venerdì 11 agosto 2017

La Torre Nera (dopo il film)



Ben ritrovati. Ieri sera sono andato a vedere il film “La Torre Nera” e, come promesso, sono qui per darvi le mie impressioni, spoiler compresi. La prima cosa da dire è che il film mi è piaciuto. Nonostante le recensioni non proprio lusinghiere che ho avuto l’occasione di leggere, alla fine della fiera mi sono divertito e tanto basta. Non è un film che resterà negli annali di Hollywood, non spicca neppure fra tutti i film tratti dai libri di Stephen King ma non è quel disastro che si legge online. La sua breve durata (appena un’ora e mezzo) tiene il film concentrato sulle cose importanti, sui personaggi e le loro vicende, senza digressioni e perdite di tempo. Per alcuni, il breve minutaggio è un sintomo di qualcosa che non va, la gente è abituata a film da due ore, due ore e mezza ma, tanto per dire, i celebrati film degli anni ’80 (che Hollywood tenta di spremere con remake e reboot) raramente duravano così tanto, limitandosi  ai classici 90 minuti.




Per quanto riguarda la trama, il film segue più o meno la scia indicata nel trailer: Jack ha sogni e visioni del pistolero, dell’uomo in nero e della torre. E’ indeciso se crederci o meno finché gli sgherri dell’uomo in nero non lo vengono a cercare. Jack fugge, entra in una casa stregata e li trova un tecnologico portale che lo porta nel medio mondo. Qui incontra Roland, che inizialmente lo prende per un trucco dell’uomo in nero per fargli abbassare la guardia ma non è così: Roland si convince della sincerità di Jack e per il suo tramite vorrebbe riuscire a mettere le mani sull’uomo in nero. A differenza dei romanzi, nel film Roland non è in cerca della torre, tutto ciò che vuole è uccidere Walter, l’uomo in nero, per vendicare la morte di suo padre. Jack e Roland raggiungono un villaggio che custodisce un antico portale. Una veggente locale rivela a Roland che Jack ha poteri psichici incredibili e proprio per questo diventa un bersaglio dell’uomo in nero. Walter vuole distruggere la torre nera e per farlo ha bisogno del potenziale psichico di ragazzi dotati. Fino ad ora è solo riuscito a danneggiare la torre ma se avesse il potere di Jack a disposizione, potrebbe distruggerla. Gli sgherri di Walter attaccano il villaggio ma Roland riesce a proteggere il ragazzo e, insieme a Jack, varca il portale arrivando così sulla terra. Roland soffre per i postumi di una ferita alla spalla ma le medicine moderne della terra lo rimettono in sesto. Jack scopre che l’uomo in nero ha ucciso sua madre e il suo patrigno e brucia di rabbia e dolore. Le lacrime di Jack smuovono il cuore di Roland, che decide di abbracciare il suo ruolo di pistolero non (solo) per vendetta ma per difendere la torre, la cui distruzione trascinerebbe tutti gli universi nelle tenebre. L’uomo in nero riesce a rapire Jack e lo porta nel medio mondo, nella fortezza da cui scaglia gli attacchi alla torre. Roland fa strage dei suoi servi sulla terra, attiva un portale per il medio mondo e ha infine il suo faccia a faccia con Walter. Roland dimostra la sua incredibile bravura con le pistole ma la stregoneria di Water sembra superiore: Roland è a terra indifeso ma Jack riesce a trasmettergli la forza e il coraggio per un ultimo attacco. Roland fa fuoco due volte in rapida successione, il secondo proiettile devia la traiettoria del primo, sorprendendo l’uomo in nero che cade a terra morto (ma sarà vero?). Roland distrugge la fortezza di Walter e torna sulla terra con Jack: la torre nera è finalmente al sicuro. Dopo un hot-dog in compagnia, Roland propone a Jack di tornare nel medio mondo insieme a lui, si è dimostrato in gamba e sulla terra, ormai, Jack non ha più nessuno. Il ragazza accetta felice e termina il film. 




La trama del film non centra granché con quella dei romanzi, ma questo era ampiamente prevedibile. Come ho già detto nel precedente articolo, questo film è un sequel, nonché solo il primo atto di un potenziale franchise. Eviterò quindi ogni commento in proposito, non avrebbe senso. Più interessante è analizzare cosa il film decide di mostrare, di raccontare e se i personaggi proposti siano più o meno in linea con quelli del romanzo. Il film non è la versione di uno dei libri della saga, ma mostra luoghi ed eventi tratti da più libri contemporaneamente. La fortezza dell’uomo in nero, dove vengono tenuti i ragazzi speciali e da dove vengono lanciati gli attacchi psichici alla torre è il campo di prigionia Devar-Toi, anche noto come Algul Siento o Blue Heaven di cui si parla nel 5° libro e che viene attaccato da Roland e dai suoi compagni nel 7°. Gli sgherri dell’uomo in nero sono i Can-Toi, creature non umane che si celano sotto maschere di pelle, come si vede chiaramente anche nel film. Nei libri sono noti anche come “uomini bassi in cappotti gialli” e il film ha cura di mostrarceli anche in questa versione. Walter è il braccio destro del Re Rosso: nel film non viene detto ma si vedono i graffiti sui muri di New York che inneggiano al Re Rosso, esattamente come nei romanzi, segno che nel proseguo della saga verrà anche il suo momento. L’onore dei pistoleri ed il loro codice di comportamento è un punto centrale del film tanto quanto dei romanzi: il Roland cinematografico sembra inizialmente muoversi unicamente per vendetta, vuole uccidere l’uomo in nero perché lui ha ucciso suo padre, non per difendere la torre. Ma nel corso del film Jack riesce a ridare cuore e onore a Roland anche se, a dire il vero, non lo aveva mai abbandonato, dato che da subito ha cercato di proteggere e salvare Jack da ogni pericolo. Quando recita insieme al ragazzo il mantra del pistolero, Roland è finalmente pronto ad adempiere ai suoi compiti di protettore della torre. Lo scontro con gli sgherri dell’uomo in nero si ispira probabilmente alla sparatoria del 2° libro, anche se li erano presenti altri personaggi. La ferita alla spalla e la conseguente setticemia, curata soltanto dalle medicine della terra, ripresenta la stessa situazione che Roland ha affrontato nel corso del 2° libro (con la differenza che qui la ferita era alla mano). Un’altra cosa che mi è piaciuta molto è che il film tiene conto della tecnologia perduta del medio mondo e degli uomini bassi, mostrando portali tecnologici e non magici, come avrebbe potuto fare un adattamento più facilone (ma errato).




