Il primo film della trilogia de
Lo Hobbit è finalmente arrivato nelle sale italiane, e io, da bravo nerd, sono
già andato a vederlo. Per evitare qualsiasi fraintendimento, vi dico subito che
il film è bellissimo: gli scenari e l’ambientazione sono mozzafiato, così come i
combattimenti, e vi si respira la stessa aria epica del Signore degli Anelli. La
fedeltà al romanzo, tuttavia, non è molto alta. Questo non è necessariamente un
difetto: neppure la trilogia del Signore degli Anelli era esattamente fedele al
libro, ma era pur sempre un capolavoro (almeno per il sottoscritto).
Moltissimi siti internet o blog
sono in grado di recensire il film meglio di come saprei parlarvene io, che in
fin dei conti sono solo un appassionato di cinema fantasy, non certo un
esperto. Analizzare le differenze tra film e romanzo, invece, è una cosa più
complessa, che non molti sono in grado di fare, ed è proprio quello di cui
intendo occuparmi. Qualcuno potrebbe chiedersi il perché. Beh, innanzitutto, per
scrivere una simile recensione è necessario uno sfoggio di cultura nerd di
proporzioni epiche, e non voglio davvero farmi sfuggire l’occasione! Potrei
anche aggiungere che lo faccio per un mio amico, a cui la questione fedeltà film-romanzo
sta molto a cuore. C’è tuttavia un motivo pratico che mi spinge a scrivere una
recensione così particolare, ovvero cercare di comprendere meglio le scelte e
le decisioni che sono state prese, in sede di adattamento, da parte di Peter
Jackson e della sua squadra. Un film non è soltanto ciò che appare sullo
schermo: dietro le quinte c’è un gigantesco lavoro da parte degli sceneggiatori
allo scopo di mettere in scena ciò che fino a quel momento è soltanto su carta.
Vedremo come molte delle differenze tra film e romanzo sono il frutto di una
scelta guidata da un preciso intento, cioè quello di rendere Lo Hobbit un
prequel del Signore degli Anelli a tutti gli effetti. Altre divergenze, invece,
appaiono inesplicabili, quasi degli errori; tuttavia, non penso che Peter
Jackson si sia sbagliato o non conoscesse la materia; penso piuttosto che certe
scelte siano state dettate da una volontà di semplificare le cose, in modo da
far risultare la trama più lineare e centrata sui personaggi della storia.
Detto questo, andiamo pure a
cominciare, ma vi avverto, le prossime righe sono piene zeppe di spoiler! Il
film si apre con un Bilbo anziano che, ripensando alle sue avventure passate,
decide di metterle per iscritto. Peter Jackson mette quindi subito in scena l’antefatto
de Lo Hobbit, ovvero l’attacco del drago alla città di Dale e al regno nanico
di Erebor. Nel romanzo, il racconto dell’attacco di Smaug viene fatto da Thorin
a Bilbo durante la cena con i nani, ma lo spostamento di tale scena all’inizio
del film si spiega con la necessità di dare subito agli spettatori un chiaro punto di partenza, un po’ come l’introduzione al Signore degli Anelli. C’è una piccola differenza
fra come la scena è raccontata nel romanzo e come viene vista nel film: nel
romanzo, il giovane Thorin si trovava fuori della montagna al momento dell’attacco
del drago. Convinto che il drago avesse ucciso suo padre e suo nonno, Thorin è molto
stupito nel vederseli apparire davanti,
poiché non era a conoscenza del passaggio segreto usato dai suoi familiari
nella fuga. Nel film, invece, Thorin si trova nella montagna, assiste all’attacco
del drago dal quale si salva per miracolo, e poi fugge insieme a suo padre e
suo nonno, senza utilizzare il passaggio segreto.
