giovedì 31 gennaio 2013

I Grandi Eventi dell'Universo Marvel (3° e ultima parte)




E’ ora di mantenere la promessa che vi feci un po’ di tempo fa e di concludere la panoramica sui recenti grandi avvenimenti dell’universo Marvel. Le puntate precedenti le trovate qua e qua. Dopo la Guerra Civile dei super-eroi, è il momento di World War Hulk! Le basi per questa storia vengono poste nel 2006, quando gli Illuminati (un gruppo segreto di super-eroi composto da Iron Man, il Professor X, Namor, il Dottor Strange, Freccia Nera e Mister Fantastic), decidono di esiliare Hulk su un pianeta alieno, ritenendolo un pericolo per il mondo intero. Con un trucco riescono a far salire Bruce Banner/Hulk su un satellite, quindi lo allontanano dalla terra. L’astronave dove si trova il Golia Verde attraversa un tunnel spaziale e finisce sul selvaggio e pericoloso pianeta di Sakaar, invece di un tranquillo pianeta disabitato come era nelle intenzioni dagli Illuminati. Le imprese di Hulk su questo pianeta formano la saga nota come Planet Hulk, la cui disamina, al momento, va oltre i nostri interessi. Quello che ci interessa sapere è che, alla fine della storia, Hulk diventa il sovrano di questo pianeta e prende in moglie la bella Caiera (luogotenente del precedente imperatore), mettendola per giunta anche incinta. Mentre il Golia Verde attende tutto felice di diventare papà, accade una tragedia: l’astronave con la quale è arrivato sul pianeta esplode in una vampata di fiamme nucleari, devastando il pianeta, ma soprattutto uccidendo la sua bella moglie. Inutile dire quanto ciò faccia incazzare il nostro Hulk, che già di suo è un tipo assai facile all’ira. Insieme ad alcuni compagni, i Warbound, Hulk decide di tornare sulla terra per vendicarsi degli eroi che lo hanno esiliato, ed è a questo punto che comincia la vera storia di World War Hulk. Il primo ad essere pestato a sangue dal Golia Verde è Freccia Nera: il potentissimo re degli Inumani, i cui poteri sonici possono distruggere con facilità montagne e palazzi, resiste pochi minuti alla furia di Hulk. Viene quindi il turno di Iron Man, che tenta di affrontare Hulk con una impressionante corazza super potenziata: lo scontro è furioso, e il Golia Verde subisce la violenza dei colpi di Iron Man, ma alla fine neppure la tecnologia di Tony Stark può fare niente contro la rabbia e i pugni di Hulk. Cade facilmente anche il capo dei Fantastici Quattro, Mister Fantastic, arrivando quindi il turno del Dottor Strange, maestro delle arti mistiche e supremo stregone della Terra. La magia che scatena contro Hulk è impressionante, il gigante Verde quasi soccombe, ma il Dottor Strange ha un attimo di esitazione quando la sua magia sta per mietere vittime innocenti, rallentando il proprio attacco e dando ad Hulk la possibilità di contrattaccare e vincere lo scontro. La vittoria di Hulk sembra completa: 4 Illuminati sono stati sconfitti in battaglia, Namor è fuori dalla lista nera, essendosi all’epoca dissociato dal piano che prevedeva l’esilio di Hulk, mentre il Professor X è stato punito in maniera indiretta, ovvero pestando a sangue i suoi X-Men (in storie esterne alla saga attuale). La sete di vendetta di Hulk, però, non è ancora soddisfatta, e il gigante Verde obbliga i nemici sconfitti a lottare fra di loro in un’arena improvvisata: la tragedia è imminente, quando arriva Sentry a sfidare Hulk. Sentry è una sorta di Superman dell’universo Marvel, la cui potenza viene descritta come “il potere di mille soli che esplodono”. E’ legittimo che i fan della Marvel non vedano l’ora di un confronto fra questa potenza e quella del gigante Verde, e non vengono delusi: la battaglia è devastante, il potere messo in campo dai due contendenti è tremendo. Hulk riesce a vincere di un soffio, consumando però totalmente le sue energie, e ritrasformandosi in Bruce Banner. Tutto sembra finito, quando una sconvolgente rivelazione fa di nuovo esplodere la rabbia del Golia Verde: fu Miek, uno dei compagni di Hulk, a sabotare la nave spaziale che devastò il pianeta di Sakaar ed uccise sua moglie! Hulk attacca Miek, massacrandolo, ma la sua rabbia è ormai troppo grande e l’energia dentro di lui potrebbe frantumare il pianeta Terra. Hulk permette quindi a Tony Stark di utilizzare le sue armi satellitari contro di lui, l’attacco lascia sul terreno un Bruce Banner inerme e svenuto. World War Hulk è stata una serie decisamente piacevole da leggere: oltre ad esser stata disegnata da un grandissimo John Romita Jr., essa mette in scena degli scontri di portata epica che un vero Marvel fan non può non apprezzare. Quelle domande che ogni buon nerd si è sempre posto, tipo “è più forte Hulk o la Cosa?” hanno finalmente trovato risposta, ed in maniera grandiosa! Chiaramente non è una serie che verrà ricordata per i suoi contenuti o per eventuali spunti di riflessione (come Civil War), ma è comunque degna di trovare posto fra le grandi saghe Marvel.