Veniamo ora alle differenze. Di Roland ho già detto, la sua motivazione iniziale è la vendetta, non la protezione della torre ma nel corso del film le cose cambiano in maniera naturale e per un sequel questa differenza ci può stare. Walter, l’uomo in nero, viene mostrato come un agente del male, le sue parole mutano il comportamento della gente, spingendole al suicido o ad altre azioni orribili. Rispetto ai romanzi, Walter dimostra anche poteri più “combattivi”, quando ferma i proiettili con le mani, quando usa la telecinesi sugli oggetti o quando semplicemente infiamma la sua mano per bruciare le persone. Non ricordo che nei romanzi abbia mai fatto cose simili ma l’uomo in nero è essenzialmente un mistero e come agente del male può fare come gli pare. Per essere il nemico di Roland, deve disporre di incredibili poteri, altrimenti sarebbe già stato ucciso da molto tempo. La differenza maggiore, quindi, tocca a Jack, che nel film viene dotato di poteri psichici rilevanti. Oltre ad avere visioni, Jack distrugge il demone guardiano della casa semplicemente con la forza della mente e nel finale del film riesce a tenere aperto il portale fra la terra e il medio mondo che permette a Roland di raggiungerlo. Nei libri era solo un ragazzo molto in gamba, un futuro pistolero (cosa che potrebbe ancora diventare nei futuri film) ma non uno psionico. 

Per essere un film che deve aprire un franchise, il finale è abbastanza anomalo. Roland uccide l’uomo in nero, distrugge la sua fortezza, salva la torre e se ne va via con Jack. Sappiamo che ci sarà un seguito, deve esserci, lo dicono i libri, lo dicono i produttori ed il regista, ma il film cosa dice? Anche se il finale sembra molto definitivo, se analizziamo con attenzione il film scopriamo che ci sono degli agganci per il futuro. Gli accenni al Re Rosso non possono essere stati messi li per caso, anche se l’uomo in nero è stato sconfitto, il suo signore è pronto a prenderne il posto. Roland chiede a Jack di seguirlo, perché potrebbe ancora aver bisogno di lui, segno che la lotta con le tenebre non è finita. “Finché ci sarà oscurità nel mondo la torre non sarà al sicuro”, questa frase viene detta espressamente in un paio di occasioni, vorrà pur dire qualcosa. Per finire, siamo davvero sicuri che l’uomo in nero sia davvero morto? Walter è uno stregone, ha poteri incredibili, e poteri ancora più oscuri ha il suo signore, il Re Rosso. Sono certo che per l’uomo in nero questo film non sia la fine, ma solo una temporanea sconfitta.

mercoledì 9 agosto 2017

La Torre Nera (prima del film)



Ben ritrovati. Fra le poche consolazioni che ci riserva questo agosto infuocato, c’è sicuramente l’uscita del film “La Torre Nera”, ispirato alla saga letteraria di Stephen King, sulla quale ho già scritto un pezzo alcuni anni fa. C’è grande attesa per il film, anche se le prime recensioni (esce il 10 agosto da noi in Italia ma negli States è uscito il 4) non sono molto positive. Per l’occasione, ho deciso di scrivere due pezzi, uno prima della (mia) visione del film, uno successivo. Il secondo articolo sarà chiaramente la recensione vera e propria; questo pezzo che vi accingete a leggere, invece, vuole essere un aiuto alla comprensione del film per chi non ha letto la saga di King ma non solo, sarà anche una sorta di compendio: ciò che sappiamo del film e ciò che potrebbe essere. La prima parte dell’articolo si svilupperà su una serie di domande e risposte, la seconda parte riprenderà tutti i fili in sospeso e analizzerà ciò che già sappiamo del film. Poiché non l’ho ancora visto, non ci saranno spoiler relativi ad esso ma eviterò anche spoiler per quanto riguarda i romanzi, sia per lo stretto collegamento con il film stesso, sia per permettere ai futuri lettori di gustarsi i libri senza problemi. 


Nel trailer del film vediamo un ragazzo, Jack, sognare il pistolero, l’uomo in nero e la torre. Uno psicologo cerca di convincerlo che sono solo sogni ma Jack scopre che non è così, oltrepassa una soglia mistica e finisce in un altro mondo, una terra desolata, distrutta da qualche conflitto sconosciuto. Jack incontra Roland, il pistolero e scopre che anche l’uomo in nero dei suoi sogni esiste davvero. Fra i due sembra esserci uno stato di guerra, con la torre come posta in palio. Se l’uomo in nero riuscirà a distruggerla, spiega Roland a Jack, i mondi verranno distrutti e si libererà l’inferno. Roland sembra un tizio che ne ha passate tante, si vede soprattutto dal fatto che il suo mondo è distrutto e lui non è riuscito ad impedirlo ma Jack lo convince a non gettare la spugna: esistono altri mondi ancora integri, come la terra da cui viene Jack, mondi che potrebbero subire un orribile fato se l’uomo in nero riuscirà a distruggere la torre. Roland decide di seguire Jack sulla terra e li di dare battaglia all’uomo in nero, forse per l’ultima volta. Il resto del trailer è pieno di sparatorie che mostrano l’incredibile bravura di Roland con le pistole, nonché alcuni poteri magici dell’uomo in nero. E’ un buon trailer, che dosa azione e mistero; forse rivela un po’ troppo sulla struttura della storia del film ma è un peccato veniale. Limitandomi a ciò che mostra il trailer, ecco alcune informazioni riguardanti i personaggi e l’ambientazione, informazioni il cui scopo è mettere maggiormente a suo agio il futuro spettatore del film.


