combattendo, il giocatore che lo controlla avrà vita facile nel convincere il master che la Distinzione “Sono il migliore in quello che faccio” calza a pennello, aggiungendo così 1d8 alla sua riserva di dadi. Siamo così giunti ai poteri.

Ogni personaggio può avere uno o due set di poteri. Ogni set, a sua volta, può avere all’interno diversi poteri, tutti ovviamente collegati ad un tema comune o all’origine degli stessi. Ad esempio, il controllo del magnetismo è un set di poteri. Questo, a sua volta, può comprendere diversi poteri, come il volo, lo scudo di energia, la telecinesi sugli oggetti ferrosi, le raffiche di forza magnetica e così via (i poteri di Magneto in pratica). Wolverine ha due set di poteri: il primo riguarda i suoi poteri mutanti “naturali”, quali i suoi sensi acuti, la sua rigenerazione e la sua forza; il secondo comprende invece i suoi poteri “acquisiti”, come gli artigli e lo scheletro di adamantio. Nel nostro esempio, Wolverine sta combattendo: può quindi reclamare 1d10 per i suoi artigli e 1d8 per la sua forza superiore al normale. Se i due poteri fossero stati parte dello stesso set, il giocatore ne avrebbe potuto utilizzare uno soltanto (salvo utilizzare i Plot Point, ma di questo parleremo dopo); poiché fanno parte di due set diversi, Wolverine può utilizzarli entrambi.

Per ultima cosa vengono le Specialità: esse rappresentano le competenze del personaggio in vari campi generici di abilità, come il combattimento o le conoscenze scientifiche. Le Specialità sono possedute soltanto in due livelli: esperto (d8) e maestro (d10). Wolverine è un maestro del combattimento, dell’infiltrazione e dell’intimidazione, mentre è solo un esperto nella conoscenza del crimine e nell’uso dei veicoli; poiché Wolverine sta combattendo, può reclamare a pieno titolo 1d10 per la sua maestria nella lotta. Con le Specialità terminano i tratti innati del personaggio, ma è possibile raggranellare ulteriori dadi in altri modi. Un personaggio ferito, ad esempio, subisce determinati livelli di stress (fisico, psichico o mentale) misurato proprio dai dadi. Se Wolverine attaccasse un avversario con un grado di stress pari a 1d8, il nostro eroe avrebbe diritto a tirare 1d8 in più. Simile allo stress (nel senso che si misura con i dadi) sono le complicazioni. Si tratta di situazioni narrative sfavorevoli ad un soggetto, che fanno guadagnare dadi al suo avversario. Ad esempio, Colosso potrebbe colpire il suo nemico con una sbarra di ferro, ma potrebbe anche decidere di piegarla intorno al suo corpo a mo di gabbia, con lo scopo di rallentarlo e bloccarlo. Se Wolverine attaccasse lo sgherro intrappolato da Colosso, beneficerebbe di un dado bonus pari al livello della complicazione, esattamente come per lo stress. Esistono diversi modi di racimolare dadi extra, ma ciò a cui occorre prestare attenzione è se tali modi sono cumulabili: nel nostro esempio, stress e complicazioni non lo sono, poiché rappresentano in un certo senso la stessa cosa.

Torniamo al nostro amato Wolverine, in procinto di portare questo benedetto attacco. Abbiamo messo insieme una riserva di dadi di tutto rispetto: 1d8 per l’Affiliazione, 1d8 per la Distinzione, 1d10 e 1d8 per i poteri, 1d10 per la Specialità, in totale 3d8 e 2d10, assolutamente niente male! Il giocatore lancia i dadi, sceglie due risultati (solitamente i più alti), li somma e ottiene la forza del suo attacco. Lo stesso deve fare il master per il suo avversario, lo sgherro del Club Infernale, quindi vanno comparati i punteggi. Chi ottiene il valore più alto vince lo scontro, e deve decidere quale effetto infliggere all’altro. Wolverine potrebbe voler semplicemente eliminare l’avversario (e quindi infliggere stress), oppure infliggergli una complicazione, di modo che i suoi compagni X-Men possano in seguito avvantaggiarsene. Quale che sia la scelta, il vincitore del confronto deve selezionare un dado fra quelli non utilizzati; in questo caso il punteggio è irrilevante, quello che conta è il tipo di dado, che varia tra 1d12 (il massimo) o 1d4 (il peggiore). Il dado scelto indica la forza dell’effetto: se lo sgherro del Club Infernale subisse 1d10 di stress, ad esempio, chiunque combatta con lui beneficerà di un dado bonus equivalente. Quando il livello dell’effetto subito oltrepassa il d12, il personaggio finisce knock out.

