Qualche anno fa, qui sul blog, scrissi un articolo dedicato al
gioco di ruolo Numenera, di M. Cook. Era un buon pezzo ma, all’epoca, non lo
avevo ancora giocato e pertanto mi limitai a descrivere le meccaniche di base e
ad offrirvi le mie sensazioni. Oggi, dopo quasi un anno di campagna, ritengo di
poter offrire un punto di vista più solido e completo, soprattutto più aderente
alla realtà del tavolo di gioco. Non mi ripeterò con la descrizione del sistema,
se siete curiosi (ri)leggete il vecchio articolo; in questo pezzo voglio analizzare
i pro e i contro di Numenera (e, per estensione, del Cypher System, il suo
motore di gioco), con tanto di sintesi finale.
Partiamo dai pro. Un personaggio viene creato dalla combinazione del “tipo”
(una sorta di classe), del “descrittore” (un aggettivo come astuto, sveglio,
determinato etc.) e del “focus” (il campo in cui un personaggio eccelle
davvero). C’è una buona varietà di scelta, con un grado di personalizzazione
soddisfacente. I giocatori possono diversificare i loro personaggi scegliendo
fra decine di opzioni: due personaggi dello stesso tipo (ad esempio due glaive,
cioè guerrieri), selezionando un focus e un descrittore diverso, riusciranno a
distinguersi l’uno dall’altro facilmente. Il focus, in particolare, riflette la
specializzazione del personaggio e da regolamento non dovrebbero esistere due
personaggi con lo stesso focus. La varietà di scelta è buona, le combinazioni
interessanti e per fortuna il gioco non si presta facilmente agli abusi tipici
del power play, perché ottenere un potere significa rinunciare ad un altro,
evitando così pericolosi accumuli.
Questo non significa che tutti i personaggi saranno equivalenti in
termini di potere, c’è differenza fra avere il focus “cavalca il fulmine” e il
focus “vive nelle terre selvagge” ma è una cosa voluta. I focus non servono
solo a dispensare poteri ma offrono una descrizione del personaggio anche in
chiave narrativa. Un focus dedicato al combattimento non può essere uguale ad
uno basato sulle interazioni, ma questa è una decisione che viene rimessa al
giocatore e al tipo di personaggio che vuole interpretare.
Un altro punto di forza del gioco è nella gestione e creazione degli
antagonisti dei personaggi, dalle creature ai personaggi non giocanti. Poiché
una creatura viene definita principalmente dal suo livello (dal quale
discendono a cascata tutti gli altri valori), è possibile creare minacce con
una facilità irrisoria. Stabilito il livello, basta personalizzare la creatura
con poteri e tratti unici in base a ciò che avete in mente, senza usare tabelle
o regole complicate. Ciò è davvero prezioso per il Game Master, che in sede di
progettazione di un’avventura avrà bisogno di pochi minuti per decidere questi
dettagli e potrà dedicarsi maggiormente agli intrecci della storia. Da questo punto di forza ne scaturisce un altro: il fatto che nel
gioco ogni cosa abbia un livello (oggetti, nemici, trappole, tutto ciò con cui
i personaggi possono interagire, insomma) rende ogni entità direttamente
confrontabile e facile da utilizzare. Capita spesso, nei giochi di ruolo, di
non trovare la regola adatta ad una certa situazione e che il Game Master debba
improvvisare una soluzione. In Numenera queste situazioni si risolvono
rapidamente: basta assegnare un livello che rappresenta l’ipotetica difficoltà
dell’azione, e il gioco può proseguire.
