mercoledì 30 dicembre 2020

Pathfinder seconda edizione: la recensione

 

Salve a tutti e bentornati su questo blog. So di avere scritto poco in questo tribolato 2020 e, per questo motivo, voglio chiudere in bellezza con un articolo dedicato ad un gioco di ruolo che farà molto parlare di se, ovvero la seconda edizione di Pathfinder. Il gioco in questione è uscito ad agosto 2019 ma in Italia, tradotto da Giochi Uniti, è arrivato solo a maggio 2020, in piena pandemia. 

  

Per chi non conosce Pathfinder, mi limiterò ad un breve riassunto: dopo i successi della terza edizione di D&D, nel 2008 la Wizard voltava pagina e proponeva la quarta edizione di questo glorioso gioco, con scarso successo di critica e di popolo. In particolare, diversi giocatori erano restii ad abbandonare un sistema di gioco, il d20 system, che aveva solo bisogno di una messa a punto, un “tagliando di controllo”, per usare un gergo automobilistico. La casa editrice Paizo si fece avanti, raccogliendo l’eredità della terza edizione di D&D e proponendo ai delusi della quarta il gioco di ruolo Pathfinder. Inizialmente, Pathfinder non era niente più di una continuazione della terza edizione e del d20 system, tant’è che in gergo era definito l’edizione “3.75”; negli anni, supplemento dopo supplemento, Pathfinder ha trovato una sua dimensione personale, caratterizzandosi per l’estrema flessibilità in sede di caratterizzazione del personaggio e per le sue Adventure Path, campagne in più episodi che offrono una storia lunga ed interessante (i maligni aggiungerebbero che la notorietà di Pathfinder sarebbe dovuta anche alla complessità del sistema: sicuramente non è un gioco per principianti ma vale la pena aggiungere, come ho detto anche in questo vecchio articolo, che nell’universo dei giochi di ruolo ci sono tendenze che ciclicamente vanno di moda, per poi essere rimpiazzate dall’opposto; in questo momento vanno per la maggiore i regolamenti semplici e così un gioco come Pathfinder viene considerato complesso, ma, in chiave storica, senza paraocchi, è un gioco di media difficoltà, ampiamente alla portata di tutti). 

La seconda edizione di Pathfinder è uscita in un momento delicato: la quinta edizione di D&D, con il suo approccio semplificato, miete un successo dietro l’altro e molti si chiedevano quale sarebbe stata la reazione della Paizo. Avrebbe snaturato il suo Pathfinder per seguire la moda, si sarebbe limitata a ritocchi di facciata oppure avrebbe cercato una misteriosa terza via? La risposta l’abbiamo ora davanti agli occhi: Pathfinder 2 è un gioco di ruolo che, partendo dall’originale d20 system, offre un sistema nuovo, ripensato da zero, con una armonia matematica impeccabile. Chi conosce il d20 system o comunque viene da giochi con classi, livelli e dadi a 20 facce, non avrà difficoltà ad ambientarsi. Questa seconda edizione, però, non è semplicemente un aggiornamento, ma rifonda il sistema da zero, assicurandosi che tutto funzioni alla perfezione. Già in Starfinder, il gioco di ruolo fantascientifico della Paizo, erano apparse delle novità che lasciavano intendere cosa avrebbe potuto essere, ma solo questa seconda edizione di Pathfinder si stacca definitivamente dal vecchio d20 system per proporre un nuovo d20 system assolutamente coerente e bilanciato. Gli elementi del gioco restano gli stessi: caratteristiche, abilità, talenti, livelli, classe armatura, ambientarsi è facile ma se si guarda con attenzione si nota subito che i numeri sono diversi e, soprattutto, non compatibili. Se avete delle vecchie avventure potete certamente usarle, ma dovrete riadattare da zero personaggi e mostri perché il sistema è cambiato. Considero la seconda edizione di Pathfinder un capolavoro: la migliore incarnazione del d20 system vista sinora e, anche nell’ambito dei giochi di ruolo high-fantasy con classi e livelli, ritengo sia (probabilmente) il migliore sul mercato.


