Ben ritrovati ad Horror Cult. Se
il film Halloween ha dato il via al sottogenere Slasher, è stata la saga di
Venerdì 13 a donargli la sua icona più famosa: Jason Voorhees, l’assassino con
la maschera da hockey. Jason ha imperversato sugli schermi cinematografici per
tutti gli anni ’80 con una media di quasi 20 omicidi a film, si è scontrato con
l’altrettanto famoso e infame Freddy Krueger, ha avuto il suo bel remake nel
2009 e, ciliegina sulla torta per il sottoscritto, si è visto pure dedicare una canzone da Alice Cooper, che ha prestato la sua voce graffiante e il suo
talento rock nella colonna sonora del 6° film della saga. Di fronte a tali
numeri noi devoti amanti dell’horror non possiamo che toglierci il cappello …
anzi, la maschera (da hockey), e questo articolo è il mio personale tributo
alla leggenda di Jason. La saga di Venerdì 13 si estende per la bellezza di 10
film, a cui si deve aggiungere l’incontro-scontro con Freddy Krueger nel film
“Freddy vs Jason” (2003) e il remake del 2009, per un totale di 12 pellicole,
un record nel genere horror ancora ineguagliato! Anche se vi sono dei
personaggi ricorrenti (penso soprattutto a Tommy Jarvis, nel 4°, 5° e 6°
capitolo), Jason Voorhees è il protagonista assoluto della saga: in ogni film
c’è una ragazza o una coppia che si salva dalla furia omicida di Jason, ma non
compare mai un vero e proprio antagonista positivo, come ad esempio il dottor
Loomis in Halloween.
Dopo ciò che ho scritto, è strano
pensare che in “Venerdì 13” (Friday the 13th, 1980), il primo capitolo della
saga, di Jason non vi sia quasi traccia! E’ Pamela Voorhees l’assassina del
film, ed uccide per vendetta, spinta dal dolore per la perdita dell’amato
figlio Jason. Appena undicenne, Jason affogò nel lago del campeggio di Crystal
Lake, complice la disattenzione dei sorveglianti che erano impegnati in più
piacevoli attività. Questa è una delle versioni della storia, mai del tutto
chiarita fino in fondo neppure nei film, dato che, secondo la signora Voorhees,
i ragazzi del campeggio ebbero un ruolo attivo nell’annegamento di Jason. Anche
sulla figura di Jason bambino ci sono delle ambiguità: in alcune immagini, come
ricordi o flashback, sembra un bambino normale; in altre appare come mostruoso
e deforme. Dato che sotto la maschera Jason è realmente orripilante,
probabilmente lo era anche durante l’infanzia, e ciò potrebbe spiegare come mai
i ragazzi del campeggio lo odiassero. Jason morì nel 1957; appena un anno dopo
la signora Voorhees uccise due sorveglianti del campeggio, accusandoli di aver
ucciso il suo Jason. Dal quel momento in poi il campeggio di Crystal Lake
rimase chiuso, e ogni tentativo di riaprirlo al pubblico si risolse sempre in
un fallimento a causa dell’intromissione (più o meno manifesta) della signora
Voorhees. Nel 1980 il proprietario del campeggio, Steve Christy, decide di fare
un ultimo tentativo, e assume un gruppo di ragazzi affinché lo aiutino
nell’impresa. Uno dopo l’altro, tanto i ragazzi quanto lo stesso Steve cadono
vittime della mano omicida della signora Voorhees, finché non resta solo la
giovane Alice. Alice si rende conto che c’è un assassino nel campeggio e chiede
aiuto alla signora Voorhees, non potendo mai immaginare che sia proprio lei la
responsabile. Tuttavia non ci mette molto a capirlo, dato che la signora Voorhees
inizia presto a vaneggiare: la sua mente impazzita le fa udire la voce del
piccolo Jason che la incita a vendicarlo, e così tenta di uccidere anche Alice.
Lo scontro finale tra le due donne avviene in riva al lago: Alice disarma
Pamela e la decapita con il suo stesso machete quindi, sfinita, sale su una
barca e prende il largo. La mattina dopo arrivano gli agenti di polizia, che la
trovano esattamente dove l’avevamo lasciata, dentro la barca al centro del lago.
Alice segnala la sua presenza ai poliziotti, ma in quel momento Jason sorge
dalle acque del lago e cerca di trascinarla a fondo. Alice urla e si
sveglia nel letto dell’ospedale, mentre i poliziotti la rassicurano. Che sia
stato tutto un sogno? Forse, eppure Alice sembra convinta che Jason sia ancora
li, nel lago, in attesa. Anche se siamo appena all’inizio, questo film possiede
già molte delle caratteristiche che ritroveremo durante l’intera saga.