Dove è ambientato il film? Jack proviene chiaramente dalla terra ma Roland (e l’uomo in nero) non sono di queste parti, provengono da un posto chiamato Medio-mondo. Il Medio-mondo è un luogo desolato, quasi spopolato, il cui livello tecnologico e culturale è simile a quello del vecchio west. In origine non era così, ma una serie di guerre l’ha portato sull’orlo dell’annientamento. Nel Medio-mondo, inoltre, la magia e il soprannaturale sono più evidenti rispetto alla terra, oltre che comunemente accettati. Nel Medio-mondo, infine, si trova la Torre Nera, che è l’obiettivo sia del pistolero che dell’uomo in nero.


Cosa è la Torre Nera? La torre nera è un nexus, il fulcro del multiverso, la ruota sui cui raggi sono impilate tutte le terre che esistono. La torre nera si estende su ogni terra ma solo nel Medio-mondo è accessibile fisicamente. Se la torre venisse distrutta, cadrebbe il perno che regge l’intero multiverso, con delle conseguenze sicuramente orribili per tutti i mondi, sebbene non chiaramente esplicitate. La torre nera, più in generale, è un mistero, perché nessuno sa cosa si cela al suo interno, è nota solo la sua funzione. Roland vuole raggiungere la torre per salvare il suo mondo (il Medio-mondo), l’uomo nero per distruggerla.


Chi è Roland? Cosa significa che è l’ultimo pistolero? Anche se il Medio-mondo è attualmente una terra desolata, un tempo non era così. Civiltà e giustizia risiedevano nella baronia di Gilead, guidata con pugno sicuro dalla stirpe dei pistoleri. Stephen King li definisce come una combinazione di cavalieri erranti e sceriffi del vecchio west, il che è una buona approssimazione, ma i pistoleri sono molto di più: guardiani della pace, messaggeri, diplomatici, spie, giustizieri ma soprattutto uomini altamente addestrati all’uso delle pistole. Neppure i pistoleri, però, sono riusciti ad impedire la distruzione di Gilead e la rovina del loro mondo. Roland Deschain è l’ultimo pistolero rimasto nel Medio-mondo, l’ultimo sopravvissuto e il suo scopo (perlomeno nei libri) è raggiungere la torre nera nella speranza di salvare ciò che resta della sua terra.


Chi è l’uomo in nero? Ogni eroe necessita di una nemesi di pari livello: il grande nemico di Roland è l’uomo in nero. Il suo vero nome è Walter, è uno stregone ed è capace di spostarsi fra i mondi. In ogni mondo assume una diversa identità (ad esempio quella di Randall Flagg, nel romanzo “L’ombra dello scorpione”) ma sempre identica è la sua propensione al male e alla distruzione. Roland ebbe a che fare con lui sin dalla giovinezza, quando Walter, sotto falso nome, cospirò per indebolire il potere di suo padre Stephen, capo dei pistoleri di Gilead. Sempre lui, l’uomo in nero, è responsabile (insieme ad altri) delle guerre che hanno insanguinato e distrutto il Medio-mondo, il che basta e avanza per fare di lui e di Roland nemici mortali. Nei libri si scopre che l’uomo in nero, seppur potente, non è che il braccio destro di una entità ancora più potente e malevola, il Re Rosso, ma è ancora presto per sapere se nel film ci sarà questa rivelazione.


Chi è Jake? Un ragazzo che si trova coinvolto in qualcosa di più grande di lui o un futuro pistolero? Nel trailer Jake è un ragazzo con delle visioni, che raggiunge il Medio-mondo e convince Roland a lottare un’ultima volta contro l’uomo in nero. Nei romanzi Jake diventa un pistolero sotto la guida di Roland, aiutandolo nella sua ricerca della torre nera. Non è l’unico, Roland otterrà l’aiuto di altre persone ma queste non compaiono nel trailer (e nel film, una cosa che già si sa) per cui è inutile dire di più. Nei romanzi, Jake conosce Roland in maniera molto diversa, ma soprattutto non è lui il motore della storia, Roland è già impegnato nella sua ricerca della torre quando incontra Jake. Ci sono sempre differenze tra film e romanzi, niente di nuovo sotto il sole, comunque l’importanza di Jake è un punto fermo di entrambe le storie.


