mercoledì 13 marzo 2013

Dungeons & Dragons 3° edizione




Per farmi perdonare la lunga assenza dal blog, eccovi subito un’altra recensione su un gioco che ormai è un classico, la 3° edizione di D&D (in tutte le sue varianti), regina indiscussa del mondo dei giochi di ruolo per quasi un decennio. La 3° edizione è forse stata il più grosso successo commerciale di sempre nell’asfittico mercato dei giochi di ruolo. Rilasciata nel 2000, dopo appena 3 anni ne uscì una versione rivisitata, nota come edizione 3.5. Si trattò di una manovra esclusivamente commerciale, dato che le differenze fra le due edizioni erano minime. La 3.5 incorporava le varie errata e le chiarificazioni alle regole raccolte negli anni precedenti, con l’aggiunta di qualche modifica. Pur non indispensabile, l’edizione 3.5 si rivelò comunque migliore, visto il buon lavoro di revisione compiuto, e quasi tutti i giocatori passarono dall’una all’altra versione, nonostante le feroci critiche che giravano in rete sull’opportunità di una nuova edizione a così breve distanza dalla precedente.

Entrambe le edizioni utilizzano il d20 system, un sistema di gioco basato sul dado a venti facce. Questa scelta ha portato particolare fortuna non solo a D&D, ma anche all’universo dei giochi di ruolo: poiché il d20 system è un sistema generico universale, altre case editrici hanno potuto sfruttarlo per produrre supplementi di gioco per D&D, ma soprattutto per creare nuovi giochi di ruolo. Questi nuovi giochi, utilizzando un sistema già noto al grande pubblico di D&D, hanno potuto contare su un bacino di utenti più ampio del solito, poiché non era necessario apprendere nuovi regolamenti per cominciare a giocare. Si capisce pertanto come la 3° edizione, globalmente considerata, abbia frantumato ogni record di vendite.

La 3° edizione (come anche la 3.5) è divisa nei tre classici manuali, quello dedicato al giocatore, al Dungeon Master e ai mostri. Oltre all’utilizzo dei concetti tipici di D&D come classi, razze, Classe Armatura, tiri salvezza ecc., questa edizione vede l’ingresso nelle regole base delle abilità e dei talenti, nonché di un sistema di combattimento basato su una griglia quadrettata. Diventando indispensabile l’uso della mappa nei combattimenti, diventa altrettanto indispensabile l’uso di miniature per registrare la posizione dei personaggi; allo stesso modo, anche il movimento e la portata degli attacchi viene meticolosamente regolamentato.

Il maggior pregio di questa edizione è di aver razionalizzato le regole, sistemandole dentro un quadro generale logico e coerente. Il gioco precedente, il famoso Advanced Dungeons & Dragons (più brevemente AD&D), era un tremendo guazzabuglio: non solo mancava un sistema generale e coerente, ma pure le singole regole erano spesso prive di logica e bilanciamento. Personalmente ritengo che AD&D sia stata la peggiore edizione di D&D e probabilmente uno dei giochi di ruolo più brutti in assoluto. La 3° edizione ha utilizzato i concetti introdotti nelle precedenti versioni, amalgamandoli in un quadro coerente e armonico, senza mancare di introdurre nuove regole, come i talenti e gli attacchi di opportunità. Sono stati rimossi, invece, gli insensati limiti all’avanzamento dei semiumani e le preclusioni all’uso delle armi per le classi magiche; la tabella dei punti esperienza è stata unificata per tutte le classi e le abilità, da opzionali che erano, sono diventate una parte fondamentale delle regole base. Le classi di prestigio, una nuova e importante aggiunta al regolamento, permettono di personalizzare ogni personaggio in maniera notevole.

La 3° edizione, tuttavia, non è stata esente da critiche da parte dei fan. Ho già accennato a quelle rivolte all’eccessiva commercialità della versione 3.5; mi preme di più, invece, dare la mia opinione sulle critiche mosse ad alcuni aspetti del regolamento. La prima, quella di eccessiva complessità del sistema, è a mio parere male indirizzata. Il lavoro fatto sulle regole per amalgamarle in un insieme logico e coerente ha indubbiamente portato ad un aumento delle stesse. La complessità del sistema è certamente cresciuta, ma non così tanto da renderlo indigesto o troppo difficile da giocare. Il fatto che ora le regole facciano parte di un sistema organico facilita invece la loro comprensione, poiché ogni regola è la logica conseguenza di un’altra. Ben più arduo era approcciarsi alla precedente edizione, quell’AD&D dove ogni regola faceva storia a sé e la mancanza di senso logico rendeva più difficile imparare a giocare.