Innanzitutto la colonna sonora: quando la signora Voorhees (e in seguito Jason)
è in azione, si sente la musica cambiare registro, con un motivetto inquietante
simile al frinire di un grillo che fa da preludio all’imminente omicidio. Anche
la creatività nelle uccisioni è un marchio della serie: mentre Michael Myers
utilizza quasi sempre un grosso coltello e occasionalmente la forza bruta,
Jason o sua madre utilizzano tutte le armi su cui riescono a mettere le mani,
anche le più improvvisate. Questo, comunque, non impedisce a Jason di avere
un’arma distintiva, nello specifico un bel machete che, insieme alla maschera
da hockey, contribuiscono a trasformare Jason in un’icona, in un simbolo
omicida ben riconoscibile. Altro segno distintivo della saga è nel
comportamento licenzioso di giovani e teenager: le coppiette trovano ogni scusa
per appartarsi e darsi al sesso sfrenato, finendo per allontanarsi dal resto
del gruppo e conseguentemente venir massacrate da Jason. Questa strana morale,
già introdotta dalla saga di Halloween, viene portata all’eccesso con Venerdì
13: le ragazze si comportano da ninfette in calore, mente i ragazzi sembrano
non aver in testa altro che il sesso, e non è un caso se la ragazza (o la
coppia) che si salva alla fine del film sia la più tranquilla ed equilibrata. Altra
caratteristica è il finale quasi onirico: Alice, la ragazza sopravvissuta,
viene attaccata da Jason morto uscito dal lago, salvo poi scoprire che
(probabilmente) era solo un incubo. Il finale a sorpresa è una caratteristica
comune a molti film horror, ma la particolarità, in questo caso, è che la scena
finale è spesso solo un sogno, così che possa essere ignorata o negata
all’inizio del film successivo.
Il secondo film della saga,
“Venerdì 13 parte II: L’assassino ti siede accanto” (Friday the 13th part 2,
1981), si apre con l’omicidio di Alice, la sopravvissuta del primo film.
Insospettita da alcuni rumori, Alice si dirige in cucina, scoprendo che
qualcuno ha lasciato la testa mutilata di Pamela Voorhees nel suo frigorifero;
neppure il tempo di gridare che uno sconosciuto le pianta un rompighiaccio
nella testa. Passano 5 anni, il campeggio di Crystal Lake, tristemente noto anche
come Campo di Sangue, è ancora chiuso. Un gruppo di ragazzi e ragazze arriva
nei pressi di Crystal Lake per fare un corso di istruttori di campeggio, e alla
luce del fuoco morente ascoltano la leggenda di Jason dalla bocca di Paul, il
capo del loro corso. A sentire questi, il cadavere di Jason non fu mai trovato dopo
il suo annegamento ed anzi, secondo i vecchi del posto, è ancora vivo e si
aggira nei pressi del lago sopravvivendo grazie alla caccia e a piccoli furti.
Neppure la madre era a conoscenza del fatto che Jason fosse ancora in vita, e dopo
la sua morte Jason si assunse il compito di vendicarla. Paul racconta questa
storia per spaventare e prendere in giro i ragazzi del suo corso … peccato però
che le cose stiano esattamente così! I film non chiariscono se Jason
sopravvisse all’incidente nel lago oppure morì e tornò in vita, ma il resto
della storia è verissimo: crebbe nei boschi intorno al campeggio vivendo quasi
come un’animale, creduto morto da tutti, persino dalla madre. La sera che
Pamela Voorhees fu uccisa, lui era presente, nascosto fra gli alberi; lo shock
di vedere sua madre assassinata lo spinse a vendicarsi prima di Alice, colei
che materialmente la uccise, quindi a rivolgere la sua furia contro gli
abitanti nei dintorni di Crystal Lake. Il massacro ha dunque inizio, e Jason fa
a pezzi i ragazzi del campeggio uno dopo l’altro, finché non restano soltanto
Paul e la sua ragazza, Ginny. Questa tenta di scappare, ma per sua sfortuna
finisce proprio nella baracca di legno dove vive Jason. Ginny si barrica
dentro, e mentre uno Jason furioso inizia a fare a pezzi la porta, fa una macabra
scoperta: Jason ha tenuto per se la testa decapitata della madre, l’ha messa
sopra al suo vecchio maglione sporco di sangue e ne ha fatto un macabro altare.
Sicura che da un momento all’altro Jason entrerà dalla porta, Ginny tenta il
tutto per tutto indossando il maglione e tentando di sistemarsi i capelli nello
stile della madre: quando Jason entra, lei gli parla come se fosse la signora
Voorhees, imponendogli di fermarsi. Jason tentenna e abbassa il piccone che
tiene in mano, Ginny solleva il machete per colpirlo, spostandosi però di quel
tanto che serve affinché Jason intraveda la testa decapitata della madre e
scopra così l’inganno. E’ l’arrivo di Paul a salvare Ginny, e mentre questi
inizia a lottare con Jason, distraendolo, la ragazza sferra un fendente che
colpisce Jason fra il collo e la spalla, abbattendolo. I due scappano e tornano
al campeggio, tutto sembra finito, ma Jason è ancora vivo e irrompe dalla
finestra. La scena si interrompe e il film riprende con la polizia e i medici
dell’ambulanza che portano via una Ginny sconvolta che invoca il nome di Paul,
senza nessuno che ha il coraggio di risponderle. La scena dell’irruzione di
Jason dalla finestra probabilmente è solo un sogno (come nel precedente finale)
ed infatti viene omessa nel riassunto degli eventi all’inizio del terzo film.
Ciò nonostante, questo finale onirico ci da la possibilità di dare uno sguardo
alla vera faccia di Jason, che per tutto il film è rimasta coperta da un sacco
di tela con soltanto un buco per gli occhi. Jason appare davvero mostruoso: il
lato destro della faccia è deformato, simile al volto di Sloth dei Goonies, solo
più mostruoso, mentre i pochi capelli rimasti sono lunghi e sporchi. La
maschera da hockey che diventerà presto il simbolo del personaggio deve ancora
venire, per adesso Jason è solo un rude montanaro assassino.
