venerdì 14 febbraio 2014

Lo Hobbit: La Desolazione di Smaug




Con colpevole ritardo torno a voi con un pezzo dedicato al secondo film de “Lo Hobbit”, uscito a Natale nelle sale di tutto il mondo. Se vi ricordate, in chiusura dell’articolo che dedicai al primo film, mi chiedevo cosa sarebbe finito nei sequel, dato che gli eventi narrati nel film coprivano circa metà del libro. Temevo “un’annacquatura” della saga con scene inventate o diluite in maniera artificiale, e in effetti è proprio quello che è successo: “La Desolazione di Smaug” porta avanti la storia fino al momento in cui il drago esce dalla Montagna Solitaria e si dirige infuriato verso la città di Pontelagolungo. Il film finisce sul più bello,  lasciando al prossimo tutta l’azione e la battaglia che ne seguirà. Il film nel complesso mi è piaciuto, ma vi ho trovato diverse cadute di stile; “La Desolazione di Smaug” è (sarà) probabilmente il punto più debole di tutta la saga, non solo de Lo Hobbit, ma pure del Signore degli Anelli, dato che Peter Jackson sta cercando in tutti i modi di fondere le due trilogie in un’unica “coerente” storia. L’unica pietra di paragone per tale operazione sono le due trilogie di Star Wars, e proprio come questa, anche la saga della Terra di Mezzo ha appena avuto la sua Minaccia Fantasma, che per i profani significa il suo episodio più scarso. Per fortuna non siamo davvero a quel livello: molte cadute di tono e di stile, come ho detto, ma anche tanta roba buona e interessante. Come un anno fa, non ho intenzione di fare una vera e propria recensione del film, ma solo una comparazione fra la storia del film e quella del romanzo. A questo proposito, un’avvertenza: non mi metterò a ripetere quanto ho già scritto nel primo articolo, né perderò troppo tempo per sottolineare le differenze che ho già analizzato a sufficienza, pertanto vi invito a (ri)dargli un’occhiata se mai vi foste persi qualcosa.



Il film si apre con l’incontro fra Thorin Scudodiquercia e Gandalf nella locanda del Puledro Impennato, a Brea. Questo evento non si trova ne “Lo Hobbit”, bensì nei “Racconti Incompiuti”, un libro che raccoglie gli scritti di Tolkien su varie vicende della Terra di Mezzo che, per un motivo o per l’altro, non furono portati a compimento. Nel film è Gandalf a voler parlare con Thorin, che lo sprona ad agire contro il drago ed a recuperare l’Arkengemma al fine di riunire gli eserciti dei sette casati dei nani. Nei “Racconti Incompiuti”, le cose vanno un po’ diversamente. Innanzitutto è il contesto ad essere diverso: Gandalf sa già del ritorno di Sauron, e teme cosa potrebbe accadere se il drago unisse le sue forze a quelle di Mordor. Gandalf incontra Thorin nei pressi di Brea, ma è il nano a cercare lo stregone, allo scopo di chiedergli un consiglio. I due viaggiano fino ai Monti Azzurri e li Thorin rivela le sue pene a Gandalf: i torti subiti dalla sua gente, la perdita del tesoro dei suoi avi, nonché il dovere di vendicarsi su Smaug, tutte cose che un nano della Terra di Mezzo prende terribilmente sul serio. Thorin pensava ad una spedizione armata, mentre Gandalf riteneva la cosa una follia. Dopo un viaggio nella Contea, Gandalf ha un’intuizione su Bilbo Baggins ed il ruolo che potrebbe recitare in una spedizione contro il drago, quindi propone a Thorin l’impresa. Sulle prime Thorin non voleva saperne, ma sappiamo bene come è andata a finire: utilizzando la mappa e la chiave come leva, Gandalf riesce a convincere il testardo nano, dando così inizio alla Cerca di Erebor. Quale fosse il vero scopo della spedizione dei nani (recuperare parte del tesoro o uccidere il drago), è tuttavia una questione abbastanza complessa, che né il film né il libro risolvono con chiarezza. Nessuno con un po’ di buonsenso può davvero credere che dodici nani e un hobbit possano sconfiggere un drago sputafuoco; nei “Racconti Incompiuti” Gandalf suggerisce che, in cuor suo, neppure Thorin stesso lo credeva possibile, la natura della spedizione poteva essere unicamente quella di recuperare parte del tesoro ed eventualmente spiare il drago e le sue mosse. Gandalf sicuramente desiderava l’uccisione del drago, poiché voleva evitare che questi si unisse in futuro a Sauron, ma è difficile credere che reputasse i nani all’altezza del compito. Il Gandalf del film, poi, non ha neppure idea che Sauron sia tornato, pertanto il suo interesse nella faccenda del drago è quanto mai nebuloso. Gandalf è una forza che agisce per il bene, ma anche mettendola in questa maniera, l’interesse specifico dello stregone è difficile da trovare.