Un altro punto a favore del sistema sono i crypto. Si tratta di
oggetti mono uso che conferiscono al personaggio un qualche tipo di potere. Un
crypto può curare, offrire potenziamenti in attacco o in difesa, può essere un
esplosivo, un traduttore universale, può aprire portali nello spazio-tempo,
insomma può conferire qualunque capacità. Un crypto può essere molto potente ma
il fatto che si tratta di oggetti che funzionano solo una volta ne impedisce
l’abuso. Il gioco è basato sul ricambio continuo dei crypto, il Game Master può
offrirli ai giocatori come ricompensa immediata senza preoccuparsi troppo del
bilanciamento, e questo proprio perché sono ad uso singolo. Pensate ad un gioco
come D&D: se mettete un oggetto magico troppo potente in mano ad un
giocatore, e il suo uso inizia a sbilanciare il gioco, avrete un bel problema
da risolvere, perché l’oggetto è permanente. Certo, potrebbe venire rubato, perso
o chissà cosa, ma è chiaro che il giocatore vivrebbe la cosa come un
depotenziamento volontario da parte del Master. In Numenera questo problema può
esserci con gli artefatti, che sono l’equivalente degli oggetti magici permanenti,
ma non con i crypto, molto più comuni e facili da trovare. Anche se il Master
compie un errore, sarà un errore che al massimo influenzerà una singola
sessione, non tutta la campagna.
L’ultimo punto a favore di Numenera sono le semplificazioni che il
gioco utilizza per mantenere il sistema snello e veloce durante la partita. I
danni fissi delle armi, le regole sulla distanza e in un certo senso il fatto
che tutto abbia un livello e sia misurabile, sono espressioni di un chiaro
intento di design, cioè quello di non appesantire il sistema e favorire un tipo
di gioco che non si arena nella ricerca della regola mancante.
Veniamo adesso ai contro. La semplicità del sistema, appena citata
come un pregio, è al tempo stesso anche un difetto. L’altra faccia della
medaglia della semplicità è la banalità, il trattare cose diverse tutte allo
stesso modo e questo rischio è presente in Numenera. Non è solo una questione
di realismo (il Cypher System non è realistico né cerca di esserlo), è il fatto
che da certe semplificazioni scaturiscono delle regole che talvolta fanno storcere
il naso. Ad esempio, una creatura infligge il suo livello come danno e lo fa a
prescindere dal fatto che sia armato o meno. Durante una partita i miei giocatori
disarmarono un cavaliere che impugnava una sorta di spada laser, confidando nel
fatto che senza di essa sarebbe stata indifesa. Per le regole, però, era
irrilevante, quella creatura avrebbe continuato ad infliggere il suo danno: che
attaccasse con i pugni, con i calci o con un bazooka, sarebbe stato esattamente
la stessa cosa. Non proprio un bel risultato dal punto di vista della
narrazione e della coerenza!
Altro problema del gioco è la sua macchinosità nel momento di risolvere
un’azione. Nella maggior parte dei giochi di ruolo, quando si deve compiere
un’azione, il giocatore tira un dado, somma o sottrae qualche modificatore e
scopre se l’azione ha avuto successo o meno nel giro di pochi secondi. In
Numenera no, perché, in genere, in ogni azione il giocatore deve spendere punti
da una riserva, calcolarne il costo, ottenere uno sconto per via
dell’Attitudine, verificare se ha altre capacità che abbassano o alzano la
difficoltà dell’azione e solo allora può tirare. Questo si osserva soprattutto
in combattimento. Perché questo problema? In Numenera esiste la Tenacia, una
caratteristica che serve ad abbassare la difficoltà delle azioni. Tale uso ha
un costo e va calcolato ogni volta, un costo che spesso si somma ad un potere
che il personaggio utilizza. Molti giochi di ruolo usano caratteristiche simili
alla Tenacia, cioè un qualcosa che ti fa superare temporaneamente i tuoi
limiti. La differenza, però, è che tale potere, in genere raro e limitato negli
altri giochi, in Numenera viene utilizzata costantemente, pena il quasi sicuro
fallimento delle azioni. Questo difetto non è immediatamente evidente, al primo
o al secondo rango (l’equivalente del livello) i personaggi hanno poca Tenacia
e pochi poteri e fare i calcoli non porta via molto. Salendo di rango, però, il
problema si manifesta in tutta la sua evidenza: i giocatori devono scegliere
fra molti poteri e possono variare i livelli di Tenacia da applicare, tutte
scelte che rallentano il gioco. Considerate inoltre che, da regolamento, non si
dovrebbe dire ai giocatori il livello della difficoltà dell’azione, un fatto
che porterebbe ad ulteriori ipotesi, calcoli e sicure perdite di tempo (motivo
per cui, nella mia campagna, ho preferito ignorare questa regola). Ho visto
giocatori esperti perdere minuti nel decidere come e quanti punti spendere, per
scoprire poi che i calcoli erano pure sbagliati e andavano rifatti!