Si arriva così al terzo film, “Venerdì
13 parte III: Weekend di terrore” (Friday the 13 part III, 1982), che comincia
dove finiva quello precedente. Dopo il riepilogo degli eventi finali del
secondo film, viene mostrato come Jason, ferito dal machete di Ginny, riesca a
trascinarsi via dal luogo del massacro. Dopo aver ucciso una coppia che abita
nei pressi del lago, Jason si mette subito sulle tracce di un altro gruppo di
adolescenti. Si tratta di una banda di amici invitati a trascorrere il weekend
nella casa di una di loro, Chris. Mentre stanno arrivando con il furgone,
incrociano le auto della polizia e le ambulanze che stazionano nei pressi del
luogo della strage del film precedente, una scena che sta a sottolineare la
contiguità temporale degli eventi. Jason comincia la sua lenta opera di massacro
e fra i suoi bersagli, oltre ai ragazzi, ci sono pure tre teppisti in
motocicletta che avevano avuto degli screzi proprio con alcuni di questi
giovani. Jason li sorprende nel fienile dietro la casa e li uccide senza pietà.
Nel frattempo, Chris e il suo ragazzo Rick si allontanano nel bosco, e qui ha
luogo una scena molto importante: Chris rivela come qualche anno prima fu
aggredita nei boschi da un uomo armato di coltello, con il volto sfigurato.
Riuscì in qualche modo a cavarsela, i suoi ricordi dell’incidente sono
offuscati, ma da allora ha sempre avuto paura di tornare nella casa sul lago.
Il tipo sfigurato era con ogni probabilità proprio Jason, e bisogna dire che il
tempismo di Chris nel ritornare a casa è davvero eccezionale! Frattanto Jason
ha eliminato tutti i ragazzi ma, cosa più importante di tutti, ha finalmente
indossato la maschera da hockey che lo renderà un simbolo del genere horror.
Chris e Rick tornano dalla loro gita nel bosco giusto in tempo per capire che sta
succedendo qualcosa di orrendo; Jason elimina Rick e lo lancia attraverso la
finestra, irrompe nella casa e si prepara ad uccidere Chris, che tenta di darsi
alla fuga. Nel fienile avviene lo scontro finale: uno dei tre teppisti,
miracolosamente ancora vivo, tenta di fermare Jason, che però se lo scrolla di
dosso con facilità e inizia a farlo a pezzi col machete; grazie a questa
distrazione, Chris ha il tempo di raccogliere un’ascia e di vibrare un colpo al
volto mascherato di Jason, che crolla a terra. Chris fugge, raccoglie una barca
e trascorre la notte sul lago; al risveglio intravede Jason senza maschera,
vivo, che la osserva dalla finestra della sua casa. La ragazza urla di terrore,
ed in quell’istante il corpo putrefatto di Pamela Voorhees, la madre di Jason,
sorge dalle acque per cercare di trascinare a fondo la ragazza. Si tratta solo
di un incubo, come nella tradizione della saga: nella realtà Chris viene
accompagnata via dai poliziotti, con la mente sconvolta dall’orrore. L’ultima
inquadratura del film è per il corpo di Jason che giace a terra nel fienile,
con l’accetta ancora conficcata nella testa. E’ davvero morto?
Ovviamente no, e a dimostrarlo ci
pensa il quarto film della serie, “Venerdì 13 parte IV: Capitolo finale”
(Friday the 13th: The Final Chapter, 1984). Anche questo comincia dove termina il
precedente, il cadavere di Jason viene trasportato all’obitorio con
un’ambulanza. Jason si risveglia e trucida senza tanti complimenti due
infermieri, quindi fugge nella notte per ritornare a Crystal Lake. Nei dintorni
del lago vive la famiglia Jarvis, composta dalla madre, la figlia adolescente
Trish, il suo fratellino Tommy e il cane Gordon. La casa accanto alla loro è
stata affittata ad un gruppo di adolescenti arrivati per trascorrervi il
weekend. Come negli altri film della saga, i ragazzi si danno al sesso e al
divertimento senza limiti, ma uno dopo l’altro vengono massacrati da Jason. Intanto,
Trish fa la conoscenza di Rob, un autostoppista, che le rivela il motivo per
cui è venuto fino a Crystal Lake: sua sorella è stata uccisa da Jason (nel
secondo film) e adesso lui vuole vendicarsi, in quanto è convinto che Jason sia
ancora vivo. Trish torna a casa sua con Rob, ma scopre che la madre è
misteriosamente sparita. Anche lei, purtroppo, è caduta vittima della
carneficina di Jason, e poco dopo viene ucciso pure Rob. Trish e il piccolo
Tommy si riparano in casa, ma niente può fermare Jason, che riesce ad irrompere
nell’abitazione armato di machete. Jason blocca a terra la povera Trish, ma (anche
stavolta) viene distratto un attimo prima di vibrare il colpo fatale: Tommy si
rasa i capelli per assomigliare a Jason come era da piccolo, dopo aver visto un
disegno su un articolo di giornale che conteneva il racconto di Alice, la
sopravvissuta del primo film. Jason ferma il suo attacco e si avvicina a Tommy,
Trish raccoglie il machete lasciato cadere da Jason e lo colpisce al volto, facendogli
saltare via la maschera e rivelando il suo viso deforme. La ragazza strilla di
paura e indietreggia verso il muro, Jason si volta verso di lei ignorando il
piccolo Tommy; il ragazzino non si perde d’animo, afferra il machete e sferra
un colpo violentissimo alla faccia di Jason, quasi tagliandogli in due il
volto. Jason crolla a terra in un lago di sangue mentre Tommy, in preda ad un
raptus psicotico, infierisce con l’arma sul cadavere. Cambio di scena, e
vediamo Trish in un letto di ospedale mentre parla con i dottori, cercando di
avere una spiegazione per il comportamento di Tommy. I dottori cercano di
confortarla, attribuendo il tutto allo shock ed al trauma emotivo, poi escono
dalla stanza e permettono a Tommy di vedere la sorella: mentre i due si
abbracciano, la telecamera indugia sul volto di Tommy, permettendoci di vedere i
suoi occhi vacui, lo sguardo perso nel vuoto. Il film termina e questa volta
per Jason sembra non esserci nulla da fare, è davvero morto …
Morto o vivo che sia, la saga
continua con il quinto film, “Venerdì 13 parte V: Il terrore continua” (Friday
the 13th: A New Beginning, 1985). Sono passati alcuni anni dagli eventi del precedente
film, e non sono stati piacevoli per Tommy Jarvis, ora un adolescente
tormentato. A seguito dello shock subito dall’aggressione di Jason, Tommy è
stato ricoverato in diversi ospedali psichiatrici e imbottito di farmaci, ma
senza alcun risultato: nei suoi incubi non può fare a meno di vedere Jason.