Dopo il flashback iniziale, il film riprende esattamente dove terminava il precedente, con i nani in fuga da Azog e dai suoi orchi. Per risparmiare tempo, vi dico subito che tutte le scene in cui sono presenti gli orchi sono del tutto inventate o alterate rispetto al libro: nessun orco insegue la compagnia dei nani e lo stesso Azog è già morto e sepolto da un pezzo, come ho spiegato nel commento al primo film. L’incontro con Beorn nel film, pertanto, avviene in modo completamente diverso rispetto al libro: inseguiti e braccati dagli orchi nel primo caso, in maniera del tutto tranquilla e rilassata nel secondo. Nel romanzo Gandalf presenta i nani e Bilbo al gigantesco mutaforma un po’ per volta, descrivendo intanto le loro peripezie contro gli orchi e i mannari. Beorn invita i nani a cena, dove vengono serviti da cavalli parlanti (lo so, è assurdo, ma Lo Hobbit è una fiaba, il film ha un tono del tutto diverso), e nella notte si allontana nella sua forma di orso per controllare la storia dei nani. Bilbo spia Beorn mentre lascia la casa e si prende un bello spavento ma l’indomani lui e i nani troveranno un Beorn ancora più gentile e disponibile: dà loro dei pony, delle provviste e un cavallo per Gandalf. Nel film gli eventi sono più precipitosi, Beorn appare molto più minaccioso e se aiuta i nani è soltanto perché odia di più gli orchi. Beorn avverte i nani di non lasciare il sentiero, una volta che saranno entrati nella foresta, quindi li congeda. Arrivati a Bosco Atro, anche Gandalf saluta i nani e va per la sua strada. Ma quale? Alla fine del romanzo, dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti, Gandalf rivela come si sia unito al Consiglio formato da Elrond, Galadriel e Saruman per scacciare Sauron da Dol Guldur. Nel film è probabile che avvenga lo stesso, ma con alcune differenze. Innanzitutto, l’evento finale (la cacciata di Sauron) avverrà nel terzo episodio, per cui dovremo aspettare per vedere come finiranno le cose; in secondo luogo, Gandalf ignora che è proprio Sauron a nascondersi fra le rovine di Dol Guldur. Lo scopre con gran disappunto proprio in questo film, venendo catturato dallo stesso Oscuro Signore nel corso di uno scontro che, rispetto al romanzo, è del tutto inventato.



