Se ripenso oggi a Civil War, la prima cosa che mi viene in
mente è la voglia matta che avevo di leggerla. Non mi andava di aspettare
l’edizione italiana, sarebbe arrivata con troppi mesi di ritardo, con il
rischio, poi, che nel frattempo qualche spoiler a tradimento sui forum di
fumetti mi svelasse la fine. Armato di un dizionario di inglese e molta
pazienza, mi misi a leggere le scansioni che avevo scaricato da internet.
L’impatto fu fortissimo: disegni fenomenali, eroi in costume che se le davano
di santa ragione, frasi tamarre pronunciate da quasi tutti i protagonisti della
saga, ma anche la consapevolezza che oltre le mazzate e i combattimenti, la
storia parlava di qualcosa di serio: libertà e diritti civili. Mark Millar,
scrittore materiale della saga, non era nuovo a trovate del genere, basti
pensare alle due stupende serie di Ultimates; anche in Civil War, pur con tutti
i limiti del caso, si può percepire la presenza di un discorso sulle libertà
civili negli Stati Uniti post 11 settembre. Una storia come quella di Civil War
non può lasciare indifferenti ed ha un impatto dirompente, soprattutto per il
fatto che obbliga tutti a schierarsi: i supereroi e gli stessi fan sono chiamati
a scegliere con quale fazione schierarsi.
La storia comincia con una tragedia: il gruppo dei New
Warriors, durante un reality show, sta dando la caccia ad alcuni supercriminali
quando uno di loro, Nitro, per sfuggire alla cattura, si fa esplodere nelle
vicinanze di una scuola elementare: centinaia di morti, fra cui molti bambini
(e gli stessi New Warriors), e tutto in diretta televisiva! Immediatamente negli
Stati Uniti monta lo sdegno e la rabbia: i supereroi che fino ad un attimo
prima erano idolatrati dalle folle vengono trascinati nel fango, additati come
modelli negativi per i giovani. La situazione è così grave che il governo, per
venire incontro alla protesta dei cittadini, è pronto a varare la legge di
registrazione dei superumani. Il concetto alla base della legge è semplice:
così come un cittadino deve fare un test e registrarsi per possedere delle armi,
allo stesso modo i supereroi devono essere in qualche maniera sanzionati dal
governo e della autorità affinché possano svolgere i loro compiti. Rapidamente
la comunità superumana si radicalizza su due posizioni: i favorevoli alla
registrazione, capeggiati da Iron Man, e quelli contrari, guidati da Capitan
America. Maria Hill, comandante dello Shield, chiede a Cap di guidare una
squadra con il compito di dare la caccia a coloro che rifiutano la
registrazione. Il Capitano rifiuta, decidendo di ribellarsi e di andare contro
la legge, che viene approvata pochi giorni dopo. La squadra di Iron Man mette a
segno un grande colpo di immagine quando Spiderman decide di smascherarsi in
diretta televisiva, aderendo alla fazione pro-registrazione. Sempre Iron Man
tende una mano a Cap e i suoi, invitandoli a discutere della situazione. Cap
finge di accettare, e con un chip elettronico riesce a disabilitare l’armatura
di Tony Stark. Nasce un violento scontro, che vede l’apparizione di un falso
Thor (un clone creato da Tony Stark) nonché la sconfitta di Cap e i suoi, che
riescono a malapena a fuggire. Il tempo delle parole è finito, ora inizia la
guerra! Iron Man e i suoi iniziano la costruzione di un carcere super segreto
dentro la Zona Negativa, allo scopo di confinarvi gli eroi ribelli, arruolando
nelle loro file persino supercriminali, tenuti a freno da minuscoli nanobot. Dal
canto suo, Capitan America recluta il Punitore, che penetra nel Baxter Building
e riesce a trafugare preziose informazioni sul carcere della Zona Negativa. Le
vecchie abitudini sono però dure a morire, e Frank Castle uccide a sangue
freddo due supercriminali che si erano arruolati nei Vendicatori Segreti di
Capitan America che, furioso per l’accaduto, pesta a sangue il Punitore,
buttandolo fuori dal gruppo. Nel frattempo Peter Parker, alias Spiderman,
sempre più dubbioso per la china che hanno preso gli eventi, abbandona la
fazione di Iron Man per passare ai ribelli. Tra colpi di scena, tradimenti e
tentativi di reclutare nuovi alleati, si arriva infine al confronto decisivo:
Cap si infiltra nel carcere segreto della Zona Negativa, riuscendo a liberare i
supereroi prigionieri, ma Iron Man lo aspetta al varco, grazie ad una soffiata
di Tigra. Lo scontro è subito violentissimo, e grazie ai poteri di
teletrasporto di Cloak, viene spostato sul nostro mondo, a New York. Alla
battaglia si uniscono presto i Thunderbolts (dalla parte di Iron Man) e gli
Atlantidei guidati da Namor (schierati con Iron Man), mentre i leader dei due
schieramenti si affrontano per la seconda volta. Questa volta è Capitan America
ad avere la meglio, grazie all’aiuto di Visione che sabota e danneggia
l’armatura di Iron Man. Al culmine dello scontro Cap viene aggredito da un
gruppo di cittadini, rendendosi così conto degli enormi danni che la battaglia
sta arrecando a New York e alla popolazione civile. Steve Rogers getta via la
maschera, dando ordine ai suoi di cessare le ostilità, permettendo alle forze
dell’ordine di arrestarlo.