Queste allucinazione sono estremamente realistiche e angoscianti, e talvolta si
manifestano anche quando è sveglio. Il film inizia con Tommy che sogna il
ritorno in vita di Jason; quando si sveglia, scopriamo che si trova in una
macchina dei servizi sociali che lo sta portando in un nuovo istituto. Questo
si trova in aperta campagna, non troppo lontano da Crystal Lake; qui Tommy si
unisce agli altri ragazzi dell’istituto, gestito con gentilezza da Matt Letter
e dalla sua assistente Pam Roberts. Una mattina, durante un litigio, uno dei
ragazzi più violenti colpisce ed uccide un suo compagno con una grossa ascia.
La polizia arresta il colpevole, ma da quel momento inizia una sequela di
omicidi impressionanti: le vittime non sono solo gli altri ragazzi
dell’istituto, ma anche gli abitanti dei dintorni. Il capo della polizia si
convince che l’omicida deve essere il famigerato Jason Voorhees, ma il sindaco
della città liquida questa ipotesi come una sciocchezza, dato che Jason è morto
da anni e il suo cadavere è stato cremato. Gli omicidi continuano, soltanto
Pam, Tommy e un ragazzino di nome Reggie sono ancora vivi. L’assassino si
rivela ed apparentemente è proprio Jason: indossa una maschera da hockey su
quella che sembra una testa deforme. Lo scontro finale avviene in un granaio,
gli sforzi combinati dei tre ragazzi danno i loro frutti e Jason precipita da
un soppalco finendo impalato su alcuni spuntoni di metallo. La maschera gli
cade dal volto e ci viene rivelata l’identità dell’assassino che, ovviamente,
non era Jason, bensì il padre dello sfortunato ragazzo ucciso durante la lite
all’istituto. Il suo nome era Roy Burns e aveva abbandonato il figlio minorato
appena nato per la vergogna; la sua morte, tuttavia, lo ha sconvolto al punto di
iniziare ad uccidere per vendetta, mentre l’idea di indossare la maschera di
Jason per camuffare la propria identità gli è venuta sentendo parlare lo
sceriffo. La scena si sposta all’ospedale, Pam va a trovare Tommy per accertarsi
che stia bene, ma viene pugnalata a sorpresa dallo stesso ragazzo! Il tutto è
ovviamente un sogno dello stesso Tommy, che però è ormai al limite della sanità
mentale: quando Pam entra realmente nella sua stanza per andare a trovarlo, non
si accorge che il ragazzo è alle sue spalle, con la maschera di Jason sul volto
e in mano un minaccioso pugnale …
Il sesto film della saga,
“Venerdì 13 parte VI: Jason vive” (Friday the 13th Part VI: Jason Lives, 1986),
vede il ritorno in campo del vero Jason. Ancora un volta il motore della storia
è Tommy Jarvis: ignorando completamente il finale del film precedente che lo
vedeva scivolare nella pazzia, il ragazzo sopravvissuto a Jason decide che è il
momento di farla finita una volta per tutte con i suoi incubi. Si dirige quindi
alla volta del cimitero di Crystal Lake, insieme ad un amico, allo scopo di
distruggere il corpo di Jason, nonostante nel film precedente fosse stato detto
che era stato cremato. Tommy e il suo amico Alan scoperchiano la bara di Jason,
rivelando un corpo in avanzato stato di putrefazione, con i vermi che
strisciano dentro e fuori il suo volto deforme. Tommy ha un raptus di furore,
strappa un’inferriata di metallo e impala ripetutamente il cadavere di Jason,
ma in quel momento un fulmine colpisce il palo e, proprio come Frankenstein, la
sua energia infonde nuova vita in Jason. Nel tentativo di distruggere per
sempre il suo corpo, Tommy ottiene paradossalmente l’effetto opposto, quello di
riportarlo in vita, e non solo: se finora Jason, pur essendo molto forte e
resistente, era sostanzialmente umano, il Jason rinato dalla tomba appare invece
come uno zombie immortale, dotato di una potenza inarrestabile. Una potenza che
Jason dimostra subito strappando il cuore del povero Alan; Tommy tenta di dare
fuoco a Jason, come era sua intenzione fare sin dall’inizio, ma la pioggia
frustra il suo tentativo e non gli resta altro da fare che fuggire. Si dirige
dallo sceriffo di Crystal Lake, che adesso ha cambiato nome in Forest Green allo
scopo di far dimenticare al mondo la sua lugubre fama, e tenta di convincerlo
del ritorno di Jason. Lo sceriffo Garris ovviamente non crede ad una parola e
lo sbatte in carcere. Sarà Megan, la figlia dello sceriffo, a credere nella sua
storia ed a liberarlo; intanto Jason è libero di tornare ad uccidere, e vi
dedica subito tutta la sua attenzione. Lo sceriffo Garris pensa che il
responsabile dei nuovi omicidi sia proprio Tommy, anche per via del suo
passato, ma alla fine è costretto a riconoscere la verità: troppi delitti sono
avvenuti mentre Tommy era in compagnia della figlia. Garris affronta Jason
presso il lago insieme a due assistenti ma è inutile, Jason li trucida tutti e
tre. Tommy si sente personalmente responsabile di ciò che sta avvenendo e
studia un piano per eliminare definitivamente Jason: se l’acqua l’ha ucciso la
prima volta, allora l’acqua lo fermerà anche in questa occasione. Si dirige al
centro del lago con una barca, trasportando un grosso masso legato ad una
catena: il suo obiettivo è di legarla al collo di Jason e di lasciarlo
affondare. Il piano riesce per metà: Jason è intrappolato dalla catena e
precipita nelle fredde acque, ma ha la forza di trascinare Tommy con se. E’
Megan a salvare la situazione tuffandosi in acqua e raggiungendo la barca: le
eliche del motore feriscono gravemente Jason e lo obbligano a mollare la presa
su Tommy; questi viene prontamente recuperato da Megan che lo riporta a riva e
gli pratica un salvifico massaggio cardio-polmonare. I due ragazzi si
abbracciano sulle rive di Crystal Lake mentre scrutano le buie acque,
chiedendosi se sono riusciti nell’impresa. L’ultima immagine del film è per
Jason, bloccato dal masso e dalla catena, ma ancora vivo e pronto a tornare
appena ne avrà la possibilità.
L’opportunità gli si presenta in
fretta, nel settimo film della saga, “Venerdì 13 parte VII: Il sangue scorre di
nuovo” (Friday the 13th part VII: The New Blood, 1988). Protagonista di questa
storia (oltre a Jason, ovviamente) è Tina Shepard: per via del risvegliarsi dei
suoi poteri telecinetici, da bambina causò la morte del padre, che affogò a
