venerdì 21 luglio 2017

Lezioni di gioco di ruolo (parte III): avventure "one shot"



Scrivere avventure autoconclusive (più comunemente note come “one shot”) per i giochi di ruolo può sembrare facile ma non lo è affatto, perlomeno se intendete scrivere una vera avventura. Per vera avventura intendo una storia che assomigli ad un bel film: eventi emozionanti e coinvolgenti, una storia avvincente, personaggi interessanti, un scontro finale degno di questo nome. Spesso il one shot viene utilizzato allo scopo di presentare un sistema di gioco, per cui la parte della storia è di solito ridotta al lumicino, tipo grotta infestata dai goblin, i personaggi arrivano, ammazzano tutti, fine. Un’avventura del genere sarà utile per mostrare le meccaniche del gioco ma è chiaramente insoddisfacente da tutti gli altri punti di vista, in particolare quello della storia. Andreste al cinema a vedere un film del genere? Penso proprio di no. Inoltre, il successo del nuovo gioco di ruolo che volete presentare ai vostri amici potrebbe essere pregiudicato da un one shot di questo genere. Siete sicuri che i giocatori resteranno impressionati dal tirare dadi tutta la sera per ammazzare un paio di goblin e basta? Non sarebbe meglio mostrare loro come funziona il gioco nel contesto di una vera storia?


menare orchi e goblin è sempre divertente ma farlo dentro una buona storia è sempre meglio!


Riprendendo le fila del discorso, fare un one shot con una storia vera non è cosa facile. Il one shot deve condensare una buona storia, dei buoni personaggi e spesso un background decente del mondo di gioco. Creare i personaggi non è una cosa difficile, può essere una cosa lunga e seccante, dipende dal sistema, ma se sapete giocarlo, difficilmente generare i personaggi vi creerà problemi. Il background del mondo di gioco può portare qualche complicazione in più ma niente che non si possa risolvere in fretta. Delle due l’una: o la vostra avventura si svolge nell’ambientazione ufficiale del gioco, e in tal caso è già il gioco in se a fornirvi tutto quello che vi serve, oppure il gioco non ha un’ambientazione sua o per questa avventura preferite un mondo originale, magari per assecondare meglio la storia che avete in mente. Quest’ultimo caso vi richiederà uno sforzo supplementare di lavoro ma siamo sinceri: dovete fare un’avventura, non una campagna, difficilmente la storia che avete in mente comprenderà più di un paio di location o sarà così dettagliata da dover definire in anticipo mille dettagli. Basterà creare e portare in scena il minimo indispensabile per dare coerenza alla storia, tutto il resto non importa.



Ciò che resta, ciò che è veramente difficile, è impostare la storia. Non è solo una questione di idee. Già farsi venire l’idea giusta per una storia non è cosa semplice, il master di un gruppo lo sperimenta ogni volta che deve preparare l’avventura per il suo gruppo. Il one shot è più complicato perché la storia deve chiudersi li, non ci sarà un’altra sessione, non ci sarà un seguito, non vale ragionare come “intanto scrivo l’avventura fino a quando i personaggi arrivano alle Caverne del Terrore, il resto lo scrivo la prossima volta in base a cosa succede nel gioco”, non si può fare, l’avventura deve essere autoconclusiva. Di più, l’avventura deve essere bella, deve avere un suo impatto, deve aver qualcosa da dire, altrimenti perché farla? Con questo non voglio dire che le normali sessioni di una campagna possano invece essere “brutte” o prive di importanza. Però una sessione di una lunga campagna va valutata appunto come tale, come una parte, anche piccola, di una grossa storia, e può ben capitare che vi siano dei momento più rilassati o meno appassionanti lungo l’intera saga. Può capitare che una parte specifica della campagna risulti più noiosa o peggiore rispetto al resto, è una cosa fisiologica in un’opera seriale, in quanto è difficile per un master (ma anche per uno scrittore o un regista) riuscire ad essere sempre al top in ogni momento. Pensate a Guerre Stellari, la trilogia classica: ha un buon inizio (il primo film), un ottimo proseguo (il secondo film) e un finale in tono minore (il terzo film). Pensate ai film del Signore degli Anelli e de Lo Hobbit: tanto belli i primi quanto pessimi i secondi. Ma non parliamo solo di film, che spesso sono derivativi di un’altra opera (Lo Hobbit è un bel libro, semplicemente Peter Jackson ha totalmente sbagliato i film), prendiamo ad esempio anche opere originali: la trilogia classica di Shannara è fatta di tre libri, il primo buono, il secondo ottimo, il terzo si finisce un po’ a fatica, si salva solo per singoli momenti. Potrei andare avanti ad esempi all’infinito ma sono certo che abbiate capito. Quindi, dicevamo, il one shot deve essere una bella storia, non verrà giudicato come parte di una saga, c’è solo quello e basta. Se avete deciso di farne uno, dovrà essere qualcosa di interessante, di memorabile, perché farlo altrimenti?