Ho accennato prima ai Plot Point: questa riserva di punti può essere usata in molte maniere, ma in genere serve a potenziare le azioni del personaggo. Tramite la loro spesa è possibile ottenere più dadi da lanciare, utilizzare più poteri all’interno dello stesso set di poteri, attivare risorse o effetti speciali, ma la cosa più importante è che, al di là delle meccaniche di gioco, essi servono ad implementare un uso narrativo e divertente dei poteri. Questo perché i giocatori guadagnano tali punti se accettano di porsi in una situazione di svantaggio, ad esempio attivando i limiti dei loro poteri: se ad Iron Man si spengono i razzi che gli permettono di volare, passera sicuramente un brutto quarto d’ora, ma il suo giocatore otterrà 1 Plot Point. Anche per il master è prevista una meccanica simile, ovvero i Doom Die (i dadi destino): spendendoli, esso può potenziare i propri villain o usarli per complicare la vita agli eroi. I dadi del master, però, hanno anche un’altra funzione: la riserva di dadi che si viene ad accumulare nelle sue mani (nota anche come Doom Pool) funge da opposizione attiva ogni qual volta gli eroi tentano un’azione che non è diretta specificamente contro un altro personaggio. La particolarità del Doom Pool è che tende a crescere lentamente, fino ad avere una pericolosa consistenza verso la fine della partita; in tal modo, le azioni degli eroi incontrano una sempre maggiore difficoltà, mantenendosi così una costante tensione narrativa, che verrà risolta nel climax della storia.

Mi sono dilungato parecchio sulle meccaniche (toccandole oltretutto solo superficialmente), ma se siete riusciti a leggere fino questo punto, avrete capito che questo Marvel Heroic Roleplaying non è un gioco di ruolo come gli altri. Sebbene le regole siano, a ben vedere, abbastanza semplici, esse sono però parecchio inusuali, in particolar modo le meccaniche narrative volte a replicare situazioni ed espedienti tipici dei comics. Si tratta di un gioco che offre al giocatore un maggior controllo sulla storia rispetto ad altri titoli, ma che, proprio per questo, richiede dal giocatore una maggior consapevolezza delle regole. Non avendolo ancora provato, non posso dirvi se il gioco funziona o meno; posso però dirvi che mi è venuta una gran voglia di giocarci …

lunedì 12 novembre 2012

I Grandi Eventi dell'Universo Marvel (parte 2)



Se ripenso oggi a Civil War, la prima cosa che mi viene in mente è la voglia matta che avevo di leggerla. Non mi andava di aspettare l’edizione italiana, sarebbe arrivata con troppi mesi di ritardo, con il rischio, poi, che nel frattempo qualche spoiler a tradimento sui forum di fumetti mi svelasse la fine. Armato di un dizionario di inglese e molta pazienza, mi misi a leggere le scansioni che avevo scaricato da internet. L’impatto fu fortissimo: disegni fenomenali, eroi in costume che se le davano di santa ragione, frasi tamarre pronunciate da quasi tutti i protagonisti della saga, ma anche la consapevolezza che oltre le mazzate e i combattimenti, la storia parlava di qualcosa di serio: libertà e diritti civili. Mark Millar, scrittore materiale della saga, non era nuovo a trovate del genere, basti pensare alle due stupende serie di Ultimates; anche in Civil War, pur con tutti i limiti del caso, si può percepire la presenza di un discorso sulle libertà civili negli Stati Uniti post 11 settembre. Una storia come quella di Civil War non può lasciare indifferenti ed ha un impatto dirompente, soprattutto per il fatto che obbliga tutti a schierarsi: i supereroi e gli stessi fan sono chiamati a scegliere con quale fazione schierarsi.