Terminata l’introduzione, il film
continua con Bilbo intento a scrivere le sue memorie su un libro dalla
copertina di pelle rossa. La contestuale comparsa di Frodo e la conversazione
fra i due non lasciano dubbi sul collocamento temporale di questa scena: è esattamente
il giorno della festa del 111° compleanno di Bilbo, la stessa che si vede nella
Compagnia dell’Anello. Frodo prende un libro ed esce di casa, con l’intenzione
di aspettare Gandalf che deve ancora arrivare, lasciando così Bilbo libero di
continuare a scrivere sul libro rosso, lo stesso sul quale poi Frodo annoterà
la sua avventura. Le parole che Bilbo scrive su carta ricalcano le stesse con
cui si apre il romanzo de Lo Hobbit, e finalmente la scena si sposta a 60 anni
prima. Un Bilbo più giovane sta fumando beatamente la pipa davanti alla porta
di casa, quando appare Gandalf. Lo stregone tenta di capire se il giovane
hobbit possa fare al caso suo nella grande impresa che sta preparando. Dopo
aver tracciato un simbolo magico sulla sua porta, lo stregone si ritira. Quella
sera Bilbo riceve la visita inaspettata dei nani. Si presentano alla
spicciolata, ma a differenza del romanzo, Thorin Scudodiquercia si presenta per
ultimo, a cena ormai ultimata. Dopo aver sparecchiato piatti e bicchieri, è
tempo per i nani di discutere dell’avventura che li attende. Le cose vanno più
o meno come nel romanzo, ma quando Gandalf consegna a Thorin la chiave che
dovrebbe aprire il passaggio segreto nella montagna, si limita a dire di averla
avuta da Thrain, suo padre, senza alcun accenno alle circostanze in cui l’ha
avuta. Nel romanzo Gandalf rivelò come incontrò Thrain nelle segrete di Dol
Guldur, prigioniero del Negromante. Prima di morire, Thrain gli consegnò la
chiave, pregandolo di farla avere a suo figlio. La differenza fra libro e
romanzo non sembra, a prima vista, una cosa molto importante: si potrebbe
pensare che, per mantenere le cose più semplici possibili, Peter Jackson abbia
evitato di dare informazioni aggiuntive che avrebbero potuto appesantire la
narrazione. Vedremo in seguito che le cose stanno diversamente, e che questa
omissione è importantissima.
Torniamo al film: Bilbo rifiuta
di partire con i nani, con apparente delusione di Gandalf. Quando si sveglia,
la mattina dopo, la sua casa è vuota, i nani e lo stregone se ne sono andati.
Il suo occhio cade sul contratto da scassinatore che i nani gli avevano dato,
il suo amore per l’avventura si risveglia, e in fretta e furia esce in strada,
riuscendo a raggiungere i suoi compagni. Durante alcune chiacchiere fra Bilbo e
Gandalf, quest’ultimo rivela l’esistenza di altri stregoni come lui: i due
stregoni azzurri di cui non ricorda i nomi e che sono scomparsi ad est, Saruman
e Radagast. Di Saruman gli spettatori sanno già tutto ciò che c’è da sapere,
anche se all’epoca de Lo Hobbit (circa 60 anni prima degli eventi del Signore
degli Anelli) non era ancora diventato malvagio; Radagast, invece, è un
perfetto sconosciuto, e anche nel romanzo la sua esistenza viene appena
accennata. Nel film, invece, ci viene immediatamente mostrato, in una scena che
è a dir poco fondamentale: nella sua casa presso Bosco Atro, lo stregone viene
attaccato dai alcuni ragni giganti; dopo averli respinti, Radagast decide di
seguirli per scoprire da dove provengano. Scopre così le rovine della fortezza
di Dol Guldur, e al suo interno viene attaccato dal capo dei Nazgul in persona,
sotto forma di spettro! Sfuggito anche a questo attacco, lo stregone vede una
forma oscura, il Negromante di Dol Guldur, che altri non è che Sauron in
persona! Radagast fugge immediatamente dalla fortezza in rovina, portando con se
una prova fondamentale del ritorno dell’Oscuro Signore, ovvero un pugnale
morgul.