sconfiggere un'orda di non morti potrebbe essere al centro di una bella avventura


Torniamo indietro: stavamo dicendo che personaggi ed ambientazione sono abbastanza facili da buttare giù, l’avventura è la parte difficile. Dovete avere una buona storia, delle belle idee e dovrà essere qualcosa che valga la pena scrivere. A dare una mano al povero master, in questo caso, può essere la struttura classica in tre atti di una storia, paradigma che viene applicato tanto nella letteratura che al cinema. Cosa prevede questo modello? Un inizio, uno sviluppo degli eventi, la loro risoluzione e il finale. Sembra una cosa banale, e probabilmente lo è, istintivamente già lo conoscete se avete letto romanzi e visto un mucchio di film ma vi assicuro che se adoperate questo modello in maniera cosciente e coerente, la vostra avventura ne beneficerà alquanto. Vediamo più in dettaglio in cosa consiste la struttura dei tre atti. Nel primo atto si introducono i personaggi e la loro missione. I personaggi possono conoscersi per la prima volta oppure sono già un gruppo ma devono comunque essere introdotti e, soprattutto, deve essere fornito loro uno scopo per agire. Un antico male che si risveglia, una missione, un prigioniero da liberare, un riscatto da pagare, ci deve essere qualcosa che spinge i personaggi ad agire, altrimenti la storia non può neppure iniziare. Nel secondo atto c’è lo sviluppo degli eventi, i personaggi si danno da fare per completare la loro missione, incontrano altre persone, si scontrano con dei nemici. La tensione continua a salire fino ad arrivare al punto di rottura, al climax, al momento in cui la storia ha una svolta imprevista e la situazione appare disperata. E’ il momento in cui lo spettatore o il lettore pensa “ed ora come diavolo ne esce fuori il protagonista?”. Segue quindi il terzo atto, dove tutti i nodi vengono al pettine, c’è lo “scontro finale”, la risoluzione della crisi. Di norma i personaggi vincono, o almeno dovrebbero, ma se state giocando una storia horror il finale potrebbe non essere così benevolo con i nostri eroi. Non ha importanza sapere se finirà bene o male, questa è una cosa che si risolverà da sé nell’avventura, quello che è importante è che deve esserci un finale, una conclusione soddisfacente che chiude tutti i punti in sospeso e … e basta, non c’è altro, la storia deve finire qui perché è un one shot, niente seguiti, niente “ci vediamo la prossima settimana”. Il finale potrebbe essere parzialmente aperto, a volte accade anche nei film o nei romanzi, pensate al finale di Inception: lo spettatore può decidere se il finale sia un sogno o realtà, può discuterne fino allo sfinimento con gli amici ma comunque una fine c’è stata.