Crystal Lake. Alcuni anni dopo, una Tina più cresciuta ritorna nella sua
vecchia casa sul lago, insieme alla madre e al dottor Crews, per tentare di
guarire dallo shock e dal profondo senso di colpa. La ragazza indugia sulle
rive del lago, desiderando di riportare in vita il padre con i suoi poteri; sarà
invece Jason a riemergere dalle acque del lago, pronto per un nuovo massacro.
Accanto alla casa di Tina alcuni ragazzi si sono dati appuntamento per una festa
di compleanno, e saranno loro ad essere le prime vittime del rinato Jason.
Mentre Tina continua ad avere orribili incubi, la madre accusa il dottor Crews
di essere un imbroglione, il cui unico scopo è quello di studiare i poteri della
figlia invece di provare a guarirla. Jason uccide entrambi per non fare torto a
nessuno, e si arriva così al momento della sfida finale: i poteri di Tina
contro l’immortalità di Jason. La ragazza fa crollare in testa a Jason travi e
pareti, oltre a sforacchiarlo con chiodi e punteruoli, ma nulla riesce a fermarlo
e così tenta di dargli fuoco, incendiando il gas delle condutture e facendo
esplodere la sua casa. Neppure questo basta, però: Jason è ancora vivo, anche
se ormai d’aspetto totalmente mostruoso, e la raggiunge sul pontile del lago,
mettendola alle strette. Tina, disperata, da fondo ai suoi poteri, e riesce ad
evocare il suo defunto padre annegato, il quale balza alle spalle di Jason, lo incatena
e lo trascina nuovamente in acqua. Il film termina con la classica scena della
polizia e dei pompieri che ripuliscono la scena del crimine, mentre Tina viene
portata via in ambulanza, chiedendosi se questa è davvero la fine per Jason …
Chiaramente no, e a dimostrarlo
ecco l’ottavo film della serie, “Venerdì 13 parte VIII: Incubo a Manhattan”
(Friday the 13th: Jason Takes Manhattan, 1989). Due ragazzi, Jimmy e Suzie, si
stanno godendo una vacanza su un piccolo yacht, in attesa di salpare il giorno
dopo alla volta di New York insieme ai loro compagni di classe per festeggiare il
diploma. L’ancora dello yacht danneggia un cavo elettrico subacqueo, la cui
energia riporta in vita Jason, più o meno come era successo nel sesto capitolo
della saga. Jason sale a bordo della nave, trova una maschera da hockey per
rimpiazzare quella che aveva perso nella battaglia con Tina, quindi massacra i
due ragazzi. Non pago di ciò, decide di salire a bordo della nave da crociera
Lazarus, quella dove si trovano i compagni di classe delle sue prime vittime,
insieme con la professoressa Van Deusen e l’odioso preside Mc Culloch. La
scelta degli sceneggiatori di abbandonare le tradizionali atmosfere di Crystal
Lake per puntare su qualcosa di diverso è in parte da applaudire, in parte da
censurare. Dopo 7 film, la storia di un serial killer che uccide gli sventurati
campeggiatori che incrociano la sua strada comincia a diventare ripetitiva,
ma prendere Jason e spostarlo a New York, secondo me, va contro l’indole dello
stesso personaggio. Jason uccide coloro che invadono il suo spazio vitale a
Crystal Lake, e lo fa soprattutto come una forma di vendetta per l’omicidio
della madre. Che motivo avrebbe di andare a New York? Quale sarebbe il suo
movente per gli omicidi? Gli sceneggiatori hanno deciso di ignorare le
motivazioni fondamentali che stanno alla base dell’agire di Jason,
considerandolo una semplice macchina assassina che non ha altro scopo se non
l’omicidio fine a se stesso. Sia quel che sia, Jason è ora a bordo della
Lazarus, dove comincia il massacro di studenti e professori. Con la morte del
capitano e del secondo in comando, i ragazzi si accorgono che qualcosa non va;
mentre i più coraggiosi (o i più stupidi) di loro vanno in cerca
dell’assassino, finendo per essere trucidati da Jason uno dopo l’altro, Sean,
il figlio del capitano, tenta di governare la nave con alterni risultati. I
pochi sopravvissuti decidono infine di evacuare la nave, i danni che Jason ha
inflitto ai motori sono troppo gravi: la scialuppa di salvataggio viene calata
in mare, e su di essa trovano posto Sean, la professoressa Van Deusen, il
preside Mc Culloch, sua nipote Rennie e un altro studente, Julius. Sean è un
buon navigatore, nonostante le critiche che l’odioso preside gli rivolge ogni
minuto, e riesce a portare i naufraghi sani e salvi fino al porto di New York.
Le banchine appaiono desolate ed immerse in un’atmosfera surreale, abitate da
senzatetto e delinquenti. Ma questo è il minimo, poiché Jason è riuscito a
seguire a nuoto i superstiti, ed approda pure lui a Manhattan. Lo scontro
ricomincia e Jason uccide chiunque gli capita a tiro, teppisti e barboni
compresi. Dopo aver trucidato alcuni dei naufraghi, l’immortale zombie con la maschera
insegue Rennie e Sean fin sotto le fogne cittadine. I condotti stanno per
essere allagati con dell’acqua contaminata; i due ragazzi riescono a trarsi in
salvo all’ultimo secondo, mentre Jason precipita nelle acque tossiche: il suo
corpo sembra sciogliersi come nell’acido, o forse finisce semplicemente
annegato, la scena è in parte onirica e non è chiaro cosa avviene realmente. Quel
che è certo è che, almeno per il momento, Jason è stato fermato. Questo film si
muove sulla scia dei predecessori sotto ogni punto di vista, tranne per lo
scenario. Anche se Jason a Manhattan era del tutto fuori ruolo, ammetto che ero
abbastanza curioso di vedere come sarebbe andata a finire e mi dispiace dire
che l’ho trovato abbastanza deludente. Il film è ambientato per due terzi sulla
nave, solo l’ultima parte è dedicata a New York; inoltre, ci si aspetterebbe di
vedere Jason interagire con i simboli della città, ma in realtà si limita a
scorrazzare per vicoli deserti, deludendo parecchio le aspettative. Anche la
risoluzione finale della trama, con Jason che finisce annegato/sciolto nelle
acque tossiche è un po’ assurda: come è possibile che nelle fogne di New York sia
presente dell’acqua contaminata con tanta leggerezza? A parte questo, il film
si attesta sui livelli classici della saga.
Non è possibile dire lo stesso
del nono film della serie, “Jason va all’inferno” (Jason Goes to Hell: The
Final Friday, 1993), che segna l’inizio della parabola discendente della saga.
