Questa estate, appena prima di partire per le vacanze, mi
sono ripromesso di dare un’occhiata a quei manuali comprati durante l’anno che
stavano a prendere polvere sugli scaffali. L’impresa (perché di questo si
trattava) è miseramente fallita, ma almeno un paio sono riuscito a leggerli per
davvero: “Sulle Tracce di Cthulhu” e “Kult, Oltre il Velo”. Del primo ne
parlerò in futuro; del secondo voglio invece occuparmene subito, poiché l’ho
finito di leggere proprio in questi giorni e ce l’ho ancora bello fresco in
memoria.
Ho comprato Kult a Lucca 2011, e dopo cercato in rete un pò di informazioni, ho capito di
aver acquistato la 3° edizione, che la Raven aveva appositamente ristampato per
la fiera. A parte sapere della sua esistenza, non conoscevo nulla di Kult, credevo
fosse un gioco di stregoneria moderna tipo Witchcraft, e così non me lo sono
lasciato sfuggire. Le aspettative si sono rivelate giuste soltanto a metà, come
vedremo subito. L’ambientazione di Kult è cupa e claustrofobica, il mondo che
vediamo intorno a noi non è altro che una prigione creata dal Demiurgo
(praticamente Dio) per tenere l’umanità in catene e privarla del suo retaggio
divino. Oltre la realtà dei sensi si annidano orrende creature che ci fanno da
carcerieri. Ben celata agli occhi del mondo, la magia esiste e viene praticata
da occasionali stregoni o da culti segreti. C’è un qualcosa nell’ambientazione
e nelle creature che la popolano che mi ricorda Clive Barker, il che
(personalmente) è una bella cosa. Ed ecco perché Kult si differenzia da un
gioco come Witchcraft: la componente horror è più marcata, e non esistono sette
benevole di magia che aiutano l’umanità nella lotta contro gli orrori nascosti
del mondo.
Kult propone un sistema basato sul dado a venti facce (occhio
però, non è il d20 system della Wizards!); il giocatore deve ottenere un
punteggio pari o inferiore dell’abilità o caratteristica che sta testando,
mentre il margine di successo indicherà quanto bene è riuscita l’azione; il
master può addirittura richiedere un certo margine minimo per dichiarare
l’azione riuscita. La creazione del personaggio non fa uso di dadi, ogni
giocatore ha un certo numero di punti da spendere, in primis sulle Abilità
(caratteristiche primarie tipo Agilità, Forza, Ego, etc.), quindi sulle
Capacità, ovvero le conoscenze del personaggio, come le arti marziali, l’uso
del computer, e via dicendo. Esistono inoltre alcune Abilità secondarie (es.
movimento, numero di attacchi, etc.) che derivano direttamente dalle Abilità
primarie, tramite alcune semplici formule matematiche. Per completare il
personaggio, il giocatore deve scegliere alcuni Vantaggi (che costano punti) e
alcuni Svantaggi (che invece ti danno punti), un po’ come in GURPS. Una cosa
abbastanza originale è la caratteristica dell’Equilibrio Mentale, che
rappresenta la tempra mentale del personaggio. Se il saldo fra i punti
acquisiti dagli Svantaggi e quelli spesi nei Vantaggi è positivo, lo stesso
sarà per l’Equilibrio Mentale del personaggio. Se il saldo, viceversa, sarà
negativo, l’Equilibrio Mentale del personaggio sarà deficitario.
Il combattimento viene sviluppato su appena una decina di
pagine ed è abbastanza semplice. Il round di combattimento è diviso in 3 fasi
di azione; in ogni fase, in ordine di iniziativa (che va determinata ogni
round), ogni partecipante allo scontro può utilizzare un’azione. Personaggi
molto veloci, che dispongono di 3 o più azioni, potranno partecipare ad ogni
fase del combattimento; quelli più lenti dovranno invece saltare alcune fasi … e
confidare molto nella fortuna! Si lanciano i dadi sulla rispettiva Capacità
marziale per colpire; il margine di successo (oltre a servire da parametro per manovre
difensive come la parata o la schivata) aiuta anche a determinare il danno inflitto.
Il bonus al danno che si ricava dal tiro per colpire viene sommato alla
capacità di infliggere danni dell’arma, oltre all’eventuale bonus per la forza
del personaggio. Il totale ottenuto va controllato su una tabella, dalla quale
si ricava il tipo di ferita (escoriazione, ferita leggera, grave o mortale) che
viene inflitta. In Kult i personaggi non hanno generici punti ferita, bensì la
capacità di resistere ad un certo numero di ferite (di gravità variabile), in
base al loro punteggio di Costituzione. Man mano che le ferite si accumulano,
lo status del personaggio peggiora; ad esempio, un certo numero di escoriazioni
si tramutano in una ferita leggera; le ferite leggere, a loro volta, si
convertono in una ferita grave, e così via. Alla prima ferita mortale un
personaggio è spacciato; se però tale ferita è il risultato della conversione
di ferite più leggere, c’è ancora la possibilità di salvarlo tramite pronto
soccorso. Metà del manuale si occupa dei personaggi e delle regole; il
resto viene invece dedicato all’ambientazione, al tenebroso mondo che si
estende oltre i nostri sensi mortali e alle orribili creature che vi dimorano.