Terminato lo scontro fra Hulk e gli Illuminati, una nuova guerra si affaccia all’orizzonte, quella fra i mutaforma Skrull e la Terra stessa! Le radici di questo evento affondano nei lontani anni ’70, la famosa guerra Kree – Skrull scritta dal leggendario Roy Thomas. Al termine dello scontro, con una storia di Bendis in odore di retcon, il gruppo degli Illuminati si recò sul pianeta natale degli Skrull allo scopo di minacciare e dissuadere quella razza da future invasioni della Terra. Gli Skrull non la presero molto bene: catturarono tutti gli eroi e li sottoposero a tortura allo scopo di studiarne i poteri; il gruppo degli Illuminati riuscì poi a fuggire e a tornare sulla Terra. Forti della conoscenza ottenuta durante la prigionia degli eroi e dei loro poteri di mutaforma, gli Skrull iniziarono un lenta infiltrazione fra gli uomini, conquistando posti chiave per la futura di invasione. L’attacco aperto degli Skrull alla Terra è il soggetto della miniserie Secret Invasion del 2008: dopo un tentativo di dividere e distrarre gli eroi con alcuni cloni mutaforma di loro stessi, la battaglia finale si svolge (manco a dirlo) per le strade di New York, ed è uno scontro tutti contro tutti. Partecipano anche i super criminali della banda di Hood, il redivivo Nick Fury e Norman Osborn con i suoi Thunderbolt. Il culmine della battaglia viene raggiunto quando la regina degli Skrull uccide Wasp dei Vendicatori, i quali si lanciano sulla mutaforma per vendicare la loro compagna; è però Norman Osborn ad uccidere la regina degli Skrull con un colpo di fucile, e il suo gesto viene ripreso in diretta da tutte le tv del pianeta. Sconfitti gli alieni, il presidente degli Stati Uniti affida ad Osborn il ruolo di capo dello Shield proprio in virtù della fama televisiva che il capo dei Thunderbolt ha acquisito. 


Ha così inizio il Dark Reign, il Regno Oscuro, che tiene banco per tutto il 2009: non si tratta di una storia o di una miniserie vera e propria, bensì di un periodo di tempo nell’universo Marvel caratterizzato da una certa cupezza e paranoia, ben giustificata dal fatto che un pericoloso pazzo super criminale si trovi alla guida dello Shield. Il tema di fondo di Dark Reign è innovativo, e dà vita a storie abbastanza interessanti: gli eroi diventano i criminali e i criminali si spacciano per eroi. Purtroppo l’evento che lo introduce è una vaccata, ovvero la nomina di Osborn a capo dello Shield. La miniserie Secret Invasion, seppur partendo da premesse interessanti, degenera presto in una banale scazzottata senza senso; la trama, già di per se abbastanza esile, viene diluita in 8 numeri, dove i più interessanti sono il primo e l’ultimo, con in mezzo il niente. Il finale, poi, è semplicemente assurdo, dato che niente (e ripeto niente) potrebbe giustificare la nomina di un pazzo criminale a capo dello Shield, neppure l’uccisione in diretta tv della regina degli Skrull. Questo evento dà il via ad un periodo interessante, è vero, ma questo non basta a salvare Secret Invasion, che a conti fatti resta una miniserie scialba e banalotta.