Cominciamo dunque la recensione: il manuale è balenottero di 600 pagine e comprende tutte le regole necessarie a creare un personaggio (stirpe, classe, abilità, talenti, equipaggiamento, incantesimi), le regole sul gioco vero e proprio (combattimento, esplorazione) e regole per il GM (incontri, trappole, punti esperienza, una breve presentazione dell’ambientazione, oggetti magici). Se prendiamo D&D come pietra di paragone, il manuale di gioco di Pathfinder 2 equivale al manuale del giocatore e buona parte di quello dedicato al Game Master. Per giocare a Pathfinder 2 avrete bisogno del Bestiario (che contiene oltre 400 creature di vari livelli e potenza) e il manuale dell’ambientazione. Pathfinder è ambientato nel mondo di Golarion, un setting eterogeneo che ricorda per molti aspetti i Forgotten Realms di D&D. Esiste una linea di manuali, con la dicitura “Presagi Perduti”, dedicata interamente a Golarion; al momento in cui scrivo in Italia ne sono usciti due, l’Atlante, contenente una descrizione geografica e politica del mondo, e la Guida ai Personaggi, con ulteriori opzioni di stirpe, talenti e archetipi per i personaggi. Non è raro che un gruppo preferisca utilizzare le regole di Pathfinder con le ambientazioni di D&D, soprattutto i giocatori che hanno qualche anno sulle spalle e sono più legati ai mondi fantasy con cui hanno iniziato a giocare. Dato che Pathfinder utilizza gli stessi concetti di D&D (classi, livelli, mostri, oggetti magici etc.) la fusione tra i due mondi risulta abbastanza semplice.

Pathfinder 2 è un d20 system, per cui la risoluzione delle azioni passa attraverso l’uso del dado a 20 facce. Quando si deve compiere un’azione, il giocatore lancia il relativo dado, ci somma alcuni modificatori (bonus o penalità) e confronta il risultato finale con una Classe Difficoltà (CD) determinata dal master o dalle regole: se pareggia o supera tale valore, l’azione ha successo, in caso contrario fallisce. Questa meccanica viene utilizzata sempre, che si tratti di un tiro abilità per ricordare conoscenze o per attaccare in mischia. In caso di combattimento la Classe Difficoltà si chiama Classe Armatura (CA) e viene determinata dal tipo di armatura indossata, dal bonus di Destrezza e dalla presenza o meno dello scudo, ma la meccanica è immutata. In Pathfinder 2 c’è sempre un giocatore che tira contro una CD (che sia per attaccare, come un colpo di spada, o che sia per difendersi, come un tiro salvezza sui riflessi) e non capita mai che due giocatori, compreso il master, tirino i dadi l’uno contro l’altro. Questa è una grossa differenza rispetto a prima. Facciamo il classico esempio del ladro che vuole passare inosservato da una guardia: nelle precedenti versioni del d20 system, che fosse Pathfinder prima edizione o D&D, il ladro avrebbe tirato su Furtività e la guardia su Percezione, con il risultato più alto a decidere il vincitore. In Pathfinder 2 tira il dado una sola persona, di solito la parte che “agisce” (in questo caso il ladro), la CD bersaglio viene calcolata prendendo il bonus di Percezione della guardia e sommandoci 10 (che rappresenta, come è evidente, il risultato medio del d20). Oltre ad evitare un tiro di dado in più, questo sistema di calcolo rende uniforme il gioco: la Classe Armatura e la CD degli incantesimi è sempre stata calcolata in questo modo, ma per le abilità si è invece fatto ricorso al tiro di dado in opposizione. Capire come funziona la meccanica di risoluzione delle azioni è il primo passo, il secondo è capire come è stato rifondato il sistema dei modificatori, che è poi il punto dove, a livello matematico, Pathfinder 2 si distacca dalle altre versioni del d20 system. In questo gioco viene utilizzato un sistema di competenze: il personaggio può essere non addestrato in un compito (utilizzando solo il bonus di caratteristica), oppure essere addestrato/esperto/maestro/leggendario in una certa attività, ottenendo un bonus pari al suo attuale livello del personaggio più 2/4/6/8 rispettivamente. Se considerate che questa meccanica si adopera per TUTTO (competenza nelle armatura, nelle armi, negli incantesimi, nelle abilità, etc.) dovreste avere un’idea della grande differenza che passa rispetto alle vecchie edizioni. I vecchi d20 system prevedevano dei sistemi di crescita del bonus di attacco, dei tiri salvezza, della CD degli incantesimi e della Classe Armatura che erano diversi l’uno dall’altro. In Pathfinder 2 tutti i bonus crescono alla stessa maniera, quindi sono direttamente confrontabili in termini di potere. Oltre a questo, dato che ogni livello di competenza permette di sommare l’attuale livello del personaggio, vi troverete con dei bonus numericamente superiori alle vecchie edizioni.