Con questa scena Peter Jackson
inizia a trasformare il romanzo de Lo Hobbit in un vero e proprio prequel del Signore
degli Anelli, e per fare questo deve andare ben oltre il contenuto del libro.
Diciamoci la verità: la storia di Bilbo, dei nani, e della riconquista del
tesoro, non ha nessun collegamento diretto con la successiva Guerra dell’Anello.
Lo stesso ritrovamento dell’Unico Anello, di capitale importanza per le future
vicende, è al momento importante solo perché in grado di rendere Bilbo
invisibile! Nessuno, neppure Gandalf, nel romanzo, ne intuisce l’importanza.
Per trasformare Lo Hobbit nel prequel del Signore degli Anelli, Peter Jackson
deve inventare, deve rendere evidenti collegamenti ancora labili, deve mettere
in scena situazioni che forse sono avvenute o forse no, ma in ogni caso deve
gettare un ponte fra le due storie.
Il film ritorna sui nani,
accampati per la notte in una radura. Balin racconta a Bilbo e agli altri nani
della compagnia la storia del loro leader, Thorin Scudodiquercia, e di come ha
ottenuto questo soprannome. Il racconto si sviluppa sotto forma di flashback,
mostrandoci la battaglia di Azanulbizar, lo scontro finale della grande guerra
fra gli orchi e i nani. Nel romanzo, questa scena non esiste. Esiste invece il
racconto della guerra nelle appendici del Signore degli Anelli, solo che la
versione che ne dà Peter Jackson è notevolmente diversa da quella di Tolkien.
Dato che è una cosa un po’ lunga e complicata, cercherò di essere breve. Gli
annali raccontano come Thror, il nonno di Thorin, si recò a Moria durante il
suo vagabondaggio, e qui fu ucciso da Azog, il capo degli orchi. Nar, il nano
che viaggiava con lui, fu risparmiato affinché potesse tornare dai suoi simili
a raccontare cosa era successo, portando con se la testa decapitata del vecchio
re dei nani. Thrain, suo figlio, deciso a vendicare l’onta, mise insieme una
grossa armata e diede battaglia agli orchi in ognuna delle loro fortezze. Lo
scontro finale avvenne fuori le porte di Moria, e fu in questa occasione che
Thorin si guadagnò il suo soprannome, usando un pezzo di quercia come scudo,
avendo perso il suo in battaglia. Nain, il capo dei nani dei Colli Ferrosi, affrontò
Azog in battaglia, ma fu sconfitto e ucciso. Nonostante questo, i nani vinsero
la battaglia, sbaragliando gli orchi; Azog tentò di fuggire, rifugiandosi
dentro Moria, ma fu raggiunto e ucciso da Dain, figlio di Nain. A battaglia
finita ricomparve anche Thrain, orbo da un occhio e azzoppato, deciso a
reclamare l’antica dimora di Moria, ma Dain, l’unico ad aver guardato oltre le
sue porte, lo sconsigliò di proseguire, poiché il Flagello di Durin era in
agguato al suo interno (ovvero il Balrog di Moria, sconfitto da Gandalf nel
Signore degli Anelli). La battaglia messa in scena da Peter Jackson è parecchio
diversa: Thror, il nonno di Thorin, viene ucciso da Azog direttamente in battaglia;
Thorin lo affronta in cerca di vendetta, riuscendo a tagliargli una mano. Azog
fugge dalla battaglia, e viene creduto morto dai nani, che riescono a vincere
lo scontro. La versione di Peter Jackson fa scomparire dalla scena i nani che
non sono presenti nel film (Nain e Dain), regala a Thorin una parte da
protagonista che negli annali non ha, ma soprattutto salva Azog dalla morte,
che viene così promosso al ruolo di nemico personale di Thorin. Ma perché queste
differenze? La semplificazione della battaglia di Azanulbizar e il maggior
ruolo da protagonista avuto da Thorin possono spiegarsi nell’ottica di
semplificare la storia, accentrandola il più possibili sugli stessi personaggi
del film. La scelta di lasciare vivo Azog, invece, non riesco a spiegarmela.
