lunedì 21 gennaio 2013

Dungeonslayers


E’ tempo di una nuova recensione, e stavolta tocca a Dungeonslayers, “un gioco di ruolo all’antica”, come si legge in copertina. Si intuisce facilmente che Dungeonslayers si ispira ad un modo di giocare tipico dei primissimi giochi di ruolo, quando le avventure consistevano nell’esplorazione di un sotterraneo, nello sterminio dei mostri presenti e nel beato saccheggio dei loro tesori. Se a qualcuno sta venendo in mente il primo D&D (la scatola rossa, per intenderci), non sbaglia affatto. E’ passata parecchia acqua sotto i ponti da allora, il modo di giocare e di scrivere le avventure si è affinato, e in conseguenza di ciò i regolamenti sono diventati sempre più grossi e complicati. Mentre le cose vanno avanti, però, c’è sempre qualcuno che preferisce guardare indietro, al passato: è così che è nato il fenomeno dei retro-cloni. Con questo termine ci si riferisce a quei giochi che sono la copia di giochi più vecchi e fuori produzione. I fan di un gioco datato (retrò), invece di sbattersi nella ricerca di manuali introvabili, possono rivolgersi al suo “clone” moderno, con gran risparmio di tempo e denaro. I retro-cloni non sono mai una copia esatta delle regole del gioco precedente, ma ci vanno parecchio vicino; l’esperienza di gioco che forniscono, invece, è praticamente identica.

Ora, a voler essere pignoli, Dungeonslayers non è esattamente un retro-clone, dato che non copia nessun sistema precedente. E’ piuttosto un gioco moderno ispirato dalla filosofia dei retro-cloni, che permette di creare avventure dal sapore antico, con il supporto di regole semplici e immediate. Uno scopo che Dungeonslayers raggiunge alla grande, dato che il cuore delle regole non occupa più di una ventina di pagine, mentre il resto del manuale è dedicato alla descrizione di mostri, magie, oggetti magici e un po’ di ambientazione. Il risultato finale è di una semplicità quasi imbarazzante, il che è contemporaneamente un pregio e un difetto, ma di questo ne parleremo in seguito, perché è il momento di dare un’occhiata al gioco vero e proprio.

Il manuale apre con la creazione del personaggio. Dungeonslayers non utilizza i dadi per generare le caratteristiche di base (diversamente dai vecchi giochi a cui si ispira), preferendo utilizzare un sistema a punti. Ogni personaggio è dotato di 3 Attributi (Fisico, Mente e Mobilità) e 6 Tratti (Forza, Costituzione, Destrezza, Agilità, Mente, Aura). Il giocatore riceve un certo numero di punti da spendere fra queste caratteristiche, a cui poi aggiungerà i bonus della razza e della classe. La scelta della razza è limitata ai classici nani, elfi o umani; per quanto riguarda le classi, anche qui ci muoviamo nella tradizione più pura: guerriero, esploratore e mago (che si divide ulteriormente in incantatore, stregone e chierico). I giocatori che desiderano classi più esotiche, come nei giochi di ruolo moderni, non resteranno delusi, dato che dal 10° livello in poi è possibile scegliere una classe eroica, come ad esempio il paladino o il negromante. Le classi eroiche forniscono maggiori poteri, ma richiedono più punti esperienza per aumentare di livello. Risulta chiaro che il gioco si muove nel solco della tradizione (classi, livelli, punti esperienza), ma lo fa strizzando un occhio anche alla modernità (le classi eroiche, che in pratica sono le classi di prestigio del D&D più recente). Una volta assegnati i punti alle caratteristiche ed aver registrato il bonus di razza e classe, giunge il momento di calcolare i Valori di Combattimento. Si tratta di punteggi che sintetizzano le capacità combattive del personaggio, come i Punti Ferita, la Difesa, l’Attacco in Mischia o gli Incantesimi Mirati, e che derivano direttamente dalla somma di alcune caratteristiche base con il bonus fornito da oggetti quali armi ed armature. L’ultima tappa della creazione del personaggio prevede la scelta di uno o più talenti che, nello stile e nella sostanza, sono identici a quelli di D&D 3°edizione: si tratta cioè capacità speciali che arricchiscono le competenze del personaggio, oppure che gli conferiscono bonus unici. La lista dei talenti è davvero ricca e numerosa, e permette a personaggi di una stessa classe di differenziarsi sufficientemente l’uno dall’altro: ad esempio, un guerriero potrà prediligere la velocità e la capacità di combattere, mentre un altro guerriero potrebbe preferire aumentare la sua forza e i danni che è capace di infliggere. In genere ogni talento può essere preso più volte: ogni grado conferisce un bonus maggiore o un’ulteriore capacità, fino ad un limite massimo che dipende dalla propria classe. E’ sempre la classe, inoltre, a regolare l’accesso ai talenti: un guerriero potrà selezionare un talento che aumenta la propria resistenza ad un livello del personaggio minore rispetto a quello richiesto ad un mago per fare lo stesso, e sicuramente potrà acquisirlo ad un grado più alto.