 


Recensire un manuale di 600 pagine in maniera minuziosa richiederebbe un articolo lungo almeno la metà. Questa recensione da per presupposta una vostra conoscenza minima non solo del gioco di ruolo ma anche del d20 system, motivo per cui vorrei limitarmi, a questo punto, a focalizzare la mia attenzione su due grosse novità introdotte con questa edizione. La prima, molto apprezzata, è il sistema delle tre azioni in combattimento. Ogni personaggio o creatura, all’inizio del proprio round, riceve tre azioni, che può utilizzare per compiere qualunque tipo di mossa, senza limitazione alcuna, salvo appunto il fatto di averne tre. Un personaggio potrebbe muoversi (1 azione), estrarre un’arma (1 azione) e sferrare un attacco (1 azione) oppure potrebbe colpire tre volte di seguito (1 azione per ogni attacco). Esistono delle attività che costano un numero maggiore di azioni, come gli incantesimi, che in genere costano 2 azioni. Oltre alle 3 azioni, il personaggio riceve 1 reazione, come parare con lo scudo o fare un attacco di opportunità, e infinite azioni gratuite. La parata con lo scudo è una delle piccole innovazioni di questa edizione: non solo lo scudo deve essere attivamente alzato (al costo di 1 azione) per fornire il suo bonus alla Classe Armatura ma, in aggiunta, è possibile spendere la propria reazione per parare attivamente, cioè ridurre i danni di un attacco. Interessante è anche il fatto che non tutte le classi hanno accesso alle stesse reazioni: solo il guerriero possiede l’attacco di opportunità, così come solo il campione possiede la parata con lo scudo. Questa personalizzazione non mi dispiace, soprattutto riguardo all’attacco di opportunità: il fatto che nelle precedenti versioni del d20 system fosse a disposizione di tutti, rendeva gli scontri di fatto statici, perché una volta giunti in mischia nessuno tentava azioni di movimento per non rischiare l’attacco. In Pathfinder 2 solo i guerrieri e alcuni mostri hanno questa possibilità, quindi il movimento tattico viene salvaguardato, rendendo il campo di battaglia più fluido. Torniamo un attimo al sistema delle tre azioni: come ho scritto, è possibile attaccare fino a tre volte nello stesso round, e questo già dal 1° livello. Anche questa è una grossa novità, dato che le vecchie edizioni legavano la possibilità di attacchi multipli al Bonus di Attacco Base e, quindi, al livello del personaggio. In Pathifinder 2 chiunque può usare le proprie azioni come meglio crede e può farlo sin da subito. Questo non significa però che ogni attacco ha le stesse possibilità di andare a segno: la penalità da attacco multiplo stabilisce che il secondo attacco venga portato con -5, mentre dal terzo in poi la penalità arriva a -10. Dato che il bonus di competenza vale sia per l’attacco che per la difesa, la penalità da attacco multiplo rende difficile andare segno dal secondo attacco in poi, i giocatori sono spinti a cercare un uso più produttivo delle proprie azioni. La penalità da attacco multiplo si riduce per armi agili e per talune classi come il monaco o il ranger, rendendo queste ultime le specialiste degli attacchi a raffica.