L’arresto di Cap conclude la storia, ma le conseguenze di
questo scontro nella comunità meta umana saranno profonde e durature, al punto
da determinare quasi tutti gli eventi successivi. Di questi mi occuperò in
seguito. Vale invece la pena soffermarsi sui punti più controversi di questa
saga. Fomento a parte, la sensazione più forte che mi ha accompagnato durante
la lettura è stata quella di un forte straniamento. Insomma, c’erano questi
tizi, in particolare Iron Man e Capitan America (ma anche Reed Richards) che li
riconoscevi dal costume e dai poteri, però non sembravano davvero loro. La
necessità di creare schieramenti dalle identità marcate e riconoscibili ha di
fatto portato ad utilizzare questi personaggi in maniera innaturale, senza
rispettare la loro vera natura. Tony Stark è stato trasformato in uno spietato
manipolatore, capace di conservare per anni un capello con il dna di Thor allo
scopo di clonare e creare un mostro senz’anima, di arruolare super criminali da
mandare a combattere contro i suoi vecchi compagni d’arme e di creare un
carcere in un’altra dimensione per imprigionarli. Capitan America non ha
esitato ad attaccare Iron Man a tradimento nel loro primo scontro, mentre
questi cercava ancora di risolvere la questione senza usare la violenza, ha
arruolato un assassino come il Punitore fra le sue fila, insieme ad altri super
criminali, e non si è fatto scrupoli nel trasferire la battaglia finale da una
zona chiusa come il carcere della Zona Negativa alle popolose strade di
Manhattan. Ma anche altri personaggi non hanno brillato per coerenza: Reed
Richards, capo dei Fantastici Quattro, è stato dipinto come uno scienziato
preso unicamente dalle sue ricerche, senza alcun accenno al suo lato umano; e
che dire di Peter Parker, inizialmente schierato dalla parte di Iron Man, per
poi tradirlo ed arruolarsi con Capitan America? Già la scelta di schierarlo con
la fazione di Iron Man è contro tutto ciò che sappiamo di Spiderman, il suo
smascheramento è stata una mossa di grande impatto emotivo (lo ammetto), ma
anche quella del tutto fuori personaggio, per finire poi con il tradimento …
non c’è che dire, Peter Parker ha fatto davvero una bella figura in questa
Guerra Civile.
D’altro canto, come ho già detto, devo ammettere
che era tanto che un evento Marvel non mi fomentava così tanto. Nonostante
molti personaggi fossero fuori ruolo, seguire le vicende e gli scontri dei due
schieramenti è stato appassionante, e Steve McNiven ci ha regalato delle tavole
disegnate di rara bellezza. Un Iron Man così manipolatore, eguagliato da un Cap
altrettanto bastardo che sembrava uscire dritto dritto dai fumetti Ultimate,
del tutto fuori ruolo, siamo d’accordo, ma assolutamente di impatto, le loro
battute mi gasavano ad ogni tavola! Ci risentiamo con la prossima parte …
Secondo me la caratterizzazione dei protagonisti di questa spettacolare Civil War segue un andamento molto shakespeariano. Prendi ad esempio questo Tony Stark manipolatore e raffrontalo con Iago, ci sono forti similitudini per quanto riguarda il ventaglio di partiture psicologiche in entrambi i personaggi. Non c'è cattiveria ne bontà, solo la bramosia del potere che per ambedue ha un forte connotato politico. Anche a livello semantico, un capello di Thor vale come il fazzoletto di Desdemona quando si persegue un obiettivo vitale...
RispondiElimina