Il Regno Oscuro termina con Assedio, l’evento Marvel del 2010. Anche qui abbiamo a che fare con una gigantesca scazzottata, ma almeno si è avuto la decenza di farla durare solo 4 numeri, evitando l’effetto noia di Secret Invasion. Norman Osborn, totalmente folle e su suggerimento di Loki, attacca Asgard, che attualmente fluttua sopra i cieli degli Stati Uniti. Dopo aver trovato un pretesto per l’aggressione tendendo un tranello a Volstagg, il voluminoso asgardiano amico di Thor, Osborn mobilita tutte le sue forze e i super criminali al suo comando. L’attacco è devastante e neppure i semidei di Asgard possono resistere, Thor combatte da solo una battaglia disperata finché non arriva l’aiuto di Capitan America e i Vendicatori, che ribaltano l’esito del conflitto. Osborn scatena allora la sua arma segreta, il potente Sentry, al quale ha fatto un lavaggio del cervello: il biondo ex-vendicatore si scatena contro i suoi vecchi amici, che non possono resistere al suo potere. Con un ulteriore colpo di scena Loki tradisce Osborn e aiuta i Vendicatori potenziandoli con la magia delle Pietre delle Norne; lo scontro muta nuovamente corso, Sentry riacquista parzialmente la coscienza e permette agli eroi di ucciderlo. Osborn è totalmente sconfitto e viene arrestato da Capitan America, che viene nominato nuovo capo dello Shield: per gli eroi ha finalmente termine il Regno Oscuro e può iniziare l’Era degli Eroi.

mercoledì 23 gennaio 2013

Dungeon Command




In questi ultimi mesi mi sono ritrovato spesso a giocare a Dungeon Command, un boardgame della Wizards of the Coast. Si tratta di un gioco di combattimento fra miniature per 2-4 giocatori, dove l’aspetto tattico del gioco è gestito tramite un sistema di carte ordine. Come avrete già intuito, il gioco mi è piaciuto abbastanza, altrimenti non stareste a leggere questo articolo.

Dungeon Command non ha una scatola base unica, si presenta invece in forma di singoli box che contengono ognuno 12 miniature appartenenti ad una stessa fazione, come gli orchi o i non morti. Oltre alle miniature, ogni confezione contiene anche 4 parti componibili di una mappa da combattimento, i segnalini per tener conto di ferite ed effetti vari, un mazzo di carte creatura e di carte ordine per la propria squadra di combattimento, e per finire due cartoncini con sopra i dati e i poteri del leader della squadra. Lo scopo del gioco è quello di azzerare il valore di Morale del vostro avversario, ed è possibile fare ciò solo eliminando le sue miniature. Ogni creatura ha un livello che ne misura genericamente la potenza: più alto è livello della creatura che eliminate, maggiore sarà la perdita di Morale per la squadra del vostro avversario. Appena il Morale di una squadra scende a 0, l’altro giocatore vince la partita.

La fase di preparazione del gioco è molto semplice: come prima cosa un giocatore deve selezionare il leader della sua squadra. Il leader non è rappresentato da una miniatura vera e propria, ma da un cartoncino che riporta il suo potere speciale, il numero di carte con cui iniziare il gioco, e i valori di Morale e Leadership della vostra squadra. Scelto il leader, il giocatore monta la propria parte di mappa e la unisce a quella dell’avversario; quindi pesca il numero di carte che gli spettano e posiziona alcune miniature nell’area di partenza. E’ il punteggio di Leadership a determinare quante miniature possono contemporaneamente trovarsi sul tabellone: il livello totale di tutte le creature in gioco deve essere pari o inferiore a questo valore. Il punteggio di Leadership cresce di un punto ogni turno, permettendovi così di giocare altre creature; ogni miniatura della vostra squadra che lascia il gioco, inoltre, libera preziosi punti di Leadership che potrete utilizzare per giocarne altre.