La seconda critica al gioco era quella di spingere il giocatore ad un approccio da power-player, a scapito dell’interpretazione. In genere, è considerato da power-player giocare un personaggio con l’unico scopo di vincere a tutti costi, seguendo una logica da videogioco e scegliendo poteri e abilità solamente per la loro utilità, senza chiedersi se abbiano senso nel contesto della storia o del background del personaggio. Non posso negare che molti giocatori della 3° edizione abbiano avuto questo approccio da power-player, né che le stesse regole possano spingere in questa direzione. Però non ritengo questa condanna senza appello, le regole sono solo un mezzo, uno strumento da usare secondo i nostri gusti. La 3° edizione dedica spazi anche a suggerimenti e consigli sull’interpretazione del personaggio, e sul versante delle regole presenta diverse opzioni adatte a giocatori che non abbiano come loro unico scopo di combattere e vincere sempre. E’ sempre possibile abusare delle regole, ma questa non è una colpa del sistema, la responsabilità è anche della scarsa maturità dei giocatori. 

Per finire, l’ultima critica era rivolta alla proliferazione di giochi di ruolo che sfruttavano il d20 system sulla scia del successo di D&D. Il giocatore/compratore, pur trovando un maggior numero di giochi in commercio, avrebbe visto diminuita la reale possibilità di scelta, dato che tutti i nuovi giochi avevano in comune lo stesso sistema. Questa è solo una visione parziale del fenomeno, poiché non si sofferma sulle ricadute positive che la 3° edizione di D&D ha avuto nel mondo dei giochi di ruolo. Il grande successo commerciale di D&D ha fatto da traino per l’intero mercato, permettendo la nascita di nuovi giochi che altrimenti non avrebbero mai visto la luce. Molte persone hanno iniziato a giocare, appassionandosi all’hobby del gioco di ruolo, e di questo incrementato bacino di utenza ne hanno approfittato tutti, anche i giochi che già esistevano all’arrivo di D&D. E’ opportuno, pertanto, avere una visione globale del fenomeno, senza scindere i pregi dai difetti. L’arrivo della 3° edizione ha sicuramente portato una certa standardizzazione nei regolamenti: il d20 system ha fatto la parte del leone, e molti dei giochi usciti in quegli anni hanno sfruttato tale sistema. Contemporaneamente, però, sono aumentati anche i giocatori e l’interesse per questo splendido hobby. Il d20 system (e quindi lo stesso D&D), alla prova dei fatti, ha dimostrato di essere un sistema versatile, adatto a diverse ambientazioni e in grado di catturare l’interesse di molti giocatori. Pur se i difetti non sono mancati, il giudizio finale non può che essere positivo, fosse anche solo per le ricadute benefiche che la 3° edizione ha avuto sul mercato dei giochi di ruolo, in particolare per tutti quei giochi (alcuni belli, altri brutti) che altrimenti non sarebbero mai nati.

venerdì 8 marzo 2013

Anime e Sangue




Dopo un mese di latitanza dal blog, torno da voi con una nuova recensione, quella del gioco di ruolo italiano Anime e Sangue. Me l’hanno regalato a Natale ma soltanto in questi giorni ho potuto leggerlo con calma, e devo dire che l’attesa è stata ben ripagata: Anime e Sangue è un gioco davvero intrigante, ben fatto e nel complesso originale. Le fonti di ispirazione del gioco sono facilmente riconoscibili da qualunque nerd o giocatore di ruolo, ma è il modo in cui Anime e Sangue ricombina tale materiale che risulta parecchio innovativo. Sono sicuro di avervi incuriosito, per cui direi che è il momento di passare alla recensione vera e propria. 

In Anime e Sangue i giocatori interpretano il ruolo di Spiriti, esseri di grande potere legati ad un’arma fisica. Quando una persona impugna una di queste armi, lo Spirito ne assorbe l’anima e prende il possesso del corpo, potendo così interagire di nuovo con il mondo fisico. Prima di essere ridotto in questa condizione, ogni Spirito aveva un proprio corpo fisico; tuttavia, durante la loro vita, è avvenuto qualcosa di brutto, e ora si ritrovano senza un corpo e vincolati ad un oggetto. Spetta ai giocatori decidere l’identità dello Spirito: possono creare un personaggio interamente originale oppure, e qui le cose iniziano a farsi interessanti, possono decidere di essere lo Spirito di un personaggio tratto da film, romanzi, videogiochi, fumetti o quello che vi pare! La realtà fittizia dello Spirito diventa reale nel gioco, e l’universo di Anime e Sangue è in realtà un multi-universo formato da tutti i mondi di fantasia che riuscite ad immaginare. Potete ambientare le vostre storie in mondi sempre diversi: fantasy, fantascienza, horror, mistero, pulp, Anime e Sangue è in grado di abbracciare qualsiasi ambientazione grazie alla sua peculiarità.