Torniamo alla nostra combriccola di nani: iniziano ad attraversare Bosco Atro stando attenti a non abbandonare il sentiero, secondo le indicazioni di Gandalf e di Beorn. Indicazioni davvero utili, ma prevedibilmente disattese, dato che si smarriscono in fretta. Bilbo si arrampica su un albero per capire in che direzione stanno marciando, ma quando ridiscende verso terra, scopre con orrore che i nani sono stati fatti prigionieri dai ragni di Bosco Atro. Grazie all’anello riesce a sfuggirgli, prima, e a liberare i suoi compagni, poi, ma i ragni si accorgono in fretta di essere stati beffati e comincia lo scontro. La battaglia resta in bilico per un po’, ma con l’arrivo degli elfi, e in particolare di Legolas e della sua bella amica Tauriel, lo scontro termina rapidamente, e dato che nani ed elfi si odiano alquanto, il principe elfo fa prigionieri tutti quanti … eccetto Bilbo, ovviamente, che grazie all’anello la sfanga un’altra volta. Nel libro, come al solito, le cose vanno un po’ diversamente: all’attraversamento della foresta viene dedicato più attenzione, con diverse scene aggiunte, come ad esempio l’attraversamento di un fiume incantato. Dopo essersi addentrati ancora di più nella foresta, i nani notano delle strane luci: si tratta degli elfi, ma ogni volta che riescono ad arrivare vicino alle luci, queste si spengono, lasciandoli nel buio disorientati. Proprio in una di queste occasioni i ragni attaccano e catturano i nani; catturano anche Bilbo a dire la verità, ma questi riesce ad uccidere in fretta il ragno che lo stava immobilizzando in un bozzolo, quindi fugge usando l’anello. Per puro caso riesce a trovare i nani, prigionieri delle ragnatele, e sente i ragni parlare fra loro su come uccideranno i poveri nani. Anche nel film Bilbo riesce a comprendere il linguaggio dei ragni, ma soltanto dopo aver indossato l’anello, e in questo caso tanto di cappello a Peter Jackson, che con questo espediente riesce a rispettare il libro senza intaccare il tono più serio del film. Bilbo libera i nani grazie ad uno stratagemma; non è importante scendere nei dettagli, salvo uno, fondamentale: Bilbo rivela ai nani i poteri magici del suo anello. Una differenza non da poco rispetto al film, e io credo che difficilmente ci sarà questa rivelazione, anche se dovremo aspettare la conclusione della trilogia per vedere cosa deciderà Peter Jackson. I nani riescono a fuggire dai ragni, ma quando è il momento di contarsi, scoprono con orrore che ne manca uno, il più importante: Thorin Scudodiquercia in persona!



Quando ancora i nani inseguivano le luci degli Elfi Silvani, Thorin era rimasto svenuto in una radura a causa delle arti magiche di questi, e sono proprio gli elfi a trovarlo e portarlo via. Stante il poco amore che nutrono per i nani, lo sbattono in prigione. Thranduil, il re degli Elfi Silvani (che nel libro si vede per la prima volta, mentre noi spettatori lo avevamo già visto nell’introduzione del primo film), nonché padre di Legolas, interroga Thorin circa la sua presenza nella foresta. Thorin fa scena muta e viene rimesso in cella. Una sorte che poco dopo condividerà con tutti gli altri nani, catturati dagli Elfi Silvani subito dopo la fuga dai ragni. Thranduil interroga i compagni di Thorin, ma questi, come il loro capo, non aprono bocca, facendolo infuriare. Secondo il Re degli Elfi, i nani hanno violato i confini del suo regno, infastidito la sua corte (ricordate le luci nel bosco?) e fatto eccitare i ragni fino a renderli pericolosi, tutti ottimi motivi per farli finire dietro le sbarre insieme al loro capo. La versione filmica è parecchio diversa: Thranduil cattura i nani tutti insieme, ma interroga solo il loro capo; inoltre, il Re degli Elfi Silvani sa benissimo chi è Thorin e cosa sta facendo nella sua foresta, al punto da arrivare ad offrirgli il suo aiuto in cambio di bianche gemme, che adora sopra ogni cosa. La liberazione dei nani ad opera di Bilbo è invece simile tanto nel romanzo quanto nel film: Bilbo sfrutta l’ubriachezza del maggiordomo e del capo delle guardie per nascondere i nani nei barili. Peccato che ne “Le Due Torri” avevamo visto come Legolas fosse immune agli effetti dell’alcool, perlomeno secondo Peter Jackson! Ma questo è il minimo perché tutto ciò che segue è inventato di sana pianta: nel libro non c’è nessun inseguimento degli orchi, non c’è Legolas (che in effetti non appare mai), non c’è Tauriel e non c’è nessun nano che viene ferito. Anche l’arrivo a Pontelagolungo è diverso: nel film i nani vi arrivano di nascosto, grazie all’aiuto di Bard. Nel libro, Bard deve ancora fare la sua apparizione, mentre il capo dei nani rivela subito la sua identità al Governatore. In questo senso, la scena in cui Thorin infiamma l’animo dei cittadini e scatena la frenesia dell’oro è presente in tutte e due le fonti, semplicemente manca Bard, che nel film mette in guardia (abbastanza saggiamente, viene da dire) la città da ciò che potrebbe succedere se il drago venisse risvegliato. Il Governatore si mette a disposizione di Thorin e dei nani e offre un banchetto in loro onore. Anche Thranduil, il Re degli Elfi Silvani, viene a sapere cosa sta succedendo a Pontelagolungo, ed intuisce in parte le intenzioni di Thorin: secondo il Re, lo scopo dei nani è di depredare Smaug e per questo vuole la sua parte: non sospetta minimamente che questi, del tutto incoscientemente, vogliono tentare anche di ucciderlo. Il Governatore della città sul lago, dal canto suo, ritiene che Thorin e la sua compagnia siano solo degli imbroglioni, e pertanto resta stupito nel vederli partire davvero. Quindici giorni dopo essere arrivati a Pontelagolungo, Thorin e la sua compagnia lasciano la città sul lago e si dirigono verso la Montagna Solitaria. Nel film alcuni nani vengono lasciati indietro (con motivazioni abbastanza assurde, caro il mio Peter Jackson), con l’aggiunta di un ulteriore scontro tra nani, elfi ed orchi del quale non c’è traccia fra le pagine del romanzo.