Nel film, gli attacchi degli orchi subiti dalla compagnia dei nani hanno sempre
la regia occulta di Azog, che agisce fondamentalmente per vendetta. Nel romanzo,
gli orchi non braccano attivamente i nani, iniziano a farlo soltanto dopo che
Thorin e suoi compagni attraversano le montagne nebbiose e uccidono il Grande
Orco. Nel finale del romanzo, inoltre, è Bolg, il figlio di Azog, a guidare gli
orchi nella Battaglia dei Cinque Eserciti, che bisogno c’era di tenere in vita
il padre?
Il film prosegue, e si arriva
alla famosa scena dei troll. Nel romanzo, i nani mandano Bilbo ad investigare
sulla presenza di una luce nella foresta di notte. Muovendosi di soppiatto,
Bilbo scopre tre grossi troll intenti a cucinarsi la cena. Bilbo tenta di
borseggiarne uno dei troll, ma viene scoperto e catturato. Per paura, Bilbo
rivela ai troll la presenza dei nani, che vengono quindi catturati uno ad uno,
man mano che si avvicinano per controllare cosa fosse successo allo hobbit. Provvidenziale
è l’intervento di Gandalf: nascosto fra le rocce, lo stregone riesce a far
perdere tempo ai troll, indecisi su come cucinare e mangiare i nani finché non
arriva l’alba, che li tramuta in roccia. Nel film, Kili e Fili scoprono l’accampamento
dei troll, e mandano Bilbo ad investigare. Bilbo viene scoperto e catturato, ma
Kili e Fili corrono ad aiutarlo, seguiti poco dopo dal resto dei nani. Viene
ingaggiata una furiosa battaglia, che di fatto non porta a nulla (possibile che
13 nani non riescano ad uccidere almeno un troll?), finché i troll non prendono
Bilbo in ostaggio, obbligando così i nani ad arrendersi. E’ Bilbo, e non
Gandalf, a far perdere tempo ai troll, giusto in tempo per dare al sole il
tempo di sorgere e tramutarli in pietra. Questa modifica della scena era
abbastanza scontata, immaginavo che Peter Jackson ne avrebbe approfittato per
movimentare le cose con una bella battaglia. Forse è un po’ inspiegabile che
Thorin faccia deporre le armi ai nani quando Bilbo viene catturato, considerato
come lo abbia trattato a pesci in faccia fino ad un minuto prima, ritenendolo
un membro inutile della compagnia, ma c’è anche da dire che i nani sono fieri e
leali, e che da Thorin Scudodiquercia non mi sarei aspettato niente di meno.