Un’altra cosa che mi lascia perplesso del Cypher System è il fatto che
il Master non tira mai i dadi, lo fanno sempre i giocatori. In se questo non
sarebbe un difetto, se vi fosse dietro uno scopo. Il problema è che tale scelta
di design sembra assolutamente fine a se stessa, una cosa che colpisce, da
spacciare come novità per invogliare l’acquirente ma che concretamente non
serve a nulla. Innanzitutto, non fa risparmiare tempo: il fatto che il Master
non tira i dadi non elimina un passaggio di gioco, semplicemente tocca ad un
giocatore tirarli al suo posto. Se poi si va a vedere cosa comporta questa
scelta, ci si accorge che il giocatore che tira i dadi al posto del master
rientra nel problema già osservato dell’eccessiva semplificazione, ovvero della
coerenza di fondo del sistema che rischia di finire in pezzi. Il giocatore tira
i dadi per attaccare, può colpire o può mancare, come è normale che sia. Il
giocatore tira i dadi per difendersi (dato che il Master non può tirare i dadi
per attaccare), quindi il presupposto è che l’avversario normalmente ti colpisce
sempre! Altro esempio: il giocatore colpisce il nemico con un’arma avvelenata.
Dato che il Master non può tirare per la resistenza del nemico, è il giocatore
che deve tirare per vedere l’efficacia del veleno, spendendoci magari punti con
la Tenacia, come se l’impegno del personaggio, nel mondo di gioco, potesse
influenzare l’agire di un veleno, il che è ridicolo!
Questo difetto ci porta così all’ultimo problema del gioco, ovvero
l’interazione fra personaggi non giocanti. Se il Master non può tirare i dadi,
cosa succede quando due personaggi non giocanti si affrontano? La risposta è
che non lo sa neppure il gioco, che si limita a dare alcuni consigli (peraltro
contraddittori) che di fatto non portano a nulla. Non far tirare dadi al Master
si rivela alla fine una scelta infelice di design, una meccanica che non offre
nessun beneficio bensì tanti svantaggi.
Siamo alla fine della recensione. Numenera (e il
Cypher System) ha parecchi punti di forza ma l’impressione finale è che si
perde prima di arrivare al traguardo. Poteva essere il gioco del decennio,
invece al massimo è il gioco dell’anno (titolo in effetti vinto nel 2015 a
Lucca Comics & Games) e difficilmente potrà andare oltre. L’ambientazione è
interessante, i giocatori possono trovare soddisfazione nello sviluppare e
personalizzare i loro personaggi, il Master viene decisamente facilitato nella
gestione e nella creazione delle avventure. Le pecche del gioco sono in certe
semplificazioni grossolane e in una inutile scelta di design. Per quanto riguarda
la semplificazione, c’è chi la apprezza e chi la evita, è solo una questione di
gusti. Per il resto, invece, è un vero peccato perché il Master che non tira i
dadi non serve a nulla, mentre la meccanica di risoluzione delle azioni, basata
sul continuo calcolo di punti da spendere, toglie proprio quella immediatezza
che il resto del gioco cerca e trova con facilità. Se avete giocatori novizi o
che si perdono con calcoli matematici, questo non è il gioco adatto a voi. Se
preferite meccaniche più tradizionali, se non amate le semplificazioni che
sconfinano nel pressapochismo, se volete salvaguardare il livello minimo di
verosimiglianza che un gioco (sia pur fantastico) dovrebbe avere, lasciate
stare. Se queste cose non sono per voi un problema, se l’ambientazione di
Numenera vi piace davvero tanto, allora fatevi avanti.
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