Giunti a questo punto, il gioco vero e proprio può iniziare. Ogni turno il giocatore attiva le sue miniature una alla volta, muovendole e facendogli compiere una o più azioni, il numero esatto delle quali dipende dal tipo di azione intrapresa. Esistono tre tipi di azione: quelle standard, come attaccare o usare un potere speciale, consumano il turno della miniatura; il giocatore “tappa” la carta della creatura corrispondente, e non potrà intraprendere altre azioni simili. Le azioni minori, invece, non tappano la carta creatura, e il giocatore potrà utilizzare ancora la miniatura per altre azioni. Sia le azioni minori che quelle standard possono essere compiute unicamente nel turno del giocatore attivo; il terzo tipo di azione, quelle immediate, sono le sole che possono essere giocate nel turno dell’avversario, come reazione o difesa alle sue mosse. Le azioni immediate tappano la miniatura, quindi il giocatore dovrà stare attento a quando giocarla, per non correre il rischio di trovarsi sguarnito verso successivi attacchi.
Le azioni di cui stiamo parlando sono in genere rappresentate dalle carte ordine, e ogni fazione ha il suo mazzo specifico. Ogni giocatore comincia il gioco pescandone una certa quantità in base al leader scelto durante la preparazione, e ne aggiunge una alla mano ogni turno. Le carte ordine sono il cuore della strategia di questo gioco: permettono al giocatore di fare attacchi potenziati, di cancellare o ridurre il danno subito, di spostarsi più rapidamente sul tabellone, di piazzare delle trappole e tutta una serie di azioni simili. Ogni carta ordine stabilisce gli eventuali requisiti richiesti per essere giocata, come il livello minimo di una creatura o il suo possesso di determinate abilità. E’ sempre possibile giocare carte ordine in risposta a quelle giocate dall’avversario: in questo caso le carte/azioni finiscono in pila e vengono risolte in senso contrario a come sono state giocate, un meccanismo ben noto a tutti i giocatori di Magic, e perfettamente collaudato. 

Utilizzando le carte ordine i giocatori mettono in atto le loro strategie, decidendo dove e come concentrare i loro attacchi, e stando attenti, se possibile, a tenersi in mano qualche reazione difensiva. Se siete stati attenti, avrete notato che non ho parlato in alcuna maniera di tiri di dado, e con buona ragione: sono le carte ordine e le carte creatura ad indicare i danni e gli effetti numerici dei vari tipi di poteri presenti nel gioco. Questo significa che non esiste l’alea durante il combattimento: se un mostro infligge 20 danni e il difensore non gioca alcuna carta per negare o ridurre gli effetti dell’attacco, questo andrà automaticamente a segno, infliggendo una quantità di danni certa. Il superamento della casualità dei dadi rende il gioco più strategico, poiché il giocatore non corre il rischio di vedersi vanificato un attacco per mera sfortuna, e può progettare e concatenare le sue mosse con maggiore facilità. Ovviamente un certo livello di casualità è comunque presente, poiché tutto dipende dalle carte in mano ai diversi giocatori.

Dopo aver giocato a Dungeon Command diverse volte, posso dire che si tratta di un gioco semplice, divertente, e ben congegnato. Si impara a giocare con facilità, le carte ordine non sono difficili da comprendere o utilizzare, mentre la possibilità di usare varie fazioni, oltre alle modalità di gioco “tutti contro tutti” oppure “ad alleanze”, rende il gioco sempre diverso. Il gioco è disponibile soltanto in lingua inglese, e visto il fondamentale utilizzo delle carte ordine, una conoscenza minima della lingua è indispensabile. Comprando un solo box è possibile giocare in due, ma in maniera limitata; pertanto è consigliabile che ogni giocatore si procuri il proprio box personale, magari della sua fazione preferita. La possibilità di mischiare fazioni e carte ordine per creare una banda di guerra personalizzata è espressamente prevista, ed è una delle possibilità più interessanti che offre il gioco (un po’ come costruirsi il mazzo a Magic).


lunedì 21 gennaio 2013

Dungeonslayers


E’ tempo di una nuova recensione, e stavolta tocca a Dungeonslayers, “un gioco di ruolo all’antica”, come si legge in copertina. Si intuisce facilmente che Dungeonslayers si ispira ad un modo di giocare tipico dei primissimi giochi di ruolo, quando le avventure consistevano nell’esplorazione di un sotterraneo, nello sterminio dei mostri presenti e nel beato saccheggio dei loro tesori. Se a qualcuno sta venendo in mente il primo D&D (la scatola rossa, per intenderci), non sbaglia affatto. E’ passata parecchia acqua sotto i ponti da allora, il modo di giocare e di scrivere le avventure si è affinato, e in conseguenza di ciò i regolamenti sono diventati sempre più grossi e complicati. Mentre le cose vanno avanti, però, c’è sempre qualcuno che preferisce guardare indietro, al passato: è così che è nato il fenomeno dei retro-cloni. Con questo termine ci si riferisce a quei giochi che sono la copia di giochi più vecchi e fuori produzione. I fan di un gioco datato (retrò), invece di sbattersi nella ricerca di manuali introvabili, possono rivolgersi al suo “clone” moderno, con gran risparmio di tempo e denaro. I retro-cloni non sono mai una copia esatta delle regole del gioco precedente, ma ci vanno parecchio vicino; l’esperienza di gioco che forniscono, invece, è praticamente identica.