Torniamo ai tre atti. All’interno di ognuno di essi c’è una certa varietà, una possibilità di scelta che mantiene viva la possibilità di avere storie sempre diverse pur utilizzando la stessa struttura. Partiamo dal primo atto. Abbiamo detto che questo introduce i personaggi e getta le premesse dell’intera storia. Ebbene, il concept generale dell’avventura può essere orientato più sui personaggi o più sulla storia in quanto tale. Il primo caso si ha quando la storia è al servizio dei personaggi, non importa più di tanto cosa fanno ma perché e come lo fanno. I personaggi affrontano dubbi morali, scelte etiche, crescita personale e la storia è interessante non tanto per quanto accade ma perché sta accadendo a quei personaggi. Nel secondo caso è la storia, il plot, ad avere maggior importanza. I personaggi restano vitali, certo, ma probabilmente sono intercambiabili, la storia si potrebbe narrare lo stesso anche se al posto di tizio ci fosse caio. Questo non vuol dire che i personaggi debbano essere piatti e bidimensionali ma che questi sono al servizio della storia. Colui che fruisce la storia vuol vedere fin dove arriveranno i personaggi, cosa succederà, cosa ci sarà oltre quell’angolo, mentre è meno importante chi fa certe cose. In un one shot è più facile utilizzare un concept al servizio della storia, piuttosto che dei personaggi, perché è molto più semplice. Occorre creare personaggi davvero validi ed interessanti per far affezionare loro i giocatori, i quali, a loro volta, devono essere dannatamente bravi per portare avanti una storia basata sui personaggi. Un’altra caratteristica del primo atto è che può cominciare in media res, ovvero ad azione già iniziata. Immaginate il Signore degli Anelli, immaginate che cominci con Frodo e gli altri hobbit già in fuga dai Cavalieri Neri. Subito una scena emozionante di inseguimento, quindi, al primo momento di calma, ci viene raccontato cosa è successo prima, perché stanno scappando e da chi. Questa tecnica si chiama flashback ed è comunemente usata in film e romanzi. Serve a lanciare immediatamente la storia nell’azione, senza tante chiacchiere e preamboli; soltanto in seguito viene narrato cosa è successo prima. Se usata bene, è una tecnica prodigiosa per catturare l’attenzione del giocatore, che entra subito in partita, rimandando a dopo gli altri dettagli. Nel secondo atto di sviluppano e si approfondiscono i conflitti nati nel primo atto, la storia viene portata avanti, ci sono i primi combattimenti, i primi momenti drammatici, le prime scelte difficili da fare. Un buon sviluppo della storia è fondamentale perché, anche se avete catturato l’attenzione dei giocatori nel primo atto, se dopo lasciate cadere la tensione, l’avventura va verso il baratro della noia e del disinteresse. Non ci sono particolare tecniche da richiamare in questa seconda parte, ma questo è il momento in cui i personaggi conoscono i potenziali alleati e gli antagonisti, mentre nuove situazioni si intrecciano con la trama principale, generando storie secondarie che servono ad evidenziare un momento particolare oppure un personaggio o una scelta morale. Non è obbligatorio inserire storie secondarie, anche perché se lo fate, poi dovrete risolvere anche queste, però la loro presenza renderà l’avventura più ricca ed appassionante. Quello che non può davvero mancare, invece, è la crescita della tensione fino al momento culminante che precede il finale: i personaggi entrano nella torre del negromante e si preparano allo scontro decisivo. In genere, questo momento dovrebbe portare ad un colpo di scena. Questo imprevisto non deve necessariamente peggiorare la situazione, ma è probabile che sia così: si scopre che un personaggio non giocante è un traditore oppure i personaggi vengono catturati, l’importante è che i giocatori pensino prima “Wow!” e dopo “Merda, ora che si fa?”. Il terzo atto serve a chiudere la storia, a rispondere alle domande lasciate in sospeso. Se deve esserci uno scontro finale, avverrà sicuramente adesso. Il terzo atto mette la parola fine non solo alla trama principale ma anche a quelle secondarie che potreste aver introdotto nel secondo atto. Esistono tre tipi di finale: il lieto fine (tipico della commedia e dei film hollywoodiani), il finale drammatico (tipico del dramma classico e spesso dei film horror), il finale aperto, che lascia ai giocatori l’interpretazione su come si è conclusa la storia. Tipicamente un one shot fantasy/avventuroso avrà un lieto fine, perlomeno per i personaggi rimasti in vita. Un one shot horror può avere tanto un lieto fine (i personaggi sconfiggono il mostro, anche a costo di gravi sacrifici) che un finale drammatico (morte o pazzia degli eroi). Il finale aperto è per i master più abili e smaliziati.


un buon dungeon non guasta mai!