Veniamo al finale del film: dopo aver trovato la porta segreta (ovviamente grazie a Bilbo, i nani ci fanno sempre la figura dei fessi), Thorin dice al nostro hobbit che è il momento di guadagnarsi la paga: deve scendere nelle sale in rovina di Erebor e cercare l’Arkengemma. Nonostante abbia un anello dell’invisibilità, Bilbo si fa scoprire abbastanza in fretta da Smaug; Thorin e gli altri arrivano in suo aiuto, tentando di distrarre il drago e di ucciderlo con dell’oro fuso. Ovviamente non funziona, il drago si scrolla di dosso l’oro bollente e punta dritto come un uragano verso la città sul lago, per raderla al suolo. Chiaramente Peter Jackson desiderava mettere un po’ di azione in più rispetto al romanzo, ma ha soltanto infilato un’assurdità dietro l’altra: tentare di uccidere un drago sputa fuoco con dell’oro fuso è senza senso, così come è senza senso vedere Smaug andarsene dalla sua tana lasciando il suo tesoro incustodito mentre i nani sono ancora al suo interno. Per fortuna le cose sono molto diverse nel libro, con meno azione, è vero, ma con molto più senso logico (si, anche con la presenza di tordi intelligenti)! Thorin manda Bilbo a dare un’occhiata al tesoro e grazie al suo anello, Bilbo torna dai nani senza farsi scoprire, portando loro una bella coppa dorata. “Visto che la prima volta è andata bene, perché non riprovare?” deve aver pensato Bilbo, ma questa volta gli va male, perché Smaug riesce a fiutarlo. Pur non riuscendo a vederlo, il drago interroga il coraggioso hobbit; Bilbo è abbastanza furbo nel dare risposte evasive, ma non abbastanza da ingannare il drago, poiché questi riesce ad intuire che viene dalla città sul lago. Smaug è così sicuro di se al punto di mostrare a Bilbo la sua pancia incrostata di diamanti, e lo hobbit non può fare a meno di notare un incavo privo di protezione nella parte sinistra del petto. Bilbo fugge e racconta ai nani ciò che ha scoperto; il caso vuole che un vecchio tordo intelligente lo ascolta; vedremo nel terzo film quanto questo sarà importante. Bilbo teme una ritorsione di Smaug e convince i nani ad entrare nella montagna dalla porta segreta insieme a lui. Appena in tempo: Smaug esce dal suo covo e frantuma l’intero fianco della montagna, porta segreta compresa, bloccando Thorin e compagni nelle viscere della stessa. Convinto di averli sistemati, si lancia a tutta velocità verso il lago, perché è arrivato il momento di punire gli uomini del lago!