Ora, a voler essere pignoli, Dungeonslayers non è esattamente un retro-clone, dato che non copia nessun sistema precedente. E’ piuttosto un gioco moderno ispirato dalla filosofia dei retro-cloni, che permette di creare avventure dal sapore antico, con il supporto di regole semplici e immediate. Uno scopo che Dungeonslayers raggiunge alla grande, dato che il cuore delle regole non occupa più di una ventina di pagine, mentre il resto del manuale è dedicato alla descrizione di mostri, magie, oggetti magici e un po’ di ambientazione. Il risultato finale è di una semplicità quasi imbarazzante, il che è contemporaneamente un pregio e un difetto, ma di questo ne parleremo in seguito, perché è il momento di dare un’occhiata al gioco vero e proprio.

Il manuale apre con la creazione del personaggio. Dungeonslayers non utilizza i dadi per generare le caratteristiche di base (diversamente dai vecchi giochi a cui si ispira), preferendo utilizzare un sistema a punti. Ogni personaggio è dotato di 3 Attributi (Fisico, Mente e Mobilità) e 6 Tratti (Forza, Costituzione, Destrezza, Agilità, Mente, Aura). Il giocatore riceve un certo numero di punti da spendere fra queste caratteristiche, a cui poi aggiungerà i bonus della razza e della classe. La scelta della razza è limitata ai classici nani, elfi o umani; per quanto riguarda le classi, anche qui ci muoviamo nella tradizione più pura: guerriero, esploratore e mago (che si divide ulteriormente in incantatore, stregone e chierico). I giocatori che desiderano classi più esotiche, come nei giochi di ruolo moderni, non resteranno delusi, dato che dal 10° livello in poi è possibile scegliere una classe eroica, come ad esempio il paladino o il negromante. Le classi eroiche forniscono maggiori poteri, ma richiedono più punti esperienza per aumentare di livello. Risulta chiaro che il gioco si muove nel solco della tradizione (classi, livelli, punti esperienza), ma lo fa strizzando un occhio anche alla modernità (le classi eroiche, che in pratica sono le classi di prestigio del D&D più recente). Una volta assegnati i punti alle caratteristiche ed aver registrato il bonus di razza e classe, giunge il momento di calcolare i Valori di Combattimento. Si tratta di punteggi che sintetizzano le capacità combattive del personaggio, come i Punti Ferita, la Difesa, l’Attacco in Mischia o gli Incantesimi Mirati, e che derivano direttamente dalla somma di alcune caratteristiche base con il bonus fornito da oggetti quali armi ed armature. L’ultima tappa della creazione del personaggio prevede la scelta di uno o più talenti che, nello stile e nella sostanza, sono identici a quelli di D&D 3°edizione: si tratta cioè capacità speciali che arricchiscono le competenze del personaggio, oppure che gli conferiscono bonus unici. La lista dei talenti è davvero ricca e numerosa, e permette a personaggi di una stessa classe di differenziarsi sufficientemente l’uno dall’altro: ad esempio, un guerriero potrà prediligere la velocità e la capacità di combattere, mentre un altro guerriero potrebbe preferire aumentare la sua forza e i danni che è capace di infliggere. In genere ogni talento può essere preso più volte: ogni grado conferisce un bonus maggiore o un’ulteriore capacità, fino ad un limite massimo che dipende dalla propria classe. E’ sempre la classe, inoltre, a regolare l’accesso ai talenti: un guerriero potrà selezionare un talento che aumenta la propria resistenza ad un livello del personaggio minore rispetto a quello richiesto ad un mago per fare lo stesso, e sicuramente potrà acquisirlo ad un grado più alto.