Fin qui abbiamo analizzato ciò che si è visto nel trailer, con l’aggiunta di informazioni extra tratte dai romanzi per definire meglio il contesto. Cosa altro sappiamo del film? Innanzitutto il film non è una riduzione dell’intera saga né di uno dei romanzi in particolare: è il punto di avvio di un franchise che vorrebbe svilupparsi tramite altri film e serie televisive, un esperimento interessante ed innovativo. Se il film otterrà il successo sperato, dovrebbe vedere la luce una serie televisiva ispirata all’adolescenza di Roland, che immagino seguirà le vicende del quarto libro della saga, dove Roland racconta ai suoi compagni il suo passato. La saga potrebbe quindi continuare con altri film portando avanti la lotta contro l’uomo in nero, il Re Rosso e la ricerca della torre nera. La seconda cosa da tenere a mente è che il film (e ciò che seguirà) non vuole essere un adattamento della saga letteraria, quanto piuttosto il suo sequel. Questa scelta è contemporaneamente una furbata e una “paraculata”, come si dice a Roma. Annunciando di voler fare un sequel e non un adattamento, ti metti al riparo da ogni critica circa la fedeltà ai romanzi. In questi ultimi anni, alla ricerca di nuove idee, Hollywood ha tentato di portare al cinema storie tratte da libri e fumetti. Ciò ha immancabilmente portato i fan a fare continue critiche sulle modalità di adattamento: gli oltranzisti non accettano nessuna modifica, i possibilisti ammettono modifiche minori su quelle cose che proprio non possono funzionare al cinema (già, ma chi decide quali sono?) e poi ci sono i fan dell’ultima ora a cui va bene tutto, essendo saliti a bordo del carro solo con la visione del film, spesso asserendo una superiorità del film al materiale originario. Come trasformare un romanzo (o un fumetto) in un film e come farlo al meglio mi porterebbe su una via impervia che non ho alcuna intenzione di prendere e a quanto pare non l’hanno voluto fare neppure i produttore de “La Torre Nera”. Stabilendo di fare un sequel, hanno eliminato alla base ogni critica di questo tipo, nessuno potrebbe obiettare che “nei romanzi quella tal cosa non va così ma invece va cosà”, è un sequel, le cose possono andare come gli pare, il materiale originario viene utilizzato solamente come fonte di ispirazione. Una mossa furba, dicevo, ma anche un po’ “paracula”. Perché? Innanzitutto, anche se fai un sequel, certe cose dovrebbero restare il più possibile identiche ai romanzi, ad esempio l’ambientazione e alcune caratteristiche dei personaggi. Posso accettare che gli eventi siano diversi, ma non i personaggi e le loro motivazioni, altrimenti non è un sequel. Non vorrei che i produttori, annunciando di voler fare un sequel, pensino di avere le mani libere per fare come gli pare. Ne è un esempio il cambio dell’etnia del personaggio principale. Roland Deschain, secondo la descrizione del romanzo, è (quasi) la copia sputata di Clint Eastwood, con la differenza dei capelli scuri. Non c’è da stupirsene, dato che Stephen King ha iniziato a scrivere i romanzi dopo aver visto “Il buono, il brutto e il cattivo” e ha modellato il suo eroe sul pistolero senza nome del film di Sergio Leone. Tramutare il pistolero in un uomo di colore, seppur interpretato dal bravissimo Idris Elba, un attore che mi piace davvero molto, è una scelta incomprensibile, che nessun fan sinora ha capito (né perdonato). Il cambio dell’etnia, oltre che immotivato, ti espone anche al ridicolo involontario: il pistolero, un uomo di colore, insegue l’uomo in nero, che però è un bianco. Certo, è un bianco anche nei romanzi, veste solo di nero, ma se nei film ti trovi con un uomo nero che insegue l’uomo in nero ma in realtà bianco, devi prepararti a parecchie prese in giro su internet! Secondariamente, questa scelta di comodo (un sequel al posto di un adattamento) ti salva nel breve periodo dalle critiche dei fan, però poi ti obbliga ad una cosa davvero difficile, ovvero dare un “vero” finale alla saga. Cosa significa? Che i romanzi non hanno una fine? Qui mi muovo su un terreno difficile, perché il finale della saga è qualcosa di molto importante, e devo evitare ogni possibile spoiler. Mi limito quindi a dire che i romanzi hanno una fine, una fine che ti lascia spiazzato come un pugno nello stomaco ma, proprio perché il film è un sequel, non è quel tipo di fine che non lascia aperte delle porte. Non è il Signore degli Anelli, l’anello del potere è distrutto, Sauron è sconfitto, fine. E’ un tipo di finale che non impedisce di raccontare altre storie e il film ha colto la palla al balzo. Questo però significa che ora toccherà ai film (non a questo in particolare, questo è solo l’inizio del franchise al cinema) dare un finale alla saga. E non è mica una cosa facile, soprattutto vedendo già gli errori che sono riusciti a fare (vedi Roland). E allora? Allora chi vivrà vedrà. Intanto io domani vado al cinema e vi attendo sul blog per la recensione. A presto.

venerdì 21 luglio 2017

Lezioni di gioco di ruolo (parte III): avventure "one shot"



Scrivere avventure autoconclusive (più comunemente note come “one shot”) per i giochi di ruolo può sembrare facile ma non lo è affatto, perlomeno se intendete scrivere una vera avventura. Per vera avventura intendo una storia che assomigli ad un bel film: eventi emozionanti e coinvolgenti, una storia avvincente, personaggi interessanti, un scontro finale degno di questo nome. Spesso il one shot viene utilizzato allo scopo di presentare un sistema di gioco, per cui la parte della storia è di solito ridotta al lumicino, tipo grotta infestata dai goblin, i personaggi arrivano, ammazzano tutti, fine. Un’avventura del genere sarà utile per mostrare le meccaniche del gioco ma è chiaramente insoddisfacente da tutti gli altri punti di vista, in particolare quello della storia. Andreste al cinema a vedere un film del genere? Penso proprio di no. Inoltre, il successo del nuovo gioco di ruolo che volete presentare ai vostri amici potrebbe essere pregiudicato da un one shot di questo genere. Siete sicuri che i giocatori resteranno impressionati dal tirare dadi tutta la sera per ammazzare un paio di goblin e basta? Non sarebbe meglio mostrare loro come funziona il gioco nel contesto di una vera storia?


menare orchi e goblin è sempre divertente ma farlo dentro una buona storia è sempre meglio!