Il film si apre con Jason che tenta tenta di uccidere una ragazza a Crystal
Lake, senza alcuna spiegazione su come sia tornato in vita, né su come abbia
fatto a tornare da New York a Crystal Lake. La ragazza che Jason sta inseguendo
in realtà è un’agente di polizia che ha il compito di farlo cadere in trappola:
all’improvviso dai cespugli spunta fuori un’intera squadra SWAT che, dopo aver
crivellato di colpi Jason, finisce il lavoro con delle bombe, facendolo
letteralmente a pezzi. Un urlo di vittoria erompe dalla gola degli agenti,
increduli di essere riusciti a compiere l’impossibile, quindi recuperano i
pezzi sanguinanti del cadavere e se lo portano via. Non so voi, ma a me questa
scena puzza di cazzata: immaginare che un intero corpo di polizia si sia messo
sulle tracce di Jason, riuscendo ad intrappolarlo e a riempirlo di bombe … beh,
sembra più un action movie che un film horror. Purtroppo le stupidaggini non
sono finite, e la più grossa arriva subito dopo: mentre il coroner tenta
un’autopsia sui pochi resti di Jason, il suo cuore inizia a pulsare,
ipnotizzando il dottore che in un raptus improvviso inizia a divorarlo! Lo
spirito di Jason abbandona il suo corpo smembrato per entrare in quello del
povero dottore, riuscendo così a possederlo! Questo potere di trasmigrazione
che Jason dimostra “improvvisamente” di possedere, è una vera assurdità: se lo
possedeva, perché non l’ha utilizzato prima? Per esempio quando Tommy Jarvis lo
uccise realmente nel quarto film della saga? Al di là dei grossi dubbi di
continuity che pone questo potere, il punto centrale della questione è che tale
facoltà è del tutto senza senso per il personaggio di Jason, ma torniamo al
film. Mentre Jason torna a vivere (e ad uccidere) nel corpo del coroner, il
famoso cacciatore di taglie Creighton Duke viene intervistato alla TV. Duke si
dice assolutamente sicuro che Jason sia ancora vivo, dimostrando di conoscere
il suo potere di trasmigrazione, e conclude l’intervista in maniera enigmatica lasciando
intendere che soltanto lui sa come uccidere Jason definitivamente. Secondo
Duke, Jason cerca il corpo di un familiare per tornare in vita stabilmente,
dato che i corpi degli estranei che riesce a possedere vengono consumati troppo
rapidamente dal suo spirito; allo stesso modo, così come un familiare può
donargli una resurrezione definitiva, solo un membro della sua famiglia
potrebbe ucciderlo una volta per tutte. La prima cosa che mi sono chiesto, dopo
aver sentito Duke dire questa scemenza, è stata: come diavolo fa a sapere
queste cose? E la seconda: familiari di Jason? Quali? E da dove spuntano? Alla
prima domanda non c’è risposta (per fortuna, aggiungo io, dato che la risposta
rischiava di essere più stupida della domanda); in merito ai familiari di
Jason, invece, il film ne tira fuori ben tre: Diana Kimble (sorellastra di
Jason), sua figlia Jessica e la neonata Stephanie, figlia di Jessica. E’ quasi
superfluo far notare come non si sia mai parlato di altri parenti di Jason nei
film precedenti, ma tant’è. Indossando ogni volta un corpo differente, Jason
tenta di mettere le mani prima su Diana, ma riesce solo ad ucciderla, quindi
punta su Jessica e la piccola Stephanie. Ad aiutarle ci sarà Steven, il padre
della piccola, e lo stesso Duke. Lo scontro finale avviene nella vecchia casa
dei Voorhees a Crystal Lake: utilizzando un pugnale sacrificale magico che il
solito Duke tira fuori non si da dove, Jessica e Steven riescono ad uccidere
definitivamente Jason, che viene trascinato all’inferno dalle sue stesse
vittime. L’ultima immagine del film è il guanto artigliato di Freddy Krueger
(!!!) che spunta dalla terra, afferra la maschera di Jason e la trascina sotto