La creazione del personaggio è davvero tutta qui, il resto delle regole vere e proprie è dedicato al sistema di gioco e al combattimento. Come avrete notato non esistono regole sull’uso delle abilità (come nel vecchio D&D): quando un personaggio tenta di compiere qualche cosa, somma l’attributo e il tratto più rilevanti per l’azione in questione e tira il d20, cercando di ottenere un risultato pari o inferiore. Lo stesso sistema si applica nel combattimento: il giocatore che attacca lancia il d20, usando il valore dell’Attacco in Mischia come punteggio di riferimento. Il risultato (che deve essere pari o minore affinché il colpo vada a segno) indica direttamente il danno inflitto, non serve alcun tiro di dadi ulteriore. Tocca quindi al difensore cercare di mitigare il danno subito, lanciando il d20 sul valore di Difesa: se il tiro riesce, il risultato indicherà quanti danni si riescono ad evitare. La differenza fra attacco e difesa, se positiva, rappresenta le ferite realmente inflitte. Per quanto riguarda gli incantesimi, occorre fare una distinzione: in Dungeonslayers ne esistono di due tipi, quelli generici e quelli mirati. Gli incantesimi mirati sono proiettili magici come i fulmini e le palle di fuoco, con cui il mago cerca di colpire direttamente il bersaglio; il successo o il fallimento viene determinato esattamente come descritto sopra. Gli incantesimi generici non procurano danni diretti, ma mirano a creare un effetto magico sul bersaglio, come ad esempio il sonno o il controllo mentale. Il mago sottrae al suo punteggio di Magia il punteggio di resistenza del bersaglio (solitamente un tratto e/o un attributo) e tira sul valore che ne risulta: se ha successo, l’incantesimo avrà piena e totale efficacia, in caso contrario niente da fare.

Il resto del manuale si occupa di cose molto importanti, come i mostri, gli oggetti magici, l’equipaggiamento e cose del genere, ma le regole vere e proprie per giocare sono finite. Ecco quindi che la mia affermazione di un “gioco dalla semplicità imbarazzante” inizia a spiegarsi. Il pregio di questa semplicità è intrinseco in se stesso: creare un personaggio non richiede più di 5 minuti, mentre condurre una partita come master è rilassante, data l’assenza di dettagli che vanno a complicare il gioco. I mostri sono descritti con un formato semplice e chiaro, esattamente come gli incantesimi, gli oggetti magici, e praticamente ogni cosa in questo gioco. Il combattimento è rapido e letale, mentre i mille talenti e le varie classi eroiche riescono a dare un minimo di spessore ai singoli personaggi. 

Questa semplicità, però, è anche un difetto, un difetto che si paga nella varietà e nella profondità del gioco. E’ vero che lo scopo del gioco è il più puro dungeon-crawling, ma per essere divertente e giocabile sul lungo periodo è necessario un po’ di varietà, che difficilmente le striminzite regole di Dungeonslayers possono dare. Cosa rispondere ad un giocatore che tenta di compiere azioni non previste dalle (pochissime) regole? E non parlo di cose particolarmente complicate, come ficcare le dita nell’occhio di un troll, ma anche una semplice spallata, una presa, un attacco per disarmare … insomma, quelle due o tre cose che tutti i giochi di ruolo oggi permettono. Il discorso non riguarda solo il combattimento, ma si allarga anche alle normali azioni che in genere sono coperte dalle abilità. Abbiamo visto che in Dungeonslayers non esistono; ci sono solo delle generiche caratteristiche di base che sono chiamate a coprire praticamente tutte le azioni. Se considerate che 2/3 dei tratti del gioco sono fisici, ogni tiro che non coinvolga il corpo o l’agilità in senso stretto andrà risolto sempre con le stesse caratteristiche. Stai cercando impressionare la principessa? Vuoi convincere la guardia a lasciarti passare? Stai cercando di scoprire le tracce di quel ladro? Sempre lo stesso tiro, anche se stai compiendo azioni diversissime! Un altro difetto che ritengo di riscontrare in questo gioco è la mancanza di chiare indicazione su come creare da soli nuovi mostri. La varietà delle creature da uccidere, in un gioco “ammazza e arraffa il bottino” come questo, è fondamentale sia per divertimento che per la longevità dello stesso. L’assenza di tali regole può diventare alla lunga un problema, mentre ci sarebbe voluto davvero poco ad inserire una paginetta in più di regole; la troppa semplicità, anche in questo caso, è un’arma a doppio taglio! Nel breve periodo, Dungeonslayers può garantire partite interessanti e coinvolgenti, ma alla lunga, però, non so se il gioco riuscirà a mantenere lo stesso appeal sul master e sui giocatori, che potrebbero giustamente stufarsi di fare sempre le stesse cose. Lo consiglio ai neofiti, a coloro che hanno poco tempo per giocare e a coloro che si sono stufati di giochi più complicati; se invece siete alla ricerca di qualcosa un minimo più complesso e longevo, lasciate stare.