La creazione del personaggio è davvero tutta qui, il resto delle regole vere e proprie è dedicato al sistema di gioco e al combattimento. Come avrete notato non esistono regole sull’uso delle abilità (come nel vecchio D&D): quando un personaggio tenta di compiere qualche cosa, somma l’attributo e il tratto più rilevanti per l’azione in questione e tira il d20, cercando di ottenere un risultato pari o inferiore. Lo stesso sistema si applica nel combattimento: il giocatore che attacca lancia il d20, usando il valore dell’Attacco in Mischia come punteggio di riferimento. Il risultato (che deve essere pari o minore affinché il colpo vada a segno) indica direttamente il danno inflitto, non serve alcun tiro di dadi ulteriore. Tocca quindi al difensore cercare di mitigare il danno subito, lanciando il d20 sul valore di Difesa: se il tiro riesce, il risultato indicherà quanti danni si riescono ad evitare. La differenza fra attacco e difesa, se positiva, rappresenta le ferite realmente inflitte. Per quanto riguarda gli incantesimi, occorre fare una distinzione: in Dungeonslayers ne esistono di due tipi, quelli generici e quelli mirati. Gli incantesimi mirati sono proiettili magici come i fulmini e le palle di fuoco, con cui il mago cerca di colpire direttamente il bersaglio; il successo o il fallimento viene determinato esattamente come descritto sopra. Gli incantesimi generici non procurano danni diretti, ma mirano a creare un effetto magico sul bersaglio, come ad esempio il sonno o il controllo mentale. Il mago sottrae al suo punteggio di Magia il punteggio di resistenza del bersaglio (solitamente un tratto e/o un attributo) e tira sul valore che ne risulta: se ha successo, l’incantesimo avrà piena e totale efficacia, in caso contrario niente da fare.

Il resto del manuale si occupa di cose molto importanti, come i mostri, gli oggetti magici, l’equipaggiamento e cose del genere, ma le regole vere e proprie per giocare sono finite. Ecco quindi che la mia affermazione di un “gioco dalla semplicità imbarazzante” inizia a spiegarsi. Il pregio di questa semplicità è intrinseco in se stesso: creare un personaggio non richiede più di 5 minuti, mentre condurre una partita come master è rilassante, data l’assenza di dettagli che vanno a complicare il gioco. I mostri sono descritti con un formato semplice e chiaro, esattamente come gli incantesimi, gli oggetti magici, e praticamente ogni cosa in questo gioco. Il combattimento è rapido e letale, mentre i mille talenti e le varie classi eroiche riescono a dare un minimo di spessore ai singoli personaggi. 

Questa semplicità, però, è anche un difetto, un difetto che si paga nella varietà e nella profondità del gioco. E’ vero che lo scopo del gioco è il più puro dungeon-crawling, ma per essere divertente e giocabile sul lungo periodo è necessario un po’ di varietà, che difficilmente le striminzite regole di Dungeonslayers possono dare. Cosa rispondere ad un giocatore che tenta di compiere azioni non previste dalle (pochissime) regole? E non parlo di cose particolarmente complicate, come ficcare le dita nell’occhio di un troll, ma anche una semplice spallata, una presa, un attacco per disarmare … insomma, quelle due o tre cose che tutti i giochi di ruolo oggi permettono. Il discorso non riguarda solo il combattimento, ma si allarga anche alle normali azioni che in genere sono coperte dalle abilità. Abbiamo visto che in Dungeonslayers non esistono; ci sono solo delle generiche caratteristiche di base che sono chiamate a coprire praticamente tutte le azioni. Se considerate che 2/3 dei tratti del gioco sono fisici, ogni tiro che non coinvolga il corpo o l’agilità in senso stretto andrà risolto sempre con le stesse caratteristiche. Stai cercando impressionare la principessa? Vuoi convincere la guardia a lasciarti passare? Stai cercando di scoprire le tracce di quel ladro? Sempre lo stesso tiro, anche se stai compiendo azioni diversissime! Un altro difetto che ritengo di riscontrare in questo gioco è la mancanza di chiare indicazione su come creare da soli nuovi mostri. La varietà delle creature da uccidere, in un gioco “ammazza e arraffa il bottino” come questo, è fondamentale sia per divertimento che per la longevità dello stesso. L’assenza di tali regole può diventare alla lunga un problema, mentre ci sarebbe voluto davvero poco ad inserire una paginetta in più di regole; la troppa semplicità, anche in questo caso, è un’arma a doppio taglio! Nel breve periodo, Dungeonslayers può garantire partite interessanti e coinvolgenti, ma alla lunga, però, non so se il gioco riuscirà a mantenere lo stesso appeal sul master e sui giocatori, che potrebbero giustamente stufarsi di fare sempre le stesse cose. Lo consiglio ai neofiti, a coloro che hanno poco tempo per giocare e a coloro che si sono stufati di giochi più complicati; se invece siete alla ricerca di qualcosa un minimo più complesso e longevo, lasciate stare.

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