Il film continua con i nani che
vengono braccati da un gruppo di orchi a cavallo di alcuni mannari, orchi
inviati da Azog, anche se i nani ancora non lo sanno. Questa scena è totalmente
inesistente nel romanzo. Improvvisamente appare Radagast, che rivela a Gandalf
cosa ha scoperto a Dol Guldur, consegnandogli il pugnale morgul, cioè la prova
del ritorno di Sauron. Lo stregone di Bosco Atro cerca di sviare l’attenzione
degli orchi da Gandalf e i nani, senza troppo successo. I nani sono costretti a
fuggire e si riparano in un passaggio fra le rocce che li porta fino a Gran
Burrone, mentre gli orchi vengono trucidati da alcuni elfi a cavallo. Fra
questi elfi c’è anche sire Elrond, che torna a Gran Burrone pochi istanti dopo
l’arrivo di Thorin. Anche questa scena, come la precedente, è del tutto
inventata. La permanenza dei nani a Gran Burrone, nel libro, è descritta come
un periodo di tempo piacevole; lo stesso avviene nel film, anche se Thorin
manifesta parecchia sfiducia nei confronti degli elfi. A Gran Burron Gandalf
incontra Galadriel e Saruman, e insieme a Elrond discutono delle scoperte fatte
da Radagast a Dol Guldur. Questa scena, credo sia inutile dirlo, è
assolutamente inventata. Ma intendiamoci bene: sul finire del romanzo de Lo
Hobbit, Gandalf rivela a Bilbo come lui e il Bianco Consiglio abbiano scacciato
il Negromante da Dol Guldur, per cui una simile riunione sarà certamente
avvenuta. Quello che è davvero inventato è l’oggetto del loro discorso, ovvero
il potenziale ritorno di Sauron. Vi ho già detto come Peter Jackson cerchi di
saldare Lo Hobbit al Signore degli Anelli, e questa scena va assolutamente in
quel senso, suggerendo allo spettatore come Gandalf abbia scoperto in quel preciso
istante come Sauron, l’Oscuro Signore, sia tornato nella Terra di Mezzo. Questa
scena, però, contraddice pesantemente non solo il libro de Lo Hobbit, ma anche quello
del Signore degli Anelli: Gandalf e gli stregoni furono inviati nella Terra di
Mezzo circa 1000 anni prima degli eventi de Lo Hobbit per lottare contro Sauron
… come potevano essere all’oscuro della sua esistenza? Nei romanzi è
chiarissimo come Gandalf già sapesse che il Negromante fosse Sauron, e già una paio
di volte si era recato nella fortezza di Dol Guldur (lui, non Radagast).
Proprio nella fortezza vi aveva trovato Thrain, il padre di Thorin, che nell’occasione
gli aveva dato la chiave del passaggio segreto, vi ricordate? Ecco perché Gandalf
non ha potuto dire nulla sul ritrovamento della chiave: nel film, secondo la
cronologia inventata da Peter Jackson Gandalf non è mai stato a Dol Guldur!
Da questo punto in poi, il film
scorre abbastanza simile al libro. I nani lasciano Gran Burrone e attraversano
le montagne, trovandosi in mezzo ad una battaglia fra giganti di roccia. Si riparano
in una grotta, dove vengono fatti prigionieri dagli orchi. Nel libro Gandalf
era insieme ai nani, ma riesce ad evitare la cattura grazie ai suoi poteri. Nel
film Gandalf è ancora a Gran Burrone, e raggiunge i nani giusto in tempo per
salvarli dal Grande Orco. Una differenza marginale, è vero, ma pur sempre una
differenza. Bilbo incontra Gollum, ma quest’ultimo inizialmente non lo vede,
intento com’è a trascinare via un orco destinato a diventare la sua cena. Nel
trambusto a Gollum gli cade l’anello, che Bilbo prontamente raccoglie. Nel
romanzo Bilbo trovava l’anello per caso, ancora prima di incontrare Gollum. Segue
quindi la famosa sfida di indovinelli, con il finale che tutti sappiamo. Mentre
Bilbo fugge via invisibile da Gollum, si manifesta un’ulteriore differenza fra
romanzo e film: Gollum precede Bilbo all’uscita, nascondendosi mentre passano
Gandalf e i nani in fuga; allora Bilbo, vedendo i suoi compagni fuggire,
scavalca Gollum con un salto e raggiunge la salvezza alla luce del sole. Nel
romanzo, Bilbo non vede i nani fuggire (sono scappati prima di lui), e anzi trova
la strada sbarrata da parecchi orchi, che però supera agilmente grazie all’anello.