Riprendendo le fila del discorso, fare un one shot con una storia vera non è cosa facile. Il one shot deve condensare una buona storia, dei buoni personaggi e spesso un background decente del mondo di gioco. Creare i personaggi non è una cosa difficile, può essere una cosa lunga e seccante, dipende dal sistema, ma se sapete giocarlo, difficilmente generare i personaggi vi creerà problemi. Il background del mondo di gioco può portare qualche complicazione in più ma niente che non si possa risolvere in fretta. Delle due l’una: o la vostra avventura si svolge nell’ambientazione ufficiale del gioco, e in tal caso è già il gioco in se a fornirvi tutto quello che vi serve, oppure il gioco non ha un’ambientazione sua o per questa avventura preferite un mondo originale, magari per assecondare meglio la storia che avete in mente. Quest’ultimo caso vi richiederà uno sforzo supplementare di lavoro ma siamo sinceri: dovete fare un’avventura, non una campagna, difficilmente la storia che avete in mente comprenderà più di un paio di location o sarà così dettagliata da dover definire in anticipo mille dettagli. Basterà creare e portare in scena il minimo indispensabile per dare coerenza alla storia, tutto il resto non importa.



Ciò che resta, ciò che è veramente difficile, è impostare la storia. Non è solo una questione di idee. Già farsi venire l’idea giusta per una storia non è cosa semplice, il master di un gruppo lo sperimenta ogni volta che deve preparare l’avventura per il suo gruppo. Il one shot è più complicato perché la storia deve chiudersi li, non ci sarà un’altra sessione, non ci sarà un seguito, non vale ragionare come “intanto scrivo l’avventura fino a quando i personaggi arrivano alle Caverne del Terrore, il resto lo scrivo la prossima volta in base a cosa succede nel gioco”, non si può fare, l’avventura deve essere autoconclusiva. Di più, l’avventura deve essere bella, deve avere un suo impatto, deve aver qualcosa da dire, altrimenti perché farla? Con questo non voglio dire che le normali sessioni di una campagna possano invece essere “brutte” o prive di importanza. Però una sessione di una lunga campagna va valutata appunto come tale, come una parte, anche piccola, di una grossa storia, e può ben capitare che vi siano dei momento più rilassati o meno appassionanti lungo l’intera saga. Può capitare che una parte specifica della campagna risulti più noiosa o peggiore rispetto al resto, è una cosa fisiologica in un’opera seriale, in quanto è difficile per un master (ma anche per uno scrittore o un regista) riuscire ad essere sempre al top in ogni momento. Pensate a Guerre Stellari, la trilogia classica: ha un buon inizio (il primo film), un ottimo proseguo (il secondo film) e un finale in tono minore (il terzo film). Pensate ai film del Signore degli Anelli e de Lo Hobbit: tanto belli i primi quanto pessimi i secondi. Ma non parliamo solo di film, che spesso sono derivativi di un’altra opera (Lo Hobbit è un bel libro, semplicemente Peter Jackson ha totalmente sbagliato i film), prendiamo ad esempio anche opere originali: la trilogia classica di Shannara è fatta di tre libri, il primo buono, il secondo ottimo, il terzo si finisce un po’ a fatica, si salva solo per singoli momenti. Potrei andare avanti ad esempi all’infinito ma sono certo che abbiate capito. Quindi, dicevamo, il one shot deve essere una bella storia, non verrà giudicato come parte di una saga, c’è solo quello e basta. Se avete deciso di farne uno, dovrà essere qualcosa di interessante, di memorabile, perché farlo altrimenti?


sconfiggere un'orda di non morti potrebbe essere al centro di una bella avventura


Torniamo indietro: stavamo dicendo che personaggi ed ambientazione sono abbastanza facili da buttare giù, l’avventura è la parte difficile. Dovete avere una buona storia, delle belle idee e dovrà essere qualcosa che valga la pena scrivere. A dare una mano al povero master, in questo caso, può essere la struttura classica in tre atti di una storia, paradigma che viene applicato tanto nella letteratura che al cinema. Cosa prevede questo modello? Un inizio, uno sviluppo degli eventi, la loro risoluzione e il finale. Sembra una cosa banale, e probabilmente lo è, istintivamente già lo conoscete se avete letto romanzi e visto un mucchio di film ma vi assicuro che se adoperate questo modello in maniera cosciente e coerente, la vostra avventura ne beneficerà alquanto. Vediamo più in dettaglio in cosa consiste la struttura dei tre atti. Nel primo atto si introducono i personaggi e la loro missione. I personaggi possono conoscersi per la prima volta oppure sono già un gruppo ma devono comunque essere introdotti e, soprattutto, deve essere fornito loro uno scopo per agire. Un antico male che si risveglia, una missione, un prigioniero da liberare, un riscatto da pagare, ci deve essere qualcosa che spinge i personaggi ad agire, altrimenti la storia non può neppure iniziare. Nel secondo atto c’è lo sviluppo degli eventi, i personaggi si danno da fare per completare la loro missione, incontrano altre persone, si scontrano con dei nemici. La tensione continua a salire fino ad arrivare al punto di rottura, al climax, al momento in cui la storia ha una svolta imprevista e la situazione appare disperata. E’ il momento in cui lo spettatore o il lettore pensa “ed ora come diavolo ne esce fuori il protagonista?”. Segue quindi il terzo atto, dove tutti i nodi vengono al pettine, c’è lo “scontro finale”, la risoluzione della crisi. Di norma i personaggi vincono, o almeno dovrebbero, ma se state giocando una storia horror il finale potrebbe non essere così benevolo con i nostri eroi. Non ha importanza sapere se finirà bene o male, questa è una cosa che si risolverà da sé nell’avventura, quello che è importante è che deve esserci un finale, una conclusione soddisfacente che chiude tutti i punti in sospeso e … e basta, non c’è altro, la storia deve finire qui perché è un one shot, niente seguiti, niente “ci vediamo la prossima settimana”. Il finale potrebbe essere parzialmente aperto, a volte accade anche nei film o nei romanzi, pensate al finale di Inception: lo spettatore può decidere se il finale sia un sogno o realtà, può discuterne fino allo sfinimento con gli amici ma comunque una fine c’è stata.