A dire così, si potrebbe pensare che tali mostri siano simili alle divinità
terrificanti dei Miti di Cthulhu. Sbagliato: per quanto esistano anche in
questa ambientazione delle creature di origine quasi divina (come gli Arconti o
gli Angeli della Morte), i mostri di Kult (anche quelli davvero potenti) sembrano
più un’incarnazione delle miserie umane. Queste creature non sono separate
dall’umanità come i Grandi Antichi di Lovecraft, non hanno scopi inconoscibili
per i mortali, e non evitano di sporcarsi le mani in prima persona.
Scendere più nei dettagli dell’ambientazione mi porterebbe
via troppo tempo, senza contare che il fascino di Kult è proprio nel lento
svelarsi dell’orrore: meno i giocatori ne sanno, più divertente sarà
l’esperienza di gioco. No, quello che a questo punto mi interessa è di tirare
le somme di tutto il discorso, e se siete arrivati a leggere fin qui, credo
interessi pure a voi. Kult ha due difetti: delle regole un po’ datate (in
alcuni punti davvero farraginose), e un’edizione italiana pessima. Il primo
difetto è quindi intrinseco del gioco stesso, per il secondo dobbiamo invece
ringraziare il bel lavoro svolto dalla Raven. Ma cominciamo con le regole.
Tirare un d20 e fare meno del punteggio di un’Abilità o di una Capacità.
Estremamente semplice, non c’è che dire, e fin qui tutto ok. Alcuni passaggi
delle regole, però, non sembrano ben amalgamati, e altri sono del tutto senza
senso!
Prendiamo il rapporto fra Abilità e Capacità. Si acquistano
in maniera del tutto indipendente l’una dall’altra e questo puzza di cazzata:
acquistare una Capacità atletica come Acrobazia, ad esempio, dovrebbe essere più
facile per chi possiede un alto valore di Agilità, ma non è così. Inoltre, il
regolamento tratta allo stesso modo due personaggi che, uno con un alto
punteggio di Agilità, l’altro molto basso, siano però privi della Capacità di
Acrobazia, ovvero come due incompetenti! L’unico vero rapporto fra Abilità e
Capacità è che l’Abilità limita il punteggio delle Capacità basate su di essa,
rendendone più difficoltoso l’acquisto oltre una certa soglia. Ad esempio, ottenere
un valore in Armi da Tiro (che è una Capacità) pari al punteggio dell’Agilità
(la sua Abilità di riferimento) ti costa un certo numero di punti; oltre quel
punto, ti costa il triplo. Sempre restando in tema del rapporto fra le due
caratteristiche, in alcune circostanze è possibile sostituire l’una all’altra,
solitamente usando la più generica Abilità al posto della più specifica
Capacità. Quindi, a che scopo comprare, ad esempio, la Capacità di Cercare
quando è possibile usare al suo posto l’Abilità Percezione? Assolutamente a
nulla: molto meglio tenersi i punti da parte per le Capacità non sostituibili! L’elenco
delle Capacità, inoltre, non è privo di stranezze: a leggerne la descrizione
alcune sono del tutto inutili (es. Astrologia, Leggere la sorte), altre invece
sembrano del tutto fuori contesto in un’ambientazione horror (es. Demolizione,
Crittografia). Le Capacità sulle arti marziali sono la ciliegina sulla torta da
questo punto di vista. Vengono dettagliate con un livello di pignoleria eccessivo
rispetto alle poche pagine dedicate alle altre Capacità, soprattutto rispetto
alla loro importanza in una storia horror (cosa fai, prendi a pugni i mostri?).
L’acquisto e l’utilizzo delle Capacità marziali, inoltre, sembra un corpus di
regole a parte, estranee al sistema, che introduce delle complicazioni non
necessarie.
Anche altre parti del manuale ti obbligano a declamare forte
e chiaro un bel “ma che cazzo?”, come ad esempio le statistiche dei mostri. Ci
sono creature a forma di ragni che fra le loro Capacità di combattimento fanno
sfoggio della loro incredibile competenza con mitra e pistole, tanto per dirne
una … in casi come questi suggerisco di ignorare beatamente il passo
incriminato e tirare avanti! Potrei andare avanti con cazzate simili per
parecchie righe, ma credo che avete capito il punto.
Nonostante queste cose, comunque, il gioco non è malaccio,
anche perché il vero punto di forza è l’ambientazione, e se qualche regola
sembra priva di senso, è facile metterci una pezza sopra. No, quello che mi è davvero,
ma davvero dispiaciuto dover constatare, invece, è stata la cura (?) che la
Raven ha messo nell’edizione italiana di questo gioco. Volendo anche sorvolare
sui vari errori e refusi sparsi per tutto il manuale, due cose proprio non
riesco a perdonargli! La prima è quella di essersi dimenticati la tabella dei
danni delle armi da mischia … semplicemente non c’è! Cosa faceva il revisore
delle bozze, dormiva? Immaginate di giocare a D&D e di non trovare sul
manuale la tabella delle armi, cosa pensereste? Ecco, bravi, ma evitiamo le
parolacce! La seconda cosa, quella che mi fa incazzare di più, è stata la
decisione della Raven di togliere dal manuale base tutta la parte dedicata alla
magia, allo scopo di farne un manuale a parte, la famigerata “Guida dell’Invocatore”.
Se restiamo all’esempio fantasy di prima, è un po’ come scoprire che dal
manuale del giocatore di D&D sono stati tolti tutti gli incantesimi di
maghi e chierici, per poi venire a sapere che entreranno in un manuale a parte.
Una cosa del genere posso definirla solo come una porcata, e davvero non merita
commenti. Per mia fortuna, e senza sapere questa cosa, a Lucca ho comprato
anche la Guida dell’Invocatore, che vi prometto di recensire appena avrò il
tempo di leggerla.
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