Ben ritrovati sul blog. Complice l’uscita de “Gli Anelli del Potere”, la serie di Amazon Prime che mette in scena la Seconda Era della Terra di Mezzo, su internet sono apparsi numerosi articoli e video dedicati al mondo di J.R.R. Tolkien. Non solo recensioni ed analisi della serie, come è logico aspettarsi, ma anche riflessioni sull’opera di Tolkien in generale. Al di là di quello che pensate della serie, è innegabile che la grande attenzione mediatica a lei dedicata ha portato nuove persone ad interessarsi (e spero ad appassionarsi) a Tolkien ed alla Terra di Mezzo. In particolare, mi sono imbattuto in diversi video in cui si cerca di spiegare, al lettore neofita, quale sia il giusto ordine per approcciarsi agli scritti di Tolkien. Purtroppo, ed è il motivo per cui sto scrivendo questo articolo, in alcune occasioni è stato suggerito un approccio cronologico, che indica il Silmarillion quale primo libro da cui iniziare. Anche senza non considerare la maggior difficoltà di lettura di un’opera come il Silmarillion rispetto allo Hobbit o al Signore degli Anelli (difficoltà che potrebbe mettere seriamente a rischio il proseguo della lettura di tutto il ciclo Tolkeniano), ritengo questo approccio totalmente sbagliato per almeno due motivi.
Prima di analizzare questi motivi, però, facciamo un passo indietro e cerchiamo di classificare rapidamente le opere di Tolkien (sia quelle scritte direttamente da lui, che quelle pubblicate dal figlio). Le opere principali di Tolkien sono lo Hobbit e il Signore degli Anelli. Sono gli unici libri pubblicati da lui stesso in vita e sono strettamente legati. Ne “Lo Hobbit” viene narrata un’avventura di Bilbo Baggins con i nani, Gandalf, Gollum e il drago Smaug; potrebbe anche finire qui, se non fosse che Bilbo trova un piccolo anello d’oro in grado di renderlo invisibile. Questo anello è l’Unico Anello, forgiato da Sauron, l’Oscuro Signore ed è l’evento che darà il via agli eventi e alle battaglie ne “Il Signore degli Anelli”. Bilbo è invecchiato, pertanto il testimone passa a suo nipote Frodo, che insieme a Sam, Merry e Pipino, rappresenteranno la gente piccola (e in definitiva il lettore) all’interno di un mondo che, rispetto a quanto mostrato nel primo libro, aumenta esponenzialmente di dimensioni, complessità, intrecci e personaggi. Il Silmarillion, opera a cui Tolkien lavorò per tutta la vita ma che non terminò mai, è di fatto un gigantesco prequel/antefatto degli eventi presentati negli altri due libri. È una storia dell’intero mondo di Arda, con la sua creazione, le sue pseudo-divinità, la nascita degli elfi e degli uomini e tanto altro ancora. Non c’è un protagonista unico, ma tanti eventi e personaggi che coprono millenni di tempo vissuto. Se vi viene in mente la Bibbia, non siete troppo lontani dalla verità. I Racconti Incompiuti sono scritti su vari argomenti che approfondiscono la storia di alcuni eventi, personaggi o addirittura oggetti (es. i Palantiri).