Alla fine di questa lunga disamina, dovreste avere le idee più chiare su come scrivere il vostro one shot. Ma cosa fare se avete zero idee? Ok, avete capito la faccenda dei tre atti, avete in mente dei personaggi abbastanza interessanti ma cosa potete fargli fare? Quale può essere il colpo di scena alla fine del secondo atto? In futuro scriverò un articolo più dettagliato sulle fonti di ispirazione per le storie ma per il momento ci serve una soluzione sporca e rapida! Se ci fate caso, se pensate a tutte le storie che vi sono piaciute nel tempo, siano esse tratte da film, romanzi o serie televisive, è impossibile che non abbiate notato come molte situazioni si ripetono costantemente. Non è questione di scarsa originalità (anche se alle volte …), è semplicemente che, come le note musicali sono solo 7 e la loro diversa combinazione crea infinite musiche, così anche i capisaldi della fiction sono grossomodo sempre gli stessi, è il modo di combinarli insieme a fare la differenza. Badate bene, non è necessario neppure che diate una parvenza di originalità alla vostra storia (al di là di tutte le considerazioni, state scrivendo un one shot per un gioco di ruolo, non un romanzo per il premio Strega o la sceneggiatura di un film da Oscar), basta soltanto che sia “interessante”. Cosa questo significhi dipende sostanzialmente da voi, dai vostri giocatori e dal vostro stile di gioco. Un personaggio che fa battute cazzute, un mondo fantasy vibrante e pieno di vita, un’atmosfera decadente o di terrore, un’armata di zombie repellenti e personaggi armati fino ai denti: cosa fa “figo” per il vostro gruppo lo sapete soltanto voi. L’originalità non è importante, se c’è sarà sicuramente gradita, se non c’è … beh, vi sfido a trovare qualcosa di veramente originale dopo l’Iliade e l’Odissea! Battute a parte, è il momento di combinare i topos e i cliché dei vari generi al fine di avere quelle due o tre idee intorno a cui costruire la storia. Affinché non si dica che scagli il sasso e poi ritiri il braccio, vi fornirò qui alcune idee, 6 per ogni atto (anzi, 1d6 idee per ogni atto), adatte ad un one shot di tipo fantasy, che è il genere più giocato.



Primo Atto: decidete il concept di base dell’avventura scegliendo dalla seguente lista o lanciando il dado!

1) Uccidere un malvagio. Lo scopo della storia è eliminare fisicamente qualcuno. L’obiettivo può essere chiunque: dal malvagio imperatore del terrore ad un semplice signorotto che dal suo castello domina con pugno di ferro una piccola zona fino ad un semplice scagnozzo di serie B.

2) Quest/Ricerca. Con questo termine molto generale si intende una missione tesa alla scoperta e/o al recupero di qualcosa. Potrebbe essere un potente artefatto, delle conoscenze perdute, il classico tesoro, un tempio dimenticato nella giungla, una persona scomparsa da molti anni, insomma può essere letteralmente qualunque cosa. Se nessuno degli altri casi descrive bene ciò che avete in mente, probabilmente è una quest.

3) Difendere qualcosa o qualcuno. I personaggi devono difendere un luogo, come un villaggio o una persona fisica dalla minaccia di qualcos’altro. Forse i sicari del signore del male vogliono uccidere colui che le profezie indicano come il salvatore del regno, o magari un’armata di orchi minaccia il tranquillo villaggio di Borgo Scuro.

4) Liberare qualcuno (anche se stessi). Lo scopo dell’avventura risiede nel liberare fisicamente un prigioniero. Questi può essere rinchiuso in una normale prigione o qualcosa di molto più esotico, come un castello volante o addirittura un piano dimensionale alternativo. Talvolta sono gli stessi personaggi a doversi liberare: la fuga del prigioniero è un classico della fiction avventurosa. Normalmente essere presi prigionieri non è una cosa che piace molto ai giocatori ma nell’ambito di un one shot è più accettabile.