Bilbo e i nani si sono appena
riuniti, quando vengono circondati dagli orchi in sella ai mannari e guidati da
Azog in persona, che si rivela infine quale capo degli orchi e nemico giurato
di Thorin. Bilbo e i nani cercano la salvezza sugli alberi, mentre Gandalf
incendia delle pigne e le scaglia contro i mannari. La foresta prende fuoco,
gli alberi crollano, i nani sono quasi spacciati, quando ecco che Thorin scende
dall’albero per sfidare Azog in persona. Thorin ha la peggio, e sarebbe ucciso
se Bilbo, in preda al furore, non corresse a dargli una mano, seguito da alcuni
nani. Sono però le grandi aquile, chiamate da Gandalf, a salvare i nani e lo
stregone da una morte certa, portandoli via in volo, con grande scorno di un
Azog infuriato come non mai. Nel libro la scena è diversa, dato che ovviamente
Azog è bello che morto da anni, e che le aquile intervengono di loro spontanea
volontà, non perché sono chiamate da Gandalf. Nel romanzo, inoltre, sono solo i
mannari ad inseguire e ad attaccare i nani, gli orchi non ci stanno neppure in
cartolina.
Le aquile lasciano Bilbo e
compagni su un alto pinnacolo di roccia, dal quale si intravede in lontananza
la Montagna Solitaria. Thorin abbraccia Bilbo, ringraziandolo per avergli
salvato la vita, e confessando al piccolo hobbit di essersi sbagliato sul suo
conto. Bilbo è felice di vedere il suo valore riconosciuto da Thorin, e volgendo
lo sguardo sulla Montagna Solitaria, afferma che il peggio è passato. Un’affermazione
un po’ azzardata, considerando che l’ultima inquadratura è per l’occhio del
drago Smaug, che si spalanca all’improvviso …
Se mi avete seguito fino a qui
siete degli eroi. Tirando le somme, le differenze tra il film e il libro sono
tante. Alcune sono giustificate da un’esigenza di semplificazione, che il
purista può non gradire, ma che si spera riesca almeno a comprendere. Altre
differenze sono minime, non cambiano davvero lo stato delle cose, come la scena
dei troll, ma servono ad offrire un po’ più di azione al film. Le modifiche più
impegnative sono quelle che vanno nella direzione di fondere Lo Hobbit e il
Signore degli Anelli in un’unica grande storia, con le radici della vecchia
trilogia che affondano pesantemente in quella nuova. E’ una scelta che può
essere condivisibile o meno, solo alla fine di tutti e tre i film si potrà dare
un vero giudizio. Al di là del personale fastidio che posso provare nel vedere
cambiati o manipolati certi eventi (se non proprio creati ex-novo), l’intento di
saldare Lo Hobbit e il Signore degli Anelli in un'unica grande saga ha per
adesso comportato una sola conseguenza, ovvero quella di tirare fuori una
trilogia di film da un libro di appena 300 pagine. Una storia che poteva essere
raccontata in uno, al massimo due film, è stata stiracchiata su tre film di
quasi tre ore ciascuno. Considerando che il primo film arriva da solo a metà
libro, è abbastanza chiaro cosa potremo trovare negli altri due film …
la conclusione è che secondo te gli altri due film rischiano di difettare della storia?
RispondiEliminaEsattamente! Con già metà libro utilizzato soltanto nel primo film, Peter Jackson dovrà raschiare il fondo del barile degli scritti di Tolkien per riempire gli altri due film!
RispondiEliminaLa battaglia dei Cinque Eserciti occuperà buona parte del terzo film!!! Comunque, facezie a parte, nel libro secondo me di materiale ce n'è parecchio per farci altri due film. L'attraversamento di Bosco Atro per esempio, potrebbe rappresentare quasi una pellicola a se: l'incontro scontro coi ragni, la prigionia presso gli Elfi Silvani, la fuga nei barili e l'arrivo a Pontelagolungo fanno giá mezzo secondo capitolo. Se il buon Jackson poi ci inserisce altre scene propedeutiche al Signore degli Anelli il "due" è fatto. Ah, e prima c'è pure l'incontro con Beorn! Vuoi che non gli facciano fare una scena di sane mazzate contro i Mannari?
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