La seconda grossa novità portata da Pathfinder 2 è nella gestione dei colpi e dei fallimenti critici. Se il vostro personaggio, con la sua prova, supera la CD di 10 o più, mette a segno un successo critico. Questo significa che in combattimento, se il vostro tiro di attacco supera la Classe Armatura di 10+, è critico e raddoppiate i danni! Questo sistema è rivoluzionario: nelle altre edizioni o in giochi simili come D&D 5, anche se siete di 20° livello e il vostro nemico è un infimo coboldo, potete fare un critico solo tirando 20 sul dado, quindi la possibilità di fare critico non solo non aumenta con il livello, ma è del tutto casuale. In Pathfinder 2, chi è di livello maggiore ottiene una percentuale crescente di mettere a segno un colpo critico (ricordate? Con la competenza il livello del personaggio si somma a tutte le azioni, quindi, ove la disparità si fa evidente, le cose si notano!) e di spazzare via con più facilità nemici di livello inferiore; in maniera speculare, i personaggi corrono un bel rischio quando affrontano un nemico molto potente, un utile deterrente contro la tendenza a cercare sempre e comunque lo scontro. Ottenere 20 sul dado, in Pathfinder 2, aumenta il livello di successo del vostro tiro di un grado, quindi un successo diventa un successo critico, e un fallimento diventa un successo. Il fallimento critico funziona in maniera analoga e contraria, e avviene quando il vostro tiro è inferiore alla CD richiesta di 10 o più, con l’1 naturale che abbassa il vostro livello di successo/fallimento di un grado automaticamente. Il fallimento critico in combattimento non ha un significato speciale di suo (salvo mancare l’attacco, ovviamente), ma esistono molti poteri dei nemici che si attivano quando fallite criticamente, poteri decisamente spiacevoli per il povero personaggio. Al di fuori del combattimento, per esempio nel campo delle abilità, le conseguenze di un fallimento critico sono descritte da regole specifiche o improvvisate dal Master.

 

Se prendete questo regolamento assolutamente solido, completo, bilanciato e matematicamente ineccepibile e vi aggiungete un sistema di personalizzazione del personaggio che non ha eguali fra i giochi d20 system (e simili, come ad esempio D&D 5), capirete perché penso che questa edizione di Pathfinder non solo ha fatto centro ma non ha rivali nel suo ambito. La faccenda della personalizzazione è importante e vale la pena spenderci due paroline al volo. Un personaggio di Pathfinder è la somma di vari elementi, come la stirpe, il background e la classe ed ognuno di essi offre delle scelte uniche. Prendiamo la stirpe: a parte determinate caratteristiche base uguali per ogni membro di una certa razza (come la velocità, la lingua, l’eventuale visione notturna etc.), tutti gli altri “poteri” sono a scelta e messi insieme formano una sorta di “albero” di talenti che, a seconda di quali vengono scelti, possono specializzare il personaggio in un campo piuttosto che in un altro. Per fare un esempio, se scegliete di giocare un nano, potrete scegliere di avere occhio per porte e passaggi segreti, oppure un forte odio per gli orchi, oppure essere bravi a lottare contro creature più grandi di voi, etc. Ogni decisione fa da requisito a future scelte che avverranno in futuro, con l’aumentare del livello. Per la classe si può fare lo stesso discorso, ma con ampiezza ancora maggiore: ogni tot livelli il giocatore deve scegliere un talento di classe (posseduto solo da quella specifica classe e non dalle altre) che lo rende unico e diverso anche da altri membri della stessa classe. Un campione può specializzarsi nella distruzione di non morti, un altro nell’affrontare diavoli e demoni, uno può preferire i talenti che potenziano lo scudo e la difesa, mentre un altro può prediligere le scelte offensive. Esistono anche talenti generici aperti a tutte le classi, ma in genere riguardano il miglioramento delle abilità e non le capacità uniche di classe.

La seconda edizione di Pathfinder si presenta come un gioco di ruolo completo, ragionato, solido a livello di meccaniche, che offre ai giocatori tutto ciò che serve per creare un personaggio unico, non solo come idea ma anche a livello di regole e poteri. E’ possibile divertirsi a creare innumerevoli “build”, combinazioni di stirpi e classi sempre diversi, ma il sistema supporta anche il giocatore che non vuole starci a pensare troppo, assicurando che in ogni caso il personaggio sia competitivo e bilanciato con gli altri membri del gruppo. Il nuovo sistema delle tre azioni, dei colpi critici e la semplice meccanica di risoluzione degli eventi fa sì che il gioco al tavolo sia scorrevole. Se cercate un sistema solido e dettagliato, se volete personaggi unici e vi divertite a combinare poteri e talenti, se cercate qualcosa di nuovo ma senza allontanarvi troppo dai sistemi che già conoscete, se la banalità della 5° edizione di D&D vi ha stufato, Pathfinder 2 è la scelta giusta per voi!

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