Torniamo ai tre atti. All’interno di ognuno di essi c’è una certa varietà, una possibilità di scelta che mantiene viva la possibilità di avere storie sempre diverse pur utilizzando la stessa struttura. Partiamo dal primo atto. Abbiamo detto che questo introduce i personaggi e getta le premesse dell’intera storia. Ebbene, il concept generale dell’avventura può essere orientato più sui personaggi o più sulla storia in quanto tale. Il primo caso si ha quando la storia è al servizio dei personaggi, non importa più di tanto cosa fanno ma perché e come lo fanno. I personaggi affrontano dubbi morali, scelte etiche, crescita personale e la storia è interessante non tanto per quanto accade ma perché sta accadendo a quei personaggi. Nel secondo caso è la storia, il plot, ad avere maggior importanza. I personaggi restano vitali, certo, ma probabilmente sono intercambiabili, la storia si potrebbe narrare lo stesso anche se al posto di tizio ci fosse caio. Questo non vuol dire che i personaggi debbano essere piatti e bidimensionali ma che questi sono al servizio della storia. Colui che fruisce la storia vuol vedere fin dove arriveranno i personaggi, cosa succederà, cosa ci sarà oltre quell’angolo, mentre è meno importante chi fa certe cose. In un one shot è più facile utilizzare un concept al servizio della storia, piuttosto che dei personaggi, perché è molto più semplice. Occorre creare personaggi davvero validi ed interessanti per far affezionare loro i giocatori, i quali, a loro volta, devono essere dannatamente bravi per portare avanti una storia basata sui personaggi. Un’altra caratteristica del primo atto è che può cominciare in media res, ovvero ad azione già iniziata. Immaginate il Signore degli Anelli, immaginate che cominci con Frodo e gli altri hobbit già in fuga dai Cavalieri Neri. Subito una scena emozionante di inseguimento, quindi, al primo momento di calma, ci viene raccontato cosa è successo prima, perché stanno scappando e da chi. Questa tecnica si chiama flashback ed è comunemente usata in film e romanzi. Serve a lanciare immediatamente la storia nell’azione, senza tante chiacchiere e preamboli; soltanto in seguito viene narrato cosa è successo prima. Se usata bene, è una tecnica prodigiosa per catturare l’attenzione del giocatore, che entra subito in partita, rimandando a dopo gli altri dettagli. Nel secondo atto di sviluppano e si approfondiscono i conflitti nati nel primo atto, la storia viene portata avanti, ci sono i primi combattimenti, i primi momenti drammatici, le prime scelte difficili da fare. Un buon sviluppo della storia è fondamentale perché, anche se avete catturato l’attenzione dei giocatori nel primo atto, se dopo lasciate cadere la tensione, l’avventura va verso il baratro della noia e del disinteresse. Non ci sono particolare tecniche da richiamare in questa seconda parte, ma questo è il momento in cui i personaggi conoscono i potenziali alleati e gli antagonisti, mentre nuove situazioni si intrecciano con la trama principale, generando storie secondarie che servono ad evidenziare un momento particolare oppure un personaggio o una scelta morale. Non è obbligatorio inserire storie secondarie, anche perché se lo fate, poi dovrete risolvere anche queste, però la loro presenza renderà l’avventura più ricca ed appassionante. Quello che non può davvero mancare, invece, è la crescita della tensione fino al momento culminante che precede il finale: i personaggi entrano nella torre del negromante e si preparano allo scontro decisivo. In genere, questo momento dovrebbe portare ad un colpo di scena. Questo imprevisto non deve necessariamente peggiorare la situazione, ma è probabile che sia così: si scopre che un personaggio non giocante è un traditore oppure i personaggi vengono catturati, l’importante è che i giocatori pensino prima “Wow!” e dopo “Merda, ora che si fa?”. Il terzo atto serve a chiudere la storia, a rispondere alle domande lasciate in sospeso. Se deve esserci uno scontro finale, avverrà sicuramente adesso. Il terzo atto mette la parola fine non solo alla trama principale ma anche a quelle secondarie che potreste aver introdotto nel secondo atto. Esistono tre tipi di finale: il lieto fine (tipico della commedia e dei film hollywoodiani), il finale drammatico (tipico del dramma classico e spesso dei film horror), il finale aperto, che lascia ai giocatori l’interpretazione su come si è conclusa la storia. Tipicamente un one shot fantasy/avventuroso avrà un lieto fine, perlomeno per i personaggi rimasti in vita. Un one shot horror può avere tanto un lieto fine (i personaggi sconfiggono il mostro, anche a costo di gravi sacrifici) che un finale drammatico (morte o pazzia degli eroi). Il finale aperto è per i master più abili e smaliziati.


un buon dungeon non guasta mai!