terra con se! Un finale a sorpresa che sembra alludere ad un futuro scontro fra
le due icone dell’horror; lo scontro ci sarà davvero, ma per vederlo i fan hanno dovuto
attendere dieci anni. Nonostante la trama improbabile e i colpi di scena
uno più assurdo dell’altro, questo film riesce a salvarsi dal completo disastro
per diverse ragioni. Il finale con l’artiglio di Freddy Krueger è certamente
una di esse, così come le numerose scene splatter, tra le migliori della serie.
Un altro motivo è la doppia citazione/omaggio ai film della serie de “La Casa”
di Sam Raimi: il libro del Necronomicon che si trova nella vecchia abitazione
di Jason, e il pugnale sacrificale usato da Duke. La presenza del Necronomicon è
importante soprattutto per le sue implicazioni: forse Pamela Voorhees ha
utilizzato questo libro maledetto per far tornare in vita Jason, e in ogni caso
potrebbe essere tale oggetto il responsabile della sua semi immortalità.
Purtroppo non ci sono scusanti
per il decimo e ultimo film della saga, “Jason X – Morte Violenta” (Jason X,
2002), che è davvero pessimo come appare. Siamo alla fine degli anni 2000, e
Jason si trova imprigionato in un centro di ricerche segreto vicino a Crystal
Lake. L’organizzazione che lo tiene in custodia decide di ibernarlo, dato che
non sembra possibile uccidere il soggetto … ma le hanno davvero provate tutte,
tipo a nuclearizzarlo o a buttarlo nella lava? Chissà … comunque Jason riesce a
liberarsi ed insegue la dottoressa Rowan per ucciderla. La scienziata è
abbastanza furba da portare Jason fino alla camera di ibernazione e riesce a
chiudervelo dentro, ma non riesce ad evitare un colpo mortale da parte del suo
machete. Il computer della struttura dà inizio al processo di congelamento,
bloccando nella stessa stanza sia Jason che la morente Rowan. Passano quattro
secoli, e nel 2455 un gruppo di scienziati, studenti universitari ed alcuni
militari di supporto atterrano sulle rovine devastate della Terra. Chiaramente
le cose non sono andate troppo bene per il nostro pianeta, ma il film non si
sofferma troppo su questo punto: la razza umana ora vive nello spazio o su
altri pianeti e questi scienziati stanno cercando tracce dell’antica civiltà
della Terra. Sfortuna vuole che si imbattono nella camera criogenica che
contiene Jason e la dottoressa Rowan. Grazie alla tecnologia del futuro, la
bella scienziata viene riportata in vita; Jason invece non ha bisogno di
nanomacchine per tornare in vita, fa tutto da solo e ricomincia a fare ciò che
sa fare meglio: uccidere. Rowan avverte i militari del pericolo che corrono e,
stranamente per questo genere di film, le credono pure, cominciando una caccia
all’uomo nell’astronave. Non importa se sono dei cazzuti soldati spaziali con
fucili più grandi di loro, Jason riesce ad ammazzarli tutti, quindi comincia ad
uccidere gli scienziati e gli studenti. L’androide femminile K.M., armata fino
ai denti, riesce ad uccidere Jason, ma il suo corpo smembrato finisce sopra uno
dei lettini di rigenerazione che lo riporta in vita, più potente e corazzato
che mai. Ora Jason è uno zombie cyborg immortale e si prende la sua rivincita
sull’androide K.M. staccandole la testa; i pochi superstiti, fra cui la
dottoressa Rowan, riescono a fuggire dall’astronave, facendola poi saltare in
aria. Il corpo di Jason precipita per lo spazio e attraverso l’atmosfera del
pianeta Terra 2. Nell’ultima scena vediamo una coppia di giovani che si sta
baciando nei pressi di un lago, osservando una stella cadente attraversare il
cielo notturno fino a precipitare in acqua. La maschera da hockey distrutta affonda
lentamente, lasciandoci nel tradizionale dubbio se Jason sia ancora vivo o no.