5) Risolvere un mistero o un enigma. Questa tipologia di storia potrebbe incrociarsi con la quest, ciò che la differenzia è il motivo per cui una certa cosa o persona è nascosta. Un tempio sperduto nella giungla è sconosciuto al mondo per il semplice fatto che si trova in un posto lontano, quasi irraggiungibile. Un oggetto volutamente occultato, un omicidio, un tempio segreto sono tali perché qualcuno vuole che certe cose restino segrete. Investigare sull’accaduto e ricostruire ciò che è successo è il cuore della missione.

6) Esplorazione. A volte non c’è uno scopo particolare nell’avventura, i personaggi vogliono raggiungere una certa destinazione esotica o lontana per il semplice gusto del viaggio; altre volte potrebbero essere ingaggiati per mappare una zona sconosciuta. L’avventura prende le mossa da una esplorazione dell’ignoto, finché i personaggi non scoprono qualche tipo di pericolo. A quel punto l’avventura assume un’altra delle tipologie appena viste: forse i personaggi devono fuggire perché rischiano la vita, forse uno di loro contrae un morbo mortale e devono trovare una cura, forse si imbattono in qualcosa che era meglio non vedessero e ora non possono più far finta di nulla, devono assicurare il colpevole alla giustizia.



Secondo Atto: l’avventura prosegue fino a che non avviene qualcosa di inaspettato, un colpo di scena che cambia le carte in tavola! Scegliete dalla lista o tirate il dado:

1) Qualcosa non è come sembra. I personaggi scoprono qualcosa di così incredibile che rimette tutto in discussione: il malvagio che devono uccidere forse non è così cattivo come credevano, magari è persino innocente, oppure uno dei personaggi si scopre essere il figlio dell’antagonista! Qualunque rivelazione imprevista che sovverte ciò che i personaggi credono sia la verità può rientrare in questo tipo di colpo di scena.

2) Il nemico è immortale/non può essere ucciso. Nessuno pensava che uccidere il cattivo sarebbe stato facile ma addirittura che fosse immortale non era previsto! Il villain della storia non può essere ucciso con i normali mezzi e la cosa, ovviamente, non era nota ai personaggi. Forse ha rinchiuso la sua anima in un oggetto, forse è immune a tutte le armi tranne che ad una particolare spada incantata. Quale che sia la ragione, i personaggi dovranno trovare l’oggetto a cui è vulnerabile prima di poterlo sconfiggere. Di solito questa rivelazione avviene nel corso di un primo confronto con il cattivo, che ovviamente finisce molto male per i personaggi.

3) Traditore nel gruppo. Di solito il traditore è un personaggio non giocante, qualcuno di cui i personaggi si fidavano. Forse è il loro mentore, forse il loro datore di lavoro, magari addirittura la principessa che dovevano proteggere, che ora si scopre essere in combutta con il cattivo. Ma potrebbe esserci qualcosa di peggio, e cioè che il traditore sia uno degli stessi personaggi. Questo tipo di colpo di scena deve essere concordato (segretamente) in anticipo col giocatore. E’ un tipo di imprevisto molto forte, usatelo solamente se avete giocatori propensi a questo tipo di gioco.

4) Presi prigionieri. Come dicevamo prima, la cattura e la fuga del prigioniero è un classico della fiction avventurosa. Può essere lo spunto iniziale del’avventura ma potrebbe avvenire anche dopo. Magari i personaggi vengono presi prigionieri dal cattivo, che vuole obbligarli ad essere testimoni del suo momento di trionfo: dovranno scappare ed impedire al malvagio di portare a termine il suo piano diabolico.

5) Scelta morale difficile/imprevista. Non sempre, ma le avventure possono mettere in difficoltà i personaggi sul piano morale. Se per battere il loro nemico i personaggi devono comportarsi come lui, lo faranno? E quali saranno le conseguenze? Forse i personaggi dovranno scegliere il male minore, forse le loro azioni faranno soffrire qualche innocente, in ogni caso non sarà una scelta facile.

6) Il tempo è scaduto! Nel classico piano di un cattivo, il tempo ha spesso una componente fondamentale. Magari il rituale negromantico deve essere compiuto soltanto quando c’è la luna piena; oppure i personaggi hanno tempo di evacuare il villaggio finché non saranno passati tre giorni, dopodiché le armate imperiali spazzeranno via tutto. In questo tipo di imprevisto, i personaggi non riescono a svolgere in tempo la loro missione. Come si comporteranno a questo punto? C’è ancora qualcosa da salvare? Ha senso continuare a battersi oppure è davvero la fine?