Ma torniamo ai nostri Spiriti: ciò che li rende davvero speciali (beh, oltre al fatto di essere vincolati ad un’arma, in grado di assorbire l’anima del proprio portatore e di coloro che riescono ad uccidere!) è il fatto che sono in grado di utilizzare la Magia. La Magia non è un potere unico, ma è diviso in scuole, o meglio in colori: il colore rosso, ad esempio, è quello della passione e delle fiamme, mentre il verde è quello della natura. Esistono sei colori della magia più il Caos, che rappresenta la mescolanza dei colori: credo che  tutti voi lettori avete già riconosciuto il legame fra Anime e Sangue e il gioco di carte Magic, l’Adunanza. Potete rendere il vostro Spirito uno specialista di un singolo colore della Magia (monocolore), oppure dividere le sue conoscenze fra due colori (bicolore); potete anche mischiare un colore con il Caos, oppure essere un mago puro del Caos. Chi sceglie il Caos ha accesso ad incantesimi di ogni colore, fatto che garantisce un’incredibile potenza e versatilità, ma il giocatore dovrà essere bravo nel selezionare i poteri che meglio si combinano fra loro, altrimenti rischierà di essere più scarso dei suoi colleghi specialisti. 

Ogni Spirito comincia il gioco al 1° livello; per ogni missione che completa con successo guadagna un livello (e un incantesimo del suo colore), incrementando così la sua potenza. Quando raggiunge il 10° livello, lo Spirito riceve la sua ricompensa da un’entità superiore (la stessa che gli affida le missioni) nella forma di un Incantesimo Speciale: recitando le sue parole magiche, lo Spirito potrà ottenere ciò che desidera realmente, come avere un nuovo corpo, oppure reincarnasi per vivere la sua vita daccapo o un effetto simile. Un po’ come in Highlander, dove l’ultimo immortale ritorna ad essere un semplice mortale, anche gli Spiriti lottano per poter tornare a vivere come persone normali, lasciandosi alle spalle la prigionia nella loro arma. 

Dal punto di vista del regolamento, Anime e Sangue presenta un sistema semplice e scarno: poiché le sue avventure spaziano per tutti i generi e le ambientazioni, l’unico modo di gestire la situazione è con poche e semplici regole. Anche la creazione del personaggio viene gestita in brevi e facili passaggi, e la parte più importante è certamente la scelta dei colori della Magia. Anime e Sangue utilizza solo dadi a 10 facce; quando un giocatore vuole compiere un’azione, lancia un certo numero di dadi, vi somma i bonus delle sue Qualità Primarie e cerca di superare il valore determinato dal Game Master. I bonus del personaggio dipendono in parte dallo Spirito (e quindi tendono a rimanere stabili nel corso del gioco, aumentando ai vari passaggi di livello), in parte dal corpo che in quel momento sta impugnando l’arma. Lo Spirito può rigenerare e resuscitare il corpo da lui posseduto, ma per farlo deve consumare le anime rubate ai nemici; inoltre, ad ogni morte, il corpo si deteriora lentamente, fino a diventare inservibile. Il giocatore dovrà quindi trovare il modo di cambiare corpo, facendo impugnare l’arma ad un'altra persona, magari con un corpo più potente (cioè con statistiche di gioco migliori). Cambiare il corpo è una parte fondamentale del gioco, ed è possibile farlo liberamente, non è necessario aspettare di trovarsi con il corpo ospite martoriato dalle ferite per fare lo scambio! Raggiungere una maggior potenza con il proprio Spirito è uno degli obiettivi dichiarati del gioco, sia tramite la fondamentale combinazione di incantesimi/colori della Magia, sia cambiando ripetutamente un corpo alla ricerca di quello più potente. 

Anime e Sangue è un gioco originale, dalle meccaniche semplici, che tenta di mettere in scena avventure frenetiche dominate dall’azione; in ogni storia è possibile cambiare radicalmente ambientazione, saltando da una realtà all’altra, avendo come meta finale il raggiungimento della ricompensa finale. Trovo sia un gioco molto valido e interessante, che propone una maniera diversa di approcciarsi alle tematiche del multi-universo. Anime e Sangue si diverte a prendere spunto da varie fonti, come Stormbringer (la spada succhia anime di Elric di Melnibone), e Magic, il gioco di carte; proprio la scelta delle combinazioni di colori e incantesimi è l’elemento più divertente e caratterizzante del gioco, che in definitiva mi trovo a consigliare a chi volesse provare qualcosa di diverso dal solito.