Già da un po’ di anni, nell’ambito dei giochi di ruolo, si sente
parlare di giochi indie o new wave. Per spiegare cosa sono realmente dovrei
scrivere non uno ma cento articoli, e anche in quel caso ci sarebbe qualcuno
che non sarebbe d’accordo. Nei forum dei giochi di ruolo non ho mai visto tanta
gente scannarsi e litigare quanto nei topic dedicati a questo argomento, motivo
per cui io stesso mi terrò alla larga dal tentativo di darne una definizione
formale. Al fine di poter seguire questo articolo, vi basti sapere che i giochi
indie si presentano come libricini di non più di 100 pagine, in cui le (poche)
regole sono ad esclusivo servizio della narrazione. Il ruolo del master è
limitato o del tutto assente, gli stessi giocatori fanno a turno nell’impostare
e descrivere le scene. In alcuni giochi vi è un vero vincitore, in altri conta
soltanto la storia e il suo sviluppo. Le regole sono scarne, rivolte perlopiù
alla gestione dei conflitti e all’impostazione di una scena, e non c’è il
tentativo (tipico dei giochi di ruolo tradizionali) di tradurre in regole i
processi fisici del mondo reale. Le schede dei personaggi riflettono questa
impostazione, e si nota infatti l’assenza di concetti come punti ferita o
abilità espresse in valori numerici. Un’altra caratteristica di alcuni giochi
indie è l’ambientazione, estremamente dedicata e tagliata su misura al tipo di
storia che il gioco vuole aiutare a creare. Esistono indie dedicati al mondo
della boxe, ai mormoni americani, all’assedio di Costantinopoli e così via: si
tratta di ambientazioni estremamente specializzate che funzionano unicamente
per quel gioco. Potrei andare avanti per un po’ a sottolineare le differenze
tra giochi indie e giochi tradizionali, ma spero che, almeno in parte, abbiate
afferrato il concetto. Chi è davvero interessato può dare un’occhiata su
wikipedia e poi spulciarsi un po’ di thread in questo forum.
Tutta questa premessa mi è servita per farvi entrare in argomento; il
mio scopo è condividere con voi una riflessione, ma per farlo occorre procedere
per gradi. Il punto di partenza è: come mai sono nati i giochi indie? Qual è il
loro scopo? Io penso che un bel giorno (date e nomi non sono importanti),
alcuni giocatori si sono rotti le palle del master frustrato e dei loro
compagni, e si siano chiesti se davvero le cose in un gioco di ruolo dovessero
andare in quella maniera. Mascherando il tutto con un’indagine profonda sulle
meccaniche sociali del gioco di ruolo, hanno bollato come “disfunzionali” i
giochi tradizionali e creato dal nulla i giochi indie, che di fatto
neutralizzano il potere del master e le combo dei giocatori powerplay. Il tipo
di gioco che si ottiene con un indie è molto diverso da quello tradizionale:
non c’è una scheda del personaggio intesa in senso classico, spesso non c’è
neppure l’avanzamento dell’esperienza, mentre le capacità del personaggio sono
legate alle idee e agli spunti di interpretazione del giocatore e non a dati
numerici certi. Questo esempio dovrebbe illuminarvi: in un gioco tradizionale, se
il vostro personaggio risolve un combattimento con una mossa difficile ed
estremamente cool, lo deve principalmente ai suoi punteggi; in un gioco indie
basta descrivere in maniera figa un’azione per renderla vera all’interno del
gioco, poiché quello che conta è creare una storia divertente, non i numeri.
Non c’è niente di male in questo tipo di gioco, intendiamoci. E’ simile ai
giochi da tavolo come “C’era una Volta” ed in effetti i giochi indie hanno molte
cose in comune con tali giochi, come la possibilità che vi sia un effettivo
vincitore oppure la natura episodica delle storie. Il gioco indie è adatto a
partite che nascono e muoiono in singole serate, al contrario delle storie
portate avanti in un gioco di ruolo tradizionale, caratterizzate proprio dalla
lunga durata.