Nel complesso si tratta di un film abbastanza brutto: la trama è banale, le
uccisioni sono poco splatter, gli effetti speciali necessari a rendere
credibile il futuro e la sua tecnologia sono pessimi ed è proprio questo il
grosso difetto del film. Prendiamo ad esempio i militari che danno la caccia a
Jason; si potrebbe supporre che con la tecnologia del 2455 dovrebbe essere uno
scherzo trovarlo e localizzarlo, invece non hanno nessun tipo di attrezzatura
speciale, neppure dei pidocchiosi occhiali per vedere al buio! Hanno soltanto
delle armi più grosse e dal look futuristico, che però sparano proiettili
esattamente come le armi odierne. Non c’è da stupirsi se Jason li massacra
senza problemi facendo far loro la figura dei polli! L’ultimo film della serie
avrebbe meritato di essere qualcosa di speciale, e non questo aborto
malriuscito.
In realtà c’è un altro film che
fa parte della saga di Venerdì 13, ed è quello in cui Jason si scontra con
Freddy Krueger in persona! “Freddy vs Jason” è uscito nel 2003, quindi solo un
anno dopo Jason X, ma va collocato cronologicamente prima di quest’ultimo. Non
temete, ci sarà la recensione anche di questo crossover, ma solo dopo che mi
sarò occupato della saga di Nightmare, il cui artigliato protagonista è proprio
Freddy. Resta pertanto da considerare soltanto il remake, “Venerdì 13” (Friday
the 13th, 2009). Il film cerca di condensare in un’ora e mezza tutto ciò che
Jason ha fatto ed è stato nel corso degli anni; più che un remake, si potrebbe
dire che il film è un collage di situazioni tratte dai film precedenti.
All’inizio del film viene mostrata l’uccisione di Pamela Voorhees, il famoso evento
che scatenerà la rabbia omicida di Jason; si passa quindi al massacro di alcuni
campeggiatori da parte di un Jason che non indossa ancora la famosa maschera da
hockey, bensì un sacco con i buchi per gli occhi. Il fratello di una delle
vittime, Clay, arriva a Crystal Lake nella speranza di trovare sua sorella
viva; incontra un gruppo di ragazzi in vacanza per il weekend e insieme a loro
finisce sotto l’attacco da parte di Jason (stavolta con la maschera). La
sorella di Clay, Whitney, è davvero ancora viva: è tenuta prigioniera da Jason
nel suo covo unicamente perché le ricorda sua madre. Proprio la somiglianza con
la defunta Pamela Voorhees sarà l’espediente che useranno i due fratelli per
rallentare Jason, riuscendo in seguito ad ucciderlo. Clay e Whitney gettano il
cadavere nelle acque del lago, grati e increduli di essere sfuggiti alla morte,
ma un istante dopo il pontile va in frantumi e Jason riemerge dal lago per
cercare di trascinare Whitney con se. Tanto le vicende del film, quanto il suo
finale, richiamano in maniera palese le scene già viste lungo tutta la saga di
Venerdì 13, non serve neppure evidenziarle una ad una per quanto sono evidenti.
Il remake non è malvagio, ma per qualche motivo non mi ha preso come i vecchi
film della serie: un senso di deja-vu pervade la pellicola e anche sul versante
splatter non si raggiungono grossi risultati, anche se bisogna ammettere che è difficile
essere creativi ed originali dopo quasi 160 omicidi sparsi in oltre dieci film.
Jason Voorhees è un tipico
prodotto degli anni ’80, con i suoi pregi, i suoi difetti e i suoi cliché;
l’horror è andato avanti e il genere slasher attualmente è un po’ alla frutta.
Anche se le situazioni dei film sono quasi sempre le stesse, con dei ragazzi
presi a fare sesso o stupidamente distratti che vengono massacrati uno dopo
l’altro, mi sono divertito parecchio a vedere tutti i film della serie in
ordine, alcuni dei quali per la prima volta. In diverse occasioni mi sono
trovato a tifare per Jason, tanto erano stupide ed irritanti le sue giovani
vittime! Lo scontro finale che avviene in ogni film tra Jason e l’ultima
ragazza superstite, poi, vale quasi sempre il prezzo del biglietto. La saga si
conclude un po’ fiaccamente a causa degli ultimi due episodi che sono davvero
debolucci, ma nel complesso è stata una bella esperienza e mi sento di
consigliarla a tutti, che siano giovani fan dei film horror o vecchi aficionado
di pellicole anni ’80.