Terzo Atto: che tipo di finale attende i vostri personaggi? Decidete o lanciate il dado. Ovviamente qui intendiamo il tipo di finale probabile o desiderato, non l’evento in sé.

1-3) Lieto Fine. E’ il tipo di finale che maggiormente ci si aspetta debba accadere. I personaggi sconfiggono il drago malvagio, salvano il villaggio, liberano il prigioniero, arrivano sani e salvi dall’altra parte del Mare del Terrore. Forse qualche personaggio non ce l’ha fatta, può capitare, ma il gruppo nel complesso ha portato a termine la sua missione. E’ possibile aggiungere un tono agrodolce ad un finale lieto, se i personaggi hanno dovuto sacrificare qualcosa di importante per raggiungere l’obiettivo. Forse i personaggi avevano più di una missione, e hanno dovuto scegliere quale portare a termine a scapito delle altre, forse un importante personaggio non giocante non ce l’ha fatta ed è morto prima della fine. La missione, in ogni caso, deve finire con un successo del gruppo, altrimenti non è un lieto fine.

4-5) Finale Drammatico. E’ un tipo di finale maggiormente adatto a storie dell’orrore o a storie drammatiche. Non necessariamente implica il fallimento della missione. Lo scopo dell’avventura può comunque raggiungersi, ma ad un prezzo altissimo: i personaggi riescono ad impedire al Grande Cthulhu di tornare in vita ma devono sacrificare le loro vite nel rituale blasfemo che serve a rimandarlo da dove è venuto. Oppure potrebbe essere un tipo di finale dove solo uno o due personaggi sopravvivono, magari i personaggi erano in competizione fra di loro per chi potesse salvarsi e chi no. Se desiderate un finale drammatico o lo ritenete altamente probabile (es. state giocando un horror), lanciate degli indizi ai giocatori, non fateli arrivare alla fine con l’illusione che stia andando tutto bene. Immaginate una classica avventura, c’è un cattivo da sconfiggere, le cose vanno più o meno come devono andare poi all’improvviso tutto peggiora, diventa un horror e muoiono tutti! Se non avete venduto la storia come un horror sin dall’inizio (o per gran parte dell’avventura), ci potrebbe essere del risentimento da parte dei giocatori. Non tentate un colpo di scena di questo livello a meno che non sappiate già che la cosa potrebbe piacere ai vostri giocatori. Questo caso è del tutto diverso da un’avventura in cui i personaggi fanno scelte discutibili, sono sfortunati e/o sbagliano tutto e alla fine muoiono. Se ciò accade pazienza, può succedere, a volte le cose vanno semplicemente storte, le aspettative dei giocatori non centrano nulla.

6) Finale Aperto. Questo tipo di finale deve lasciare una sfumatura ambigua sugli avvenimenti, sfumatura che può essere interpretata in più modi. Un giocatore potrebbe vederci qualcosa di positivo, un altro potrebbe considerarla fallimentare. E’ difficile dare esempi di questa tipologia. Pensate a film o libri in cui si ha l’impressione che tutto ciò che è stato detto o fatto poi risulti un sogno, salvo il piccolo indizio alla fine che lascia aperta la possibilità che sia stato tutto reale (o il contrario). Una tecnica del genere è da evitare nelle avventure normali di una campagna, è molto frustrante concludere una storia che va avanti da parecchio tempo e poi scoprire dal master che era tutto un’illusione! Meglio lasciare cose simili ai one shot. 

NOTA FINALE: inizialmente non volevo scrivere un articolo ma solo farmi alcuni appunti, spunti per future avventure one shot. Ma come spesso accade, quello che comincia in una maniera, finisce poi in un’altra. E’ un pezzo scritto quasi di getto, ovviamente rivisto per evitare il più possibile che ci siano errori, ma meno ponderato degli altri pezzi del blog. Mi pareva però un peccato non pubblicarlo e così eccolo qua. Spero sarà utile a qualcuno, buone vacanze a tutti!