I sostenitori del gioco indie hanno etichettato i giochi di ruolo tradizionali
come “disfunzionali”, poiché non permetterebbero di raggiungere lo scopo che in
teoria si prefiggono, cioè il divertimento e la narrazione di una storia
tramite l’interpretazione. Per sembrare più convincenti, hanno elaborato
svariate teorie a sostegno della loro tesi, nelle quali si cerca di far passare
per mentecatti i giocatori tradizionali, a loro dire non sufficientemente
evoluti da comprendere la meravigliosa rivoluzione indie di cui sarebbero
portatori. Queste sono tutte stronzate! Il fatto che tu, singolo giocatore, ti
sei trovato male con i giochi che adesso chiami tradizionali, non significa che
tale gioco sia disfunzionale. Significa solo che: a) a te non piace, oppure b)
lo stavi giocando con degli stronzi. Il gioco di ruolo si basa sull’interazione
sociale; ogni difetto delle persone che lo giocano si riflette sul tipo di
gioco che si sviluppa attorno al tavolo. Al di là di un buon regolamento,
quello che fa davvero funzionare il gioco di ruolo è l’alchimia fra i suoi
partecipanti. Gruppi di amici affiatati, che sanno cosa vogliono e remano tutti
nella stessa direzione, possono rendere piacevole persino un gioco con le
regole fallate. Al contrario, nessun sistema di regole, neppure il più fine ed
evoluto, può fare nulla contro la stronzaggine e le meschinità di un gruppo di
persone dagli interessi contrastanti. Non importa se esistono davvero giochi di
ruolo tradizionali che dicono una cosa e ne fanno un’altra, “disfunzionali”
secondo la teoria indie. Si può far funzionare qualunque gioco se alla base c’è
un gruppo unito, e non servono astruse teorie per capire che è così, basta
semplicemente guardarsi attorno. Il mio gruppo di gioco comprende amici che
giocano insieme da anni: ognuno conosce i gusti di chi gli siede accanto e sa
venire incontro ai desideri dell’altro. Occasionalmente si sono aggiunte delle
persone: chi mostrava gli stessi gusti e lo stesso modo di giocare, è stato
integrato con facilità; chi invece era portatore di gusti ed esigenze diverse,
presto o tardi veniva respinto, ma non per cattiveria, semplicemente perché è
inutile continuare a giocare insieme se le aspettative riguardo al gioco sono diverse.
Negli anni ho conosciuto molti gruppi affiatati al loro interno; analogamente,
ho partecipato a sessioni di gioco con gruppi assemblati “a cazzo”, dove si
faceva un pessimo di gioco di ruolo, e sono sicuro che posso dire lo stesso di
voi lettori.
Alla
fine della fiera, ciò che conta è avere un gruppo funzionale. Se poi lo è anche
il gioco, tanto di guadagnato, ma non è quella la cosa importante. I giochi
indie nascono dalla premessa che i giochi di ruolo tradizionali sono
disfunzionali, ma chiaramente non è così. Ma allora a cosa servono? Qual è davvero
il loro scopo? Io penso che se una persona dice di voler giocare un indie, sta
lanciando una sorta di segnale silenzioso. Sta dicendo che vuole giocare senza
powerplay, master rompiballe o con manuali da 400 pagine zeppe di regole. Sta
dicendo che vuole concentrarsi unicamente sull’interpretazione e la narrazione,
e desidera uno stile di gioco coerente con questo suo desiderio. Quando ho
paragonato il gioco indie al gioco da tavolo non l’ho fatto per caso: nei
giochi da tavolo nessuno cambia le regole, o giochi così o passi ad altro. Se
giochi a Monopoli o Risiko, non ti metti a cambiare le regole, se non ti
piacciono semplicemente non ci giochi. Il gioco di ruolo indie è così: ha
pochissime regole, ma devono essere rispettate alla lettera affinché il gioco
possa funzionare. Il gioco di ruolo tradizionale, invece, fa ampio uso di
regole casalinghe create dai singoli gruppi; ciò è necessario non tanto per
l’eventuale caso non contemplato dalle regole, quanto per adattare il gioco
allo stile del gruppo. Poiché ogni gruppo di giocatori è unico, lo stesso
avverrà per le regole create da loro. Non esisterà mai una versione di D&D
valida per tutti i giocatori del mondo; esisteranno invece tanti modi di
giocare a D&D, ognuna valida per il gruppo che la adotta. Questa
singolarità rende speciale e caratteristico il gioco di ruolo tradizionale;
essa richiede unità e coesione nel gruppo, ma non sempre può avvenire, perché
dietro ad un gruppo ci sono delle persone, con le loro inevitabili diversità e
stranezze. I giocatori indie vengono da gruppi scoppiati o fallimentari perché
non gradivano il tipo di gioco che veniva portato avanti al suo interno.
Dichiararsi giocatori indie è un modo per indicare, in una parola, cosa
vorresti trovare nella tua esperienza di gioco e cosa no. Lasciamo quindi da
parte stupide teorie e ripartiamo da zero. Al mondo esistono tre tipi di
giocatori: quelli che giocano in maniera tradizionale ed hanno alle spalle un
gruppo solido e ben affiatato; quelli che giocano in maniera tradizionale all’interno
di un gruppo male assemblato, che sfogano nel gioco meschinità e rancori;
quelli che si sono rotti le palle di stare all’interno di questi gruppi e si
sono dati ai giochi indie, sperando che le regole particolari di questi giochi
tengano alla larga i comportamenti indegni di cui sopra. Questo può davvero
avvenire? Ho i miei dubbi; se un gioco indie può funzionare, avverrà non tanto
per le sue regole, quanto perché chiunque vi partecipa sta cercando la stessa
esperienza ludica. Ancora un volta, si torna sempre alla solita questione: i
giochi sono solo giochi, la differenza la fanno le persone dietro …
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