La storia comincia con una tragedia: il gruppo dei New Warriors, durante un reality show, sta dando la caccia ad alcuni supercriminali quando uno di loro, Nitro, per sfuggire alla cattura, si fa esplodere nelle vicinanze di una scuola elementare: centinaia di morti, fra cui molti bambini (e gli stessi New Warriors), e tutto in diretta televisiva! Immediatamente negli Stati Uniti monta lo sdegno e la rabbia: i supereroi che fino ad un attimo prima erano idolatrati dalle folle vengono trascinati nel fango, additati come modelli negativi per i giovani. La situazione è così grave che il governo, per venire incontro alla protesta dei cittadini, è pronto a varare la legge di registrazione dei superumani. Il concetto alla base della legge è semplice: così come un cittadino deve fare un test e registrarsi per possedere delle armi, allo stesso modo i supereroi devono essere in qualche maniera sanzionati dal governo e della autorità affinché possano svolgere i loro compiti. Rapidamente la comunità superumana si radicalizza su due posizioni: i favorevoli alla registrazione, capeggiati da Iron Man, e quelli contrari, guidati da Capitan America. Maria Hill, comandante dello Shield, chiede a Cap di guidare una squadra con il compito di dare la caccia a coloro che rifiutano la registrazione. Il Capitano rifiuta, decidendo di ribellarsi e di andare contro la legge, che viene approvata pochi giorni dopo. La squadra di Iron Man mette a segno un grande colpo di immagine quando Spiderman decide di smascherarsi in diretta televisiva, aderendo alla fazione pro-registrazione. Sempre Iron Man tende una mano a Cap e i suoi, invitandoli a discutere della situazione. Cap finge di accettare, e con un chip elettronico riesce a disabilitare l’armatura di Tony Stark. Nasce un violento scontro, che vede l’apparizione di un falso Thor (un clone creato da Tony Stark) nonché la sconfitta di Cap e i suoi, che riescono a malapena a fuggire. Il tempo delle parole è finito, ora inizia la guerra! Iron Man e i suoi iniziano la costruzione di un carcere super segreto dentro la Zona Negativa, allo scopo di confinarvi gli eroi ribelli, arruolando nelle loro file persino supercriminali, tenuti a freno da minuscoli nanobot. Dal canto suo, Capitan America recluta il Punitore, che penetra nel Baxter Building e riesce a trafugare preziose informazioni sul carcere della Zona Negativa. Le vecchie abitudini sono però dure a morire, e Frank Castle uccide a sangue freddo due supercriminali che si erano arruolati nei Vendicatori Segreti di Capitan America che, furioso per l’accaduto, pesta a sangue il Punitore, buttandolo fuori dal gruppo. Nel frattempo Peter Parker, alias Spiderman, sempre più dubbioso per la china che hanno preso gli eventi, abbandona la fazione di Iron Man per passare ai ribelli. Tra colpi di scena, tradimenti e tentativi di reclutare nuovi alleati, si arriva infine al confronto decisivo: Cap si infiltra nel carcere segreto della Zona Negativa, riuscendo a liberare i supereroi prigionieri, ma Iron Man lo aspetta al varco, grazie ad una soffiata di Tigra. Lo scontro è subito violentissimo, e grazie ai poteri di teletrasporto di Cloak, viene spostato sul nostro mondo, a New York. Alla battaglia si uniscono presto i Thunderbolts (dalla parte di Iron Man) e gli Atlantidei guidati da Namor (schierati con Iron Man), mentre i leader dei due schieramenti si affrontano per la seconda volta. Questa volta è Capitan America ad avere la meglio, grazie all’aiuto di Visione che sabota e danneggia l’armatura di Iron Man. Al culmine dello scontro Cap viene aggredito da un gruppo di cittadini, rendendosi così conto degli enormi danni che la battaglia sta arrecando a New York e alla popolazione civile. Steve Rogers getta via la maschera, dando ordine ai suoi di cessare le ostilità, permettendo alle forze dell’ordine di arrestarlo.

L’arresto di Cap conclude la storia, ma le conseguenze di questo scontro nella comunità meta umana saranno profonde e durature, al punto da determinare quasi tutti gli eventi successivi. Di questi mi occuperò in seguito. Vale invece la pena soffermarsi sui punti più controversi di questa saga. Fomento a parte, la sensazione più forte che mi ha accompagnato durante la lettura è stata quella di un forte straniamento. Insomma, c’erano questi tizi, in particolare Iron Man e Capitan America (ma anche Reed Richards) che li riconoscevi dal costume e dai poteri, però non sembravano davvero loro. La necessità di creare schieramenti dalle identità marcate e riconoscibili ha di fatto portato ad utilizzare questi personaggi in maniera innaturale, senza rispettare la loro vera natura. Tony Stark è stato trasformato in uno spietato manipolatore, capace di conservare per anni un capello con il dna di Thor allo scopo di clonare e creare un mostro senz’anima, di arruolare super criminali da mandare a combattere contro i suoi vecchi compagni d’arme e di creare un carcere in un’altra dimensione per imprigionarli. Capitan America non ha esitato ad attaccare Iron Man a tradimento nel loro primo scontro, mentre questi cercava ancora di risolvere la questione senza usare la violenza, ha arruolato un assassino come il Punitore fra le sue fila, insieme ad altri super criminali, e non si è fatto scrupoli nel trasferire la battaglia finale da una zona chiusa come il carcere della Zona Negativa alle popolose strade di Manhattan. Ma anche altri personaggi non hanno brillato per coerenza: Reed Richards, capo dei Fantastici Quattro, è stato dipinto come uno scienziato preso unicamente dalle sue ricerche, senza alcun accenno al suo lato umano; e che dire di Peter Parker, inizialmente schierato dalla parte di Iron Man, per poi tradirlo ed arruolarsi con Capitan America? Già la scelta di schierarlo con la fazione di Iron Man è contro tutto ciò che sappiamo di Spiderman, il suo smascheramento è stata una mossa di grande impatto emotivo (lo ammetto), ma anche quella del tutto fuori personaggio, per finire poi con il tradimento … non c’è che dire, Peter Parker ha fatto davvero una bella figura in questa Guerra Civile.

D’altro canto, come ho già detto, devo ammettere che era tanto che un evento Marvel non mi fomentava così tanto. Nonostante molti personaggi fossero fuori ruolo, seguire le vicende e gli scontri dei due schieramenti è stato appassionante, e Steve McNiven ci ha regalato delle tavole disegnate di rara bellezza. Un Iron Man così manipolatore, eguagliato da un Cap altrettanto bastardo che sembrava uscire dritto dritto dai fumetti Ultimate, del tutto fuori ruolo, siamo d’accordo, ma assolutamente di impatto, le loro battute mi gasavano ad ogni tavola! Ci risentiamo con la prossima parte …