Alla fine di questa lunga disamina, dovreste avere le idee più chiare su come scrivere il vostro one shot. Ma cosa fare se avete zero idee? Ok, avete capito la faccenda dei tre atti, avete in mente dei personaggi abbastanza interessanti ma cosa potete fargli fare? Quale può essere il colpo di scena alla fine del secondo atto? In futuro scriverò un articolo più dettagliato sulle fonti di ispirazione per le storie ma per il momento ci serve una soluzione sporca e rapida! Se ci fate caso, se pensate a tutte le storie che vi sono piaciute nel tempo, siano esse tratte da film, romanzi o serie televisive, è impossibile che non abbiate notato come molte situazioni si ripetono costantemente. Non è questione di scarsa originalità (anche se alle volte …), è semplicemente che, come le note musicali sono solo 7 e la loro diversa combinazione crea infinite musiche, così anche i capisaldi della fiction sono grossomodo sempre gli stessi, è il modo di combinarli insieme a fare la differenza. Badate bene, non è necessario neppure che diate una parvenza di originalità alla vostra storia (al di là di tutte le considerazioni, state scrivendo un one shot per un gioco di ruolo, non un romanzo per il premio Strega o la sceneggiatura di un film da Oscar), basta soltanto che sia “interessante”. Cosa questo significhi dipende sostanzialmente da voi, dai vostri giocatori e dal vostro stile di gioco. Un personaggio che fa battute cazzute, un mondo fantasy vibrante e pieno di vita, un’atmosfera decadente o di terrore, un’armata di zombie repellenti e personaggi armati fino ai denti: cosa fa “figo” per il vostro gruppo lo sapete soltanto voi. L’originalità non è importante, se c’è sarà sicuramente gradita, se non c’è … beh, vi sfido a trovare qualcosa di veramente originale dopo l’Iliade e l’Odissea! Battute a parte, è il momento di combinare i topos e i cliché dei vari generi al fine di avere quelle due o tre idee intorno a cui costruire la storia. Affinché non si dica che scagli il sasso e poi ritiri il braccio, vi fornirò qui alcune idee, 6 per ogni atto (anzi, 1d6 idee per ogni atto), adatte ad un one shot di tipo fantasy, che è il genere più giocato.



Primo Atto: decidete il concept di base dell’avventura scegliendo dalla seguente lista o lanciando il dado!

1) Uccidere un malvagio. Lo scopo della storia è eliminare fisicamente qualcuno. L’obiettivo può essere chiunque: dal malvagio imperatore del terrore ad un semplice signorotto che dal suo castello domina con pugno di ferro una piccola zona fino ad un semplice scagnozzo di serie B.

2) Quest/Ricerca. Con questo termine molto generale si intende una missione tesa alla scoperta e/o al recupero di qualcosa. Potrebbe essere un potente artefatto, delle conoscenze perdute, il classico tesoro, un tempio dimenticato nella giungla, una persona scomparsa da molti anni, insomma può essere letteralmente qualunque cosa. Se nessuno degli altri casi descrive bene ciò che avete in mente, probabilmente è una quest.

3) Difendere qualcosa o qualcuno. I personaggi devono difendere un luogo, come un villaggio o una persona fisica dalla minaccia di qualcos’altro. Forse i sicari del signore del male vogliono uccidere colui che le profezie indicano come il salvatore del regno, o magari un’armata di orchi minaccia il tranquillo villaggio di Borgo Scuro.

4) Liberare qualcuno (anche se stessi). Lo scopo dell’avventura risiede nel liberare fisicamente un prigioniero. Questi può essere rinchiuso in una normale prigione o qualcosa di molto più esotico, come un castello volante o addirittura un piano dimensionale alternativo. Talvolta sono gli stessi personaggi a doversi liberare: la fuga del prigioniero è un classico della fiction avventurosa. Normalmente essere presi prigionieri non è una cosa che piace molto ai giocatori ma nell’ambito di un one shot è più accettabile.

5) Risolvere un mistero o un enigma. Questa tipologia di storia potrebbe incrociarsi con la quest, ciò che la differenzia è il motivo per cui una certa cosa o persona è nascosta. Un tempio sperduto nella giungla è sconosciuto al mondo per il semplice fatto che si trova in un posto lontano, quasi irraggiungibile. Un oggetto volutamente occultato, un omicidio, un tempio segreto sono tali perché qualcuno vuole che certe cose restino segrete. Investigare sull’accaduto e ricostruire ciò che è successo è il cuore della missione.

6) Esplorazione. A volte non c’è uno scopo particolare nell’avventura, i personaggi vogliono raggiungere una certa destinazione esotica o lontana per il semplice gusto del viaggio; altre volte potrebbero essere ingaggiati per mappare una zona sconosciuta. L’avventura prende le mossa da una esplorazione dell’ignoto, finché i personaggi non scoprono qualche tipo di pericolo. A quel punto l’avventura assume un’altra delle tipologie appena viste: forse i personaggi devono fuggire perché rischiano la vita, forse uno di loro contrae un morbo mortale e devono trovare una cura, forse si imbattono in qualcosa che era meglio non vedessero e ora non possono più far finta di nulla, devono assicurare il colpevole alla giustizia.



Secondo Atto: l’avventura prosegue fino a che non avviene qualcosa di inaspettato, un colpo di scena che cambia le carte in tavola! Scegliete dalla lista o tirate il dado:

1) Qualcosa non è come sembra. I personaggi scoprono qualcosa di così incredibile che rimette tutto in discussione: il malvagio che devono uccidere forse non è così cattivo come credevano, magari è persino innocente, oppure uno dei personaggi si scopre essere il figlio dell’antagonista! Qualunque rivelazione imprevista che sovverte ciò che i personaggi credono sia la verità può rientrare in questo tipo di colpo di scena.

2) Il nemico è immortale/non può essere ucciso. Nessuno pensava che uccidere il cattivo sarebbe stato facile ma addirittura che fosse immortale non era previsto! Il villain della storia non può essere ucciso con i normali mezzi e la cosa, ovviamente, non era nota ai personaggi. Forse ha rinchiuso la sua anima in un oggetto, forse è immune a tutte le armi tranne che ad una particolare spada incantata. Quale che sia la ragione, i personaggi dovranno trovare l’oggetto a cui è vulnerabile prima di poterlo sconfiggere. Di solito questa rivelazione avviene nel corso di un primo confronto con il cattivo, che ovviamente finisce molto male per i personaggi.