Cosa resta? Restano i Racconti Perduti (2 volumi), parti di un’opera più grande in 12 volumi (la storia della Terra di Mezzo, ancora inedita in Italia ma le cose stanno per cambiare), pubblicata da Christopher, il figlio di Tolkien, che contengono le versioni precedenti e/o scartate de “Il Silmarillion”; restano le varie lettere di Tolkien ad amici, parenti e scrittori, utili a capire il pensiero dell’autore; restano libri come “I figli di Hurin”, “Beren e Luthien” e “La caduta di Gondolin”, che espandono storie già presenti nel Silmarillion, anche queste pubblicate postume. Nessuna di queste opere ci interessa ai fini di decidere in che ordine approcciarsi agli scritti di Tolkien: non solo alcune non sono neppure narrativa (es. le lettere) ma abbiamo a che fare con bozze o versioni preliminari di qualcosa che troveremo in forma compiuta nei libri principali. Rimangono dunque quattro opere (quelle in neretto). Il Silmarillion, come si è già accennato, non è adatto ad introdurre un nuovo lettore al mondo di Tolkien (un po' di pazienza e spiegherò perché); i Racconti Incompiuti neppure, in quanto espandono la conoscenza di luoghi e personaggi che già si dovrebbero conoscere. Restano lo Hobbit e il Signore degli Anelli. Cronologicamente parlando, lo Hobbit viene prima, avrebbe senso iniziare da lì. Si tratta di un testo snello, scritto come fosse una fiaba, forse perfetto per chi vuole iniziare. Ho scritto forse, però. Proprio il suo essere una fiaba allontano lo Hobbit da quello che la gente si aspetta da Tolkien, una narrativa fantasy epica. Il Signore degli Anelli riassume ampiamente l’antefatto da cui prende il via (la scoperta dell’anello di Bilbo) e fornisce molte più informazioni sugli hobbit e la Contea di quanto non facesse il libro precedente. Pertanto, è assolutamente possibile iniziare direttamente dalla “piatto principale”, immergendosi subito nella Guerra dell’Anello e recuperando in seguito lo Hobbit. Sono entrambe scelte valide: seguire un percorso cronologico o puntare direttamente al cuore della storia. Quello che è sicuramente sbagliato, invece, è iniziare con il Silmarillion, e ora (finalmente) vi spiegherò il perché.
Il primo motivo per non iniziare a leggere Tolkien con il Silmarillion è, paradossalmente, proprio di natura cronologica. Il Silmarillion narra con grande dettaglio gli eventi della Prima Era, ma non trascura né la Seconda Era, a cui dedica un esteso capitolo, né la Terza Era, riassumendo in breve gli eventi dello Hobbit e del Signore degli Anelli. Questo vuol dire che, se un nuovo lettore iniziasse a leggere Tolkien con il Silmarillion, si farebbe un grosso “spoiler” su tutti gli altri libri. Astrattamente, sarebbe forse possibile iniziare a leggere il Silmarillion, fermarsi al momento giusto, leggere lo Hobbit e il Signore degli Anelli, quindi completare il Silmarillion. Questo approccio però, per un nuovo lettore, risulterebbe molto complicato, senza considerare che trovare il momento corretto in cui interrompere la lettura del Silmarillion non è affatto facile.
In ogni caso, c’è secondo motivo che sconsiglia tutto ciò, ed è quello più importante di tutti. Gran parte del fascino del Signore degli Anelli sta nell’impressione di una storia più ampia sullo sfondo. Gli eventi del libro si svolgono sul finire della Terza Era, quindi al culmine di millenni di storia passata. Questi eventi conferiscono antichità alla Terra di Mezzo e le danno un background (oggi si direbbe una “lore”) che rende più credibile, reale ed affascinante la storia narrata. Quando Aragorn accenna alla storia di Beren e Luthien, quando Elrond racconta di Celebrimbor, o nel canto di Gimli a Moria, tutti questi rimandi al passato mitico della Terra di Mezzo danno all’opera una profondità senza paragoni. Lo stesso Tolkien rifletteva se fosse il caso di narrare (e pubblicare) le molte storie che fanno da sostrato alla Guerra dell’Anello. Il rischio, secondo lo stesso autore, era di togliere la magia all’opera principale, senza considerare poi che le varie storie, singolarmente prese, non avrebbero avuto una cornice narrativa. Il Silmarillion è un’opera affascinante, non semplice da leggere, e noi lettori siamo grati a Christopher Tolkien per averla pubblicata. Quel che è certo, però, è che iniziare a conoscere Tolkien con il Silmarillion è uno sbaglio che si rischia di pagar caro, rovinandosi la lettura de Lo Hobbit e del Signore degli Anelli e togliendo a queste opere la loro specificità. Il Silmarillion si può meglio apprezzare dopo aver letto i libri principali di Tolkien: solo allora il lettore avrà la capacità di capire la monumentalità di quest’opera.