lunedì 7 gennaio 2013

Stormbringer





Per questo primo articolo del 2013 rimaniamo in ambito fantasy, con un altro gioco di ruolo davvero vintage: Stormbringer! Pubblicato in Italia nel lontano 1993 grazie alla Stratelibri, Stormbringer è ambientato nel mondo fantasy creato da Michael Moorcock. Il protagonista della saga, il principe stregone Elric di Melnibonè, armato della sua spada demoniaca Stormbringer, da cui prende nome il gioco, si troverà ad essere l’ago della bilancia di un epico conflitto fra gli dei della Legge e del Caos. La storia di Elric si dipana in più libri, scritti a cavallo fra gli anni 60 e 70, ed è un esempio di narrativa heroic fantasy, con la particolarità che il protagonista, invece del classico barbaro nerboruto, è un debole albino e per giunta stregone. Oltre a questa (allora inedita) inversione dei canoni, Moorcock ebbe anche l’onore di introdurre per primo determinati concetti nel genere fantasy, come ad esempio il conflitto fra Legge e Caos, che verrà in seguito ripreso in svariati giochi di ruolo, come D&D, ma soprattutto Warhammer.

Stormbringer, come il Richiamo di Cthulhu e gli altri giochi della Chaosium, utilizza il Basic, regolamento che usa il dado a 100 facce per la risoluzione delle azioni. Oltre ad essere semplice e facile da imparare, questo sistema dimostra anche la sua duttilità, adattandosi egregiamente anche al genere fantasy. In particolare, l’elevata mortalità del suo sistema di danni e ferite si accorda in maniera naturale al tono violento e realistico dei romanzi di Moorcock. La generazione del personaggio è descritta in poche e semplici pagine, e la casualità del dado la fa da padrona. Oltre a determinare le varie caratteristiche base, in questo gioco persino la scelta della razza e della classe è affidata ai dadi. Se avrete fortuna potrete essere di razza melniboneana (come Elric), e magari un guerriero stregone; al contrario, se i dadi vi fossero avversi, potrebbe capitarvi di essere degli umani appena poco più evoluti delle bestie, o forse un mendicante cencioso. Suggerisco ai master di avere pietà dei giocatori in questi casi, e permettere loro di rilanciare i dadi.

Il regolamento di Stormbringer non è caratterizzato solo da un forte elemento casuale in sede di generazione del personaggio, ma anche da un sistema magico molto originale. Nella saga di Elric non esistono i classici maghi fantasy che volano o lanciano palle di fuoco; gli stregoni dei Regni Giovani, invece, vincolano al loro volere creature di altri piani dimensionali, come demoni ed elementali, e ne sfruttano i poteri. Un mago che voglia viaggiare istantaneamente fra due luoghi molto distanti non è in grado di farlo da solo, ma deve invece evocare una creatura in grado di farlo e sottometterla alla sua volontà: solo a quel punto lo stregone avrà raggiunto il suo scopo. In combattimento, i maghi evocano demoni che colpiscono direttamente il nemico, oppure li vincolano in una forma fisica, come un’arma. La spada di Elric, Stormbringer, è proprio un’arma del genere, un demone obbligato a servire in forma di spada. Quando un’entità viene evocata, il giocatore può in parte decidere quali sono i suoi poteri, scegliendoli da un corposo elenco di capacità speciali, mentre spetta al master decidere sulla parte restante. 

Nel manuale americano si trovano anche i dati di gioco dei protagonisti della saga di Elric, oltre alle statistiche di diversi mostri e creature; la Stratelibri, con una mossa alquanto discutibile (e già adottata in passato con il gioco Cyberpunk), ha espunto questa parte, che è andata a costituire il manuale aggiuntivo “Creature e Personaggi”. Nonostante ciò, Stormbringer resta un gioco valido e ben fatto, adatto agli appassionati della saga di Elric e a coloro che cercano un gioco semplice, con un corpus di regole brevi e facili da utilizare; l’eccessiva casualità in sede di creazione del personaggio è probabilmente un punto a sfavore, ma è abbastanza facile intervenire per limitarne gli eccessi o, se si ritiene, abolirla del tutto. L’elevata mortalità del sistema potrebbe non piacere agli amanti di un gioco eroico in stile D&D, ma non si può dire che sia un difetto, quanto una scelta voluta per rispettare il tono dell’ambientazione.