3) Traditore nel gruppo. Di solito il traditore è un personaggio non giocante, qualcuno di cui i personaggi si fidavano. Forse è il loro mentore, forse il loro datore di lavoro, magari addirittura la principessa che dovevano proteggere, che ora si scopre essere in combutta con il cattivo. Ma potrebbe esserci qualcosa di peggio, e cioè che il traditore sia uno degli stessi personaggi. Questo tipo di colpo di scena deve essere concordato (segretamente) in anticipo col giocatore. E’ un tipo di imprevisto molto forte, usatelo solamente se avete giocatori propensi a questo tipo di gioco.

4) Presi prigionieri. Come dicevamo prima, la cattura e la fuga del prigioniero è un classico della fiction avventurosa. Può essere lo spunto iniziale del’avventura ma potrebbe avvenire anche dopo. Magari i personaggi vengono presi prigionieri dal cattivo, che vuole obbligarli ad essere testimoni del suo momento di trionfo: dovranno scappare ed impedire al malvagio di portare a termine il suo piano diabolico.

5) Scelta morale difficile/imprevista. Non sempre, ma le avventure possono mettere in difficoltà i personaggi sul piano morale. Se per battere il loro nemico i personaggi devono comportarsi come lui, lo faranno? E quali saranno le conseguenze? Forse i personaggi dovranno scegliere il male minore, forse le loro azioni faranno soffrire qualche innocente, in ogni caso non sarà una scelta facile.

6) Il tempo è scaduto! Nel classico piano di un cattivo, il tempo ha spesso una componente fondamentale. Magari il rituale negromantico deve essere compiuto soltanto quando c’è la luna piena; oppure i personaggi hanno tempo di evacuare il villaggio finché non saranno passati tre giorni, dopodiché le armate imperiali spazzeranno via tutto. In questo tipo di imprevisto, i personaggi non riescono a svolgere in tempo la loro missione. Come si comporteranno a questo punto? C’è ancora qualcosa da salvare? Ha senso continuare a battersi oppure è davvero la fine?



Terzo Atto: che tipo di finale attende i vostri personaggi? Decidete o lanciate il dado. Ovviamente qui intendiamo il tipo di finale probabile o desiderato, non l’evento in sé.

1-3) Lieto Fine. E’ il tipo di finale che maggiormente ci si aspetta debba accadere. I personaggi sconfiggono il drago malvagio, salvano il villaggio, liberano il prigioniero, arrivano sani e salvi dall’altra parte del Mare del Terrore. Forse qualche personaggio non ce l’ha fatta, può capitare, ma il gruppo nel complesso ha portato a termine la sua missione. E’ possibile aggiungere un tono agrodolce ad un finale lieto, se i personaggi hanno dovuto sacrificare qualcosa di importante per raggiungere l’obiettivo. Forse i personaggi avevano più di una missione, e hanno dovuto scegliere quale portare a termine a scapito delle altre, forse un importante personaggio non giocante non ce l’ha fatta ed è morto prima della fine. La missione, in ogni caso, deve finire con un successo del gruppo, altrimenti non è un lieto fine.

4-5) Finale Drammatico. E’ un tipo di finale maggiormente adatto a storie dell’orrore o a storie drammatiche. Non necessariamente implica il fallimento della missione. Lo scopo dell’avventura può comunque raggiungersi, ma ad un prezzo altissimo: i personaggi riescono ad impedire al Grande Cthulhu di tornare in vita ma devono sacrificare le loro vite nel rituale blasfemo che serve a rimandarlo da dove è venuto. Oppure potrebbe essere un tipo di finale dove solo uno o due personaggi sopravvivono, magari i personaggi erano in competizione fra di loro per chi potesse salvarsi e chi no. Se desiderate un finale drammatico o lo ritenete altamente probabile (es. state giocando un horror), lanciate degli indizi ai giocatori, non fateli arrivare alla fine con l’illusione che stia andando tutto bene. Immaginate una classica avventura, c’è un cattivo da sconfiggere, le cose vanno più o meno come devono andare poi all’improvviso tutto peggiora, diventa un horror e muoiono tutti! Se non avete venduto la storia come un horror sin dall’inizio (o per gran parte dell’avventura), ci potrebbe essere del risentimento da parte dei giocatori. Non tentate un colpo di scena di questo livello a meno che non sappiate già che la cosa potrebbe piacere ai vostri giocatori. Questo caso è del tutto diverso da un’avventura in cui i personaggi fanno scelte discutibili, sono sfortunati e/o sbagliano tutto e alla fine muoiono. Se ciò accade pazienza, può succedere, a volte le cose vanno semplicemente storte, le aspettative dei giocatori non centrano nulla.

6) Finale Aperto. Questo tipo di finale deve lasciare una sfumatura ambigua sugli avvenimenti, sfumatura che può essere interpretata in più modi. Un giocatore potrebbe vederci qualcosa di positivo, un altro potrebbe considerarla fallimentare. E’ difficile dare esempi di questa tipologia. Pensate a film o libri in cui si ha l’impressione che tutto ciò che è stato detto o fatto poi risulti un sogno, salvo il piccolo indizio alla fine che lascia aperta la possibilità che sia stato tutto reale (o il contrario). Una tecnica del genere è da evitare nelle avventure normali di una campagna, è molto frustrante concludere una storia che va avanti da parecchio tempo e poi scoprire dal master che era tutto un’illusione! Meglio lasciare cose simili ai one shot. 

NOTA FINALE: inizialmente non volevo scrivere un articolo ma solo farmi alcuni appunti, spunti per future avventure one shot. Ma come spesso accade, quello che comincia in una maniera, finisce poi in un’altra. E’ un pezzo scritto quasi di getto, ovviamente rivisto per evitare il più possibile che ci siano errori, ma meno ponderato degli altri pezzi del blog. Mi pareva però un peccato non pubblicarlo e così eccolo qua. Spero sarà utile a qualcuno